Lo vedete quel bimbo che cammina col carrellino? Che corre in bicicletta? Che nuota col suo istruttore? Quel bimbo lì un anno e mezzo fa al massimo gattonava e stava in piedi con dei tutori lunghissimi, che gli imprigionavano le gammbe fino all’anca. Quel bimbo lì è nato con un problema per il quale i migliori dottori non scommettavano sul fatto che sarebbe stato seduto. Quel bimbo lì fa anche 2 o 3 passetti senza carrellino, da solo prima di cadere. Quel Bimbo lì è mio figlio. E va alla fondazione SANTA LUCIA da Gennaio dell’anno scorso. Io non so spiegarvi l’impegno che ci vuole da parte dei medici, della fisioterapista, del bambino e della famiglia, perchè si dovrebbe vivere. Posso però dirvi che in questo preciso momento, tutti i genitori e il personale del Santa Lucia stanno bloccando fisicamente una strada davanti alla Regione perchè non vengono ascoltati e ricevuti. Perchè gli si fa la carità di tenerli buoni mentre si risolvono le soluzioni di altri ospedali, come il San Raffaele (ovvio che è importante anche quello..ma al Santa Lucia dura da anni). Io non so fare che questo..fare pubblicità in rete affinchè qualcuno rispinda. La Presidente Polverini non ha ritenuto opportuno rispondere alla mia precedente lettera, forse non era sufficiente. Credo però che abbia il dovere di ripsondere a mio figlio e di rispondere a chi spende la vita e il lavoro insieme a lui. Stanno togliendo la fiducia nelle Istituzioni a tanta gente e la speranza a tanti malati. Vi prego, se avete idee, mezzi, suggerimenti, di far giungere questo messaggio da parte di mio figlio a chi di dovere. Sono mortificata nell’usare un blog di cucina per fare questo appello, Non dovrebbe essere così, si dovrebbe parlare di cibo, non di sanità e politica…ma ci costringono a farlo e dopo i refrendum, io nella forza della gente ci credo. Scusate se questo post è scritto male e velocemente. Ma ho saputo ora dei problemi ai manifestanti. Vi lascio il mio piccolo che canta fratelli d’Italia. Sentitelo mentre guardate le foto, solo perchè la sua Italia ci può essere e magari, un giorno lontano, potrà visitarla camminando.
Usufruire del servizio postale, in una città come Roma, non è cosa da poco. File interminabili, litigate nonstanti i numeri d’ordine, malumori contro la lentezza del personale e delle persone davanti (d’altronde si sa che quello lento è sempre davanti a noi, è una delle leggi di Murphy più comuni!). Spesso accade che, per tentare di ovviare a tutto questo, vada alla posta del paesino vicino: abitando in estrema periferia, mi posso almeno permettere il lusso di scegliere fra fila in città e fila in paese! In generale, la posta al paese vicino ha un ordine di grandezza di caos nettamente inferiore a quella del mio quartiere e quindi, per spedizioni, raccomandate, bollettini e via dicendo sta diventando la filiale preferita. Siccome però c’è sempre l’eccezione che conferma la regola, quel giorno c’era una bella fila anche lì: dovevo spedire un pacco e avevo a carico La Pasionaria! Una combinazione tremenda, come avrei avuto modo di verificare in seguito! Il tempo passava e sinceramente non sapevo più cosa fare per trattenerla: fortunatamente, ha pensato lei a creare diversivi!
Ha infatti cominciato a parlare di un argomento che ultimamente sta molto a cuore sia a lei che al fratello più grande:
“Mamma, io ho il pisel…” “No!” ho risposto prontamente “sai bene che quella è la parte di Albertino!”
Sono molto fiera di affrontare, con i miei figli, l’educazione sessuale senza eccessivi tabù: cerco di applicare le moderne teorie, per evitare complessi e qualsivolglia turbe o imbarazzi su un fattore naturale e normale, etc. etc.. Da Freud in poi dovremmo pur aver imparato qualcosa (ed è per questo che durante la mia seconda gravidanza Albertino andava in giro a raccontare di “Oguli” e “spermazoi” vari…mai una cicogna e un cavolo hanno varcato le soglie di casa mia..o meglio, il cavolo solo per essere mangiato :) ) Il” piccolo” problema è che come al solito, ai figli tu gli dai un dito e loro si prendono il braccio e pure la gamba! Infatti a questo punto, La pasionaria ha cominciato a spiegare ad alta voce, di quale parti anatomiche fossere dotate lei e il fratello, con precisione quasi scientifica e nessun imbarazzo (tranne quello mio, crescente..). Al che, il pubblico era ormai conquistato. Una signora con aria indulgente ha esordito dicendo “Beata gioventù, sarebbe bello essere così ingenui” e un signore si è addirittura lanciato in una battuta “Eh beh, l’importante è avere le basi fondamentali”, stimolando la comune ilarità, tranne che la mia. Meno male che nel frattempo era giunto il mio turno: dovevo solo spedire il pacco e contavo sulla rapidità. Contavo male, dato che, avendo scaricato dal sito ufficiale delle poste il modulo di invio per posta celere, la gentile impiegata era ovviamente andata in tilt: non sapeva che fare e ha cominciato a rimproverarmi di non aver usato il vecchio modulo a penna. A quel punto era una questione di principio! Non intendevo spedire quel pacco se non col mio modulo e quindi la dipendente ha cominciato a telefonare a tutte le filiali in un intorno di 5 km per farsi spiegare al telefono come fare. Nel frattempo, La Pasionaria continuva a spiegare con dovizia di particolari le differenze anatomiche fra maschi e femmine, tanto che ormai i vari signori mi guardavano con sospetto!. A tutto questo si è aggiunta la sua improvvisa voglia di cantare l’Inno d’Italia (si sa che a casa mia i 150 anni dell’Unità hanno avuto grande rilievo): prima fa una piroetta e poi attacca:
“Frateelli, L’Italia, L’italia s’è dettta, dell’ellmo di cipio s’è INCINTAAA la tettta!”
Ora, io lo so che questo è il suo modo di cantare l’inno e che quelli sono errori non voluti. Certo è che sentire che si è INCINTA la Tetta dopo il discorso di prima, sembrava quantomeno sospetto, ancor più che la manigolda bimba, si è messa a ripetere in continuazione solo questa frase, pur sapendo a memoria tutta la canzone. Io ovviamente stavo litigando con la dipendente ma quando mi sono accorta degli sguardi, ormai di disapprovazione, delle altre persone, ho tagliato corto, ho spedito il pacco e mi sono beccata anche un ” e la prossima volta usi mezzi tradizionali…..”
Personalmente non credo molto nell’ingeniutà dei bimbi piccoli, men che meno in quella dei miei. Appena saliti in macchina, la portarice sana di “ingenuità” scoppia in una risatina e mi fa “hai fatto una figuraccia…”. E lo sapevo che dovevo parlare di cicogne e cavoli…ormai il danno era fatto, quindi mi sono semplicemente diretta, insieme al bagaglio di teoria moderne sul come non creare tabù ai bambini, verso il miglior Norcino della zona: come dire, almeno affoghiamo tutto nel cibo!
Quel norcino lì, una sorta di paese delle meraviglie per appassionati di salumi, maiali & co. vende anche una cosa buonissima: la crema di lardo e guanciale! La vende anche a differenti gusti: basilico, rosmarino, tartufo, olive e chi più ne ha più ne metta. Questa crema, ottima sulle bruschette e sulla pizza bianca, ho deciso di provarla su una semplicissima pasta che facciamo solitamente quando abbiamo fretta. L’ha resa cremosa e saporita! Non dietetica ma adattissima al bel pic nic sul balcone che abbiamo improvvisato al volo, rigorosamente tutto colorato e in plastica! (Questa azienda fa cose molto carine e mi sbizzarrirò un pò con i loro prodotti)
RICETTA: TAGLIATELLE ALL’ABRUZZESE CON CREMA DI LARDO E GUANCIALE AL BASILICO
Ingredienti:
Procedimento
In una padella con i bordi alti, mettere un pò di olio evo e lascia soffriggere la cipolla rossa tagliata sottile. Aggiungere la pancetta e far rosalare per bene (ma senza seccarla). Nel frattempo, cuocere la pasta nell’acqua bollente, scolarla e versarla nella teglia. Aggiungere una bella manciata di pecorino e un cucchiaio di crema di guanciale (se non l’avete potete fare anche senza..è solo un cremoso tocco in più). Aggiungere il basilico fresco (e a chi piace anche la salvia) e rigirare sul fuoco per un minuto o due, fino a far amalgamare tutti gli ingredienti. Servire ben caldo.
P.S.: perchè all’Abruzzese? non lo so, l’abbiamo sempre chiamata così!!!!
Non ero mai stata in un pastificio. Ero molto curiosa, avevo passato un pò di tempo a pensare a cosa avrei trovato e mi immaginavo fila di pasta che scendevano in qualche rullo, rumori forte, spaghetti volanti e tanti tanti pacchi di pasta. Tutto questo c’era. Ma se qualcuno mi chidesse di dire la cosa più importante che mi ricordo del pastificio Garofalo, direi: l’odore della farina. Era buono..il profumo si spandeva ovunque e mi sembrava di essere in un panificio piccolo, ad assoporare il profumo delle diverse farine. Io la Garofalo la mangio da quando sono piccola e non dovevamo certo convicermi di chissà quale qualità che non conoscessi. Se mi avessero descritto le mille e una caratteristiche dei 66 tipi di trafilatura non mi avrebbero lasciato un ricordo superiore. Ho sentito l’odore della farina migliore che possa ricordare, in una fabbrica enorme, con tanti macchinari, rumore, pacchi di pasta. Sì, l’odore artigianale della pasta. Ora è una certezza.
La gente del Fud porta grandi collane e stoffe vivaci..
La gente del Fud mangia panettone a giugno…
La gente del Fud mangia..e mangia tanto, con gioia..
La gente del Fud degusta la pasta..senza sale e dopo 10 minuti (e verifica che sia ancora bella nel piatto)…
La gente del Fud sta insieme e si diverte..
La gente del Fud è senza cravatta ma con una maglietta (anzi due)…
La gente del Fud viene accolta da ragazzi disponibili e, soprattutto, viene accolta da “Messi”…
La gente del Fud si gode le bellezza della terra e della vita…
La gente del Fud ha un suo progetto e sono felice di farne parte…
Ci sono delle ricette che leggi e ti colpiscono subito! Può essere per l’aspetto, per il sapore che immagini, per i colori che ha il piatto. Quando ho visto questa pasta praticamente ho deciso all’istante che l’avrei fatta (scavalcando tutti i piatti della mia to-do-list). Mi piaceva l’idea di un grande classico, come l’aglio e olio, rivisitato da una chef molto bravo (Raffaele Vitale) e reso accattivamente da quegli straccetti di mozzarella di bufala: non posso farci nulla, per la mozzarella di bufala si possono fare follie! Ricordo un mio collega napoletano a cui raccontai che una persona che conoscevo congelava abitualmente la mozzarella di bufala (confesso che con il fior di latte mi capita…ma con la bufala nooo): lui, da buon napoletano, si fece il segno della croce e mi rispose “Gesù mio, la mozzarella di bufala nel congelatore?? Neanche nel frigo va!” E giù un altro segno della croce come a chiedere perdono del “peccato culinario” commesso da qualcunaltro!
C’è stata una bella manifestazione a Paestum, Le strade della Mozzarella. Purtroppo me la sono persa, ma mi sono ripromessa di andarci il prossimo anno. Incontri così dovrebbero esserci più spesso…dato che poi vengono fuori, per esempio, primi come questo e anche molto di più. Qui si uniscono pochi ingredienti ma buoni, che danno vita ad un primo inaspettato, a maggior ragione perchè pensi di sapere tutto sulla pasta aglio e olio…evidentemente tutto non so! Inoltre mi è piaciuta molto la modalità di cottura della pasta: finire di cuocerla quasi “risottata” in padella, con il condimento del sugo e con l’acqua di cottura (io ho usata l’acqua scolata dai broccoletti). Secondo me dà un aroma molto buono.
Vi lascio la ricetta:
RICETTA: SPAGHETTI AGLIO E OLIO IN ACQUA DI BROCCOLI E STRACCETI DI MOZZARELLA
Ingredienti (per 4 persone..da noi per due!!!!)
Procedimento per acqua di broccoli:
Lessare i gambi e le foglie di broccoli, scolarli e pressarli in un setaccio fino ad eliminare tutta l’acqua di cottura., passarli quindi in un mixer unendo un filo d’olio extravergine d’oliva e un pizzico di sale, fino ad ottenere una salsa fluida e brillante. In un padellino soffriggere aglio, olio e peperoncino ed aggiungerlo alla salsa precedentemente ottenuta.
Per il sugo
Mettere sul fuoco una padella a bordo alto, con olio, aglio a fettine, peperoncino e gambi di prezzemolo, fino a far imbiondire l’aglio. Lessare la pasta in abbondante acqua salata, a cottura molto al dente, mantecarla nella padella con il sugo aggiungendo acqua di cottura (ho usato metà anche l’acqua scolata dai broccoletti) e continuare a cuocere mescolando continuamente con una pinza da cucina, fino ad ottenere l’emulsione dell’olio con l’amido della pasta .
Comporre il piatto:
Sistemare a specchio l’acqua di broccoli in un piatto fondo e con la pinza arrotolare a nido gli spaghetti, aggiungendo il sugo ottenuto e l’aglio croccante. Decorare con una foglia di prezzemolo e gli straccetti di mozzarella.
Uscita dall’ufficio, stavo facendo il mio solito viaggio in metro, “pregustando” il ritorno a casa e pensando inevitabilmente, a cosa preparare a Mimì & Cocò. Gli “spaghetti di Kung fu panda” (ovvero minestrina con bordo vegetale e spaghetti spezzettati)? “la pasta di Hulk” (ovvero pasta al pesto)? Le onnipresenti polpette di nonna ( quella bustina piena di polpette fritte che ormai fa parte del corredo che riportiamo a casa dopo una visita a mia madre)? Immersa in questi nobili pensieri, sentivo solo in lontananza la presenza degli altri viaggiatori: vicino a me c’era una mamma col suo bimbo di 5-6 anni (capelli a spazzola e occhiali fondi), un signore leggeva un giornale, un ragazzo studiava degli appunti, etc etc. A un certo punto, il mio sguardo è stato attirato, direi bloccato, da questa immagine: una ragazza sui 18 anni, senza un filo di trucco ma col viso giovane e dall’aspetto genuino, skateboard alla mano, maglietta corta e pantaloni al ginocchio da skateborder…insomma, aveva l’aria della classica ragazza sportiva, carina..magari poco femminile ma un bel fisico davvero. Questo fino al ginocchio. Dal ginocchio in giù sembrava di essere in un’altra dimensione: c’erano delle gambe. Eh, direte voi, sai che novità. Peccato che le gambe in questione fossero ricoperte da una lunga coltre di peli, che neanche un 16 enne in pieno scompenso ormonale. Quelle gambe lì, di sicuro non avevano mai visto non dico un’estetista, ma neanche la porta di un centro estetico. Sembrava uno strano essere mitologico, per 2/3 ragazza sportiva acqua e sapone, per 1/3 ragazzo in pieno sviluppo, con gli ormoni che si prendevano a cazzotti, per quanti erano. Con un filino di perplessità, ho pensato che in fondo, per il principio di autodeterminazione del bulbo pilifero, ogni donna ha il diritto di scegliere se provare o meno l’ebrezza di una ceretta, il profumo delicato delle varie creme depilatorie e perchè no, il dizionario del nome di tutti i santi che si richiamano alla mente quando solo si avvicano quegli aggeggi infernali tipo Silke pil (o come diamine si chiama)…certo era che, nelle sue condizioni, probabilmente avrei evitato pantaloni corti ma in fondo poteva essere una mia sovrastruttura mentale, imposta dalla società consumistaica modaiola, etc etc… A interrompere queste considerazioni, sento la voce del bimbetto coi capelli e spazzola e gli occhiali che dice ad alta voce, rivolgendosi alla ragazza:
” Ma perchè tu hai i capelli sulle gambe??”
Per una volta tanto, una frase simile non veniva pronunciata da uno dei miei figli e ho provato simpatia e profonda comprensione per la mamma vicina che, lo so, ha avuto un piccolo colpo al cuore. La gente attorno ha cominciato a guardare verso l’altro e a leggere con interesse tutte le fermate della metro, gli adesivi con le spiegazioni anticendio, i giornali gratuiti, guardando di sottecchi la ragazza prima e la mamma poi, la quale, annaspando un pò ha fatto solo in tempo a sibilare un “Filippo!!!!” per poi guardare verso la destinataria di tale richiesta pensando a una profondissima frase di scusa. La cosa più bizzarra però, è stata la fulminea risposta dell’essere mitologico (in lingua tedesca/svizzera/austriaca..non saprei dire con precisione).
“eheh, pampino, noi nel mio paese, mangiare tanto pollo e quello fa crescere peli sani e forti”
Se la risposta del bambino ci aveva fatto fermare un attimo il cuore, qui tutti abbiamo sgranato gli occhi e ci siamo voltati verso la fonte di tale rivelazione. Mentre cercavo di ripercorrere la correlazione fra visita all’estetista e mangiata stratosferica di pollo al forno, la mamma, ormai mia complice, fa sottovoce ” e meno male che i polli italiani non fanno quest’effetto”. Effettivamente, questa non l’avevo mai sentita. Non so a che tipo di pollame fosse abituta la crucca-girl..ma istintivamente ho pensato che sarebbe troppo semplice, per evitare l’annoso problema dei peli in eccesso, quello di smettere di mangiare pollo. Non può essere, in base a uno dei prinicipi di Murphy, per cui se una cosa ha una soluzione semplice, certo non capita a te! Detto questo, le varie persone hanno ripreso le loro attività, scuotendo un pò la testa, la mamma ha preso Filippo per una mano sussurrandogli un minaccioso “poi facciamo i conti” e io ho trovato di colpo la soluzione alla mia cena quotidiana, decidendo di sfidare la sorte:
Polpette di pollo al limone. Se mai dovessi avere strani effetti collaterali, sarà mia cura informarvi.
RICETTA: POLPETTE DI POLLO AL LIMONE SU COULIS DI BASILICO
Ingredienti
Procedimento
Mettere a bagno il pane col latte e aspettare che si ammorbidisca. Mescolare la carne macinata, l’uovo, la buccia grattugiata del limone, il sale, il vino bianco (io l’ho fatto con la planetaria e la foglia). Fare delle polpette e passarle nella farina (avere le mani un pò bagnate può essere utile per formare le polpette: usare un pò di vino bianco o di latte avanzato prima). Mettere sul fuoco una pentola con olio d’oliva., Quando è ben caldo, sistemare le polpette e sigillarle un pò in cottura. Aggiungere il succo di limone spremuto. Far evaporare bene, aggiungere l’acqua fino a coprire le polpette e lasciar andare a fiamma bassa fino a cottura (dopo 15 minuti ho chiuso).
Le polpette possono essere anche servite come finger food, magari appoggiate su un cucchiaio di basilico tritato con olio e un pizzico di sale. Estivo e comodo!!!
P.S.: COMUNICAZIONE DI SERVIZIO
Il termine del contest Metti uno stilista a cena, causa forza maggiore (cioè mia assenza!) viene prolungato fino al 15 Luglio
Pochi giorni ho finalmente potuto godere del regalo che mi sorella mi ha fatto per il compleanno (sì lo so che il mio compleanno è stato a Marzo..ma prima non ho potuto): una giornata rilassante in una SPA, potendo scegliere fra diverse strutture. Io ho scelto il castello che vedete nella foto…medievale, affascinante, magico e lontano dal caos! Dov’ero? Al castello di Nerola (Rm). Che meraviglia potersi immergere in altre epoche, situazione, tempi e luoghi! In effetti, mentre ero in piscina e giravo fra i giardini pensili mi dava fastidio tutto ciò che potesse riportarmi all’epoca contemporanea (rombo di una moto in lontananza, squilli di cellulari, etc..). Tutta Italia è ricca di posti così.
Vicino Roma ci sono castelli davvero unici e io ne sono sempre attrata! Sarà che la loro bellezza, imponenza e valore artistico mi fanno sentire per un pò una principessa: facile immaginarsi vestita con tuniche colorate mentre si vaga per quelle sale e per quei giardini. In posti così, adoro rinnovare un rito per me carissimo: quello del the. Prendere il the mi è sempre piaciuto, per il profumo, per il colore, per la sensazione che si ha bevendo quel liquido ambrato..e poi io ci abbino sempre dei dolci buoni. E’ un pò ritrovarsi e coccolarsi, dedicarsi dei minuti di pace. Spesso mi piace invitare amici e parenti per il the, perchè è anche un rito che mi piace condividere! Quando ero in quel castello, ho preso un the e l’ho sorseggiato sotto un albero che si trovava in un giardino segreto, a guardare il panorama e i fiori. Sarebbe stato tutto perfetto se avessi potuto avere il mio dolce da the preferito: la 5 frolle. Ma quello è difficile da trovare..anche in un castello! Allora l’ho rifatto, in versione estiva e l’ho preparato immaginando come sarebbe stato poterlo mangiare nel castello di Nerola! Non si può certo avere tutto..ma sognare è lecito, no???
Ho preparato una versione estiva delle 5 frolle, con lemon curd, marmellata di fragole e fragole fresche. Stavolta ho evitato lo streusel e ho lasciato curd e fragole in bella vista. Vi posso garantire che si viene trasportati in un castello nel giro del primo assaggio :). L’inventore della 5 frolle, Gianluca Fusto…ha tutta la mia ammirazione e riconoscenza!!!!
RICETTA: LE 5 FROLLE CON LEMON CURD, MARMELLATA DI FRAGOLE E FRAGOLE FRESCHE
Ingredienti
Per la frolla:
Per il ripieno
Procedimento
giorno 1 : preparazione frolla
giorno 2: formatura,congelamento e cottura dei dischi di frolla
giorno 3 : montaggio e consumo crostata
Per la preparazione della frolla:
Portate il burro a 25°, impastate quindi in planetaria il burro, lo zucchero a velo e il tuorlo precedentemente setacciato.
Setacciate insieme la farina, la fecola e la cannella. Aggiungere i restanti ingredienti al burro e lavorare sino a ottenere un impasto omogeneo.
Ho riposto la frolla in frigo per 1 giorno, diviso in 4 parti la palla. Ho disteso un pezzo di frolla su un foglio di carta da forno e aiutandomi con un’altro foglio messo sopra, ho disteso con il matterello, poi coppato con forma circolare di diametro 16 cm (secondo me si puo’ tirare fino a 20 e così ho fatto). Ho messo da parte gli esuberi che ho riutilizzato per creare il quinto disco. Ho sovrapposto i 5 dischi intervallati da carta forno e posto in freezer fino a completo indurimento.
Ho cotto a 150° forno preriscaldato e a fessura, due dischi per volta per 20 minuti ca.
Ho disteso i dischi di frolla sul tavolo e ho cominciato a formare gli starti alternando la marmellata di fragole col curd di limone
Ho completato l’ultimo strato con lemon curd e fragole fresche.
Questa ricetta mi sembra adattissima per Tuki e il suo bellissimo contest e quindi gliela invio con piacere!
Giuro: non bevo! L’ho già detto…ma ho detto pure che ho scoperto un’insana passione per il Pedro Ximenez. Che devo fare???? Quel vino mi piace molto e l’altra notte mi sono messa a pensare ad un modo per poterlo bere..senza far soffrire le pene dell’inferno al mio povero stomaco. E col caldo che fa, non è che ci sia voluto molto: semifredddo!!!! Sì, un bel semifreddo al Pedro Ximenez! Poi però mi mancava una cosuccia dentro: ora, vi pare che uno si prende una bella semisfera di semifreddo senza trovarci dentro una sorpresina? Che so….un dischetto di cremoso ci stava proprio bene!!! Di che, direte voi? Secondo me questo vino sa di fichi (già detto pure questo nello stesso posto) e si dà il caso che io abbia appena comprato della Melassa di fichi (che io e la mia famiglia chiamiamo miele di fichi..e quindi qualche volta mi capiterà di usare questo nome..anche se non è un vero e proprio miele). Se non avete mai assaggiato la melassa di fichi, fatelo! A me capitò di assaggiarla su degli “strufoli” calabresi (più grossi e più larghi di quelli campani…non ricordo come si chiamassero) e rimasi fulminata da questo liquido! Poi mia nonna ce ne regalò una bottiglia che le aveva portato un’amica e lo centellinammo: nel senso che un pò mia madre lo centellinava sugli strufoli fatti con la nostra classica ricetta e un pò lo centellinavo io personalmente, a cucchiaiate direttamente nella mia bocca! Per molti anni non l’ho più ritrovato e quando l’ho visto in un negozio, quella confezione di melassa di fichi non ha fatto in tempo a dire ciao a tutti i suoi colleghi barattoli di miele! La decisione era presa: semifreddo al Pedro Ximenez con cremoso ai fichi. Per realizzarlo sono andata abbastanza sul sicuro: ho preso la base del semifreddo del grenoble e l’ho modificata con questi due ingredienti! E così ho il mio vino da gustare nelle calde sere d’estate (e pure nelle fredde, dato che mi è piaciuto tantissimo). Sono ovviamente di parte ma credo che si potrebbe sostiuire il vino con un rosso liquoroso che vi piace e sostituire nel cremoso, al posto della melassa di fichi, del cacao amaro o del mosto cotto (ma non voglio responsabilità :) !Io me lo mangio con i gusti indicati!!!!)
RICETTA: SEMIFREDDO AL PEDRO XIMENEZ E CREMOSO AI FICHI
Ingredienti
Cremoso alla melassa di fichi
Lasciare in infusione, in un contenitore, il latte e la melassa per almeno 4 ore. Dopo squotere bene e ottenere un liquido uniforme
Ammollare la gelatina in acqua fredda.
Versare il latte in un pentolino, aggiungere metà dello zucchero e portare a bollore. Montare i tuorli con lo zucchero restante, aggiungere il latte e portare mescolando a 85°C come per la preparazione di una crema inglese.
Incorporare la gelatina ben strizzata.
Montare la panna e, quando il composto è raffreddato, incorporarla delicatamente. Versarla nei contenitori di alluminio piccoli (io ho usato quelli monoporzione) o in stampi di silicone da dischetti di 3-4 cm di diametro e mettere in congelatore per almeno un paio di ore
Mousse al Pedro Ximenez
Ammollare i fogli di gelatina. Montare poco i tuorli con metà zucchero.
Scaldare i 200 g di panna col Pedro Ximenez e il resto dello zucchero. Quando si è stabilizzato, aggiungere i tuorli.
Mettere sul fuoco e mescolando portare a 85°C. Togliere dal fuoco ed aggiungere la gelatina, mescolando bene.
Lasciare raffreddare mescolando.
Montare i 300 g di panna ed aggiungerne una piccola parte al composto raffreddato per ammorbidirlo. Incorporare la panna restante con molta delicatezza.
Utilizzare subito.
Montaggio: Utilizzare degli stampini monouso (fiori, come ho usato io o semisfere di circa 6 cm di diamtero). Riempire per 2/3 lo stampo monouso con la mousse, prendere un dischetto (ormai congelato) di cremoso e metterlo nel centro, ricoprire con la mousse e livellare. Riempire tutti gli stampini (me ne sono venuti 7-8…dipende dalla grandezza) e mettere in freezer per almeno mezza giornata. Prima di servire, tirar fuori gli stampini e mettere il semifreddo nel piatto e aspettare una decina di minuti prima di servirlo
La prima e unica volta che sono andata in Sicilia ho avuto uno speciale battesimo di fuoco: ho assaggiato per la prima volta la sette veli. Sì, esperienze così non si dimenticano. La sette veli è uno dei dolci più famosi d’Italia e a ragione direi: me la sono sognata per i giorni avvenire. La fama di questo dolce era meritata in pieno.
La sera stessa in cui ho assaggiato la sette veli, mi parlarono anche di un dolce di cui non avevo memoria, anzi, ero proprio sicura di non averlo mai sentito: la cassatella di Agira. Non lo provammo perchè il fornitore di fiducia delle cassatelle, in quel momento era chiuso. D’altra parte ero così appagata dalla sette veli che guardavo con un pò di sufficienza a un dolcino antico, semplice nell’aspetto e negli ingredienti. Sì, ve bene, mi avevano detto che aveva nel ripieno la farina di ceci (ingrediente che non è che trovi così spesso nei dolci) ma per quella sera mi ritenevo ampiamente soddisfatta.
Poi però mi è rimasto il tarlo della curiosità. Come poteva essere che io, golosa oltre limite e amante dei dolci di qualsiasi tipo, non avessi mai sentito nominare questa cassatella? Poi con la farina di ceci…mi intigrava. Ma il lavoro era molto e non potevo di certo andare in giro a cercare la Cassatella perduta. Mi stavo quasi rassegnando a tornare indietro con la curiosità insoddisfatta, quando all’aeroporto trovo una pasticceria di dolci tipici, che in un angolino riprotava il cartellino: CASSATELLE DI AGIRA. Non mi è parso vero. Fu così che nello stesso viaggio ho fatto la personale conoscenza della sette veli e della cassatella. E sapete una cosa? Stranamente non sfigurava rispetto a un dolce da guinnes dei primati come la 7 veli, anzi… La pasta era molto buona, sottile, croccante e pastosa insieme, con un ripieno scuro in cui sentivo mandorle, cacao, e qualcosa che rendeva il ripieno sciogliovele. Confesso che mi sono pentita amaramente di averne presa solo una e, appena tornata a casa ho cominciato a cercare una ricetta: dovevo ripeterla.
Mi sono imbattuta in questa, che trovo davvero molto buona. Quell’estate feci kg e kg di cassatelle e i parenti vari le apprezzarono, compresi quelli siciliani, che non ne avevano mai sentito parlare. Se c’è una cosa che mi piace, è quella di cucinare un dolce (o un cibo) di cui si sta perdendo traccia. Ne faccio quasi una questione personale: amo la ricerca e la sperimentazione che c’è dietro un dolce di Felder, o di Montersino, Santin, etc…ma lasciar morire un dolce della tradizione, per giunta così buono, no, mi pare un insulto alla nostra cultura e mi sembra che si perda troppo della nostra identità! Va beh..dopo la tiritera sui dolci della tradizione siciliana, vi riporto la ricetta. Vi consiglio vivamente di provarli, perchè hanno quel particolare effetto che si può descrivere come la “sindrome della ciliegia”: assaggiate il primo e dite “hummm, non male”. Poi pensate che volete sentire meglio il sapore all’interno e prendete il secondo. Capito il sapore del ripieno, vi dite che è il caso di comprendere meglio anche l’impasto del guscio e così via. E’ quel classico dolcetto che parte con discrezione ma è subdolo, perchè fa in modo che voi non smettiate di mangiarlo finchè non ne è rimasto nessuno!
RICETTA: LE CASSATELLE DI AGIRA
Ingredienti
Per il ripieno:
Procedimento
Preparazione della pasta:
Mettere la farina nella spianatoia, aggiungere la sugna a pezzetti e lavorare strofinando il palmo delle mani con la farina e lo strutto fino a completo assorbimento, il lavoro e lungo ma non arrendersi (io ho usato la planetaria).
Fare una conca al centro ed aggiungere le uova,lo zucchero, un pizzico di sale, e incominciare con una forchetta, quindi poco alla volta l’ acqua tiepida, impastare per una buona mezz’ora fino a quando la pasta risulterà morbida ed elastica.
Per il ripieno:
Tostare le mandorle appena nel forno ” mi raccomando appena” quindi tritarle insieme alla buccia di limone,tritare per 2 volte , “utilizzare per tritare non il frullatore ma qualcosa tipo tritacarne. Fatto ciò mettere il composto in una capace pentola aggiungere l’acqua, lo zucchero, 2 cucchiai colmi di cannella, il cacao,e man mano setacciando la la farina, mescolare per bene con una frusta quindi accendere il fuoco “leggero mi raccomando ” e dolcemente quando raggiungerà il bollore si sarà addensato,spegnere versare in una capace ciotola e fare riposare tutta la notte sia l’impasto che il ripieno.
Il giorno seguente, riprendere la pasta che avremo riposto al fresco coperta, e lavoriamo un po’in modo da poterla stendere.
Stendere la pasta formando dei rettangoli non troppo sottili adagiare un bel cucchiaio di ripieno, richiudere premendo bene lungo i bordi e ritagliare con l’apposito strumento come dei grandi ravioli a forma di mezze lune.
Infornare a 180 gradi circa per 1 quarto d’ora facendo attenzione a che non prendano colore, devono rimanere bianche in superficie.
Prendere il resto della cannella miscelarlo allo zucchero a velo e passarvi ogni cassatella sistemando nei vassoi.
P.S.: se volete vedere un’interpretazione alternativa delle cassatelle di Agira, nuovo articolo sulla mia rubrica!
Voi come vi svegliate? Sveglia? Radio? Uccellini che cinguettano?? Di norma, alle 5:30 suona il mio cellulare e so che comincia la giornata. Tranne il sabato e la domenica che vorrei tanto dormire un pò di più. Vorrei. Ma al massimo mi è concesso arrivare alle 6:30 perchè poi La Pasionaria, che è l’unico essere al mondo on-off (cioè appena apre gli occhi comincia a rompere parlare velocemente) inizia una serie infinita di richieste. A tutto questo, aggiungete che negli ultimi tempi ci si è messo anche Albertino, contribuendo alla modalità sveglia in modo del tutto personale, per cui ho collezionato diversi tipi di RISVEGLI (tutti rigorosamente fra le 5:30 e le 6 e possibilmente di Sabato e Domenica):
Risveglio patriottico: Albertino, dal suo letto, canta a squarcia gola: ” E’ la bandie-e-ra, del tricolo-o-re, èèèè la più bellaaaaa! Noi vogliamo sempre quella noi vogliam la libertà, noi vogliamo sempre quella noi vogliam la libertà!” (a scuola hanno fatto un buon lavoro per i 150 dell’unità. Ottimo lavoro. Pure esagerato….)
Risveglio naturalistico: Albertino, dal suo letto, ” CHICCHIRICHIIIIIII’, CHICCHIRICHIIIIIIIIII’, CHICCHIRICHIIIIIIIIII, dai Pasionaria ripeti con me: CHICCHIRICHIIIII'”
Risveglio con contrattazione: La Pasionaria, viene vicino al mio letto e dice: “mammaaaa, vojo la pastaaaa. No? vojo il succo! No? Vojo il lattuccio! no? l’acquaaaaa!”
Risveglio “relax”: La Pasionaria, sempre vicino al mio letto:” Mamma, ti faccio il massaggio con la crema” (e intanto infila più volte le dita nei miei occhi)
Risveglio natalizio (questo poco dopo Pasqua): La pasionaria: “jingle bell, jingle bell, jingle wash away!!! O wasssh wash jingle bell, jingle jingle belllll”
Risveglio con terrore: Albertino alla sorella:” Oh, lo stai a prende il trapano di papà????”
Poi dice che uno è nervoso! Riescono a buggerare anche la sveglia del cellulare! E voi? Fatemi consolare con sveglie classiche!!!! Dopo una rassegna di questi momenti mattutini idilliaci, è normale che ci si voglia tirare su con un dolcino buono, no? Altrimenti sempre le solite fette biscottate integrali rischiano di intristirmi! Così, ho preso da lei questa ricetta e l’ho fatta in due versioni, con e senza zenzero, a seconda del gusto di chi la mangia!
RICETTA: LEMON BARS WITH GINGER SHORTBREAD English_version
Ingredienti:
Per la base:
Per la crema:
Procedimento
Scaldare il forno a 180 °. Imburrare e infarinare una teglia 30×20 cm. In un contenitore mischiare la farina, lo zucchero e il sale. Aggiungere il burro e lo zenzero fresco grattugiato e lavorare con le dita formando delle grosse briciole. Riversare le briciole nella teglia, senza premere troppo (aggiungere lo zenzero candito in modo sparso). Mettere in forno a 180° per 20 minuti. Nel frattempo preprare il ripieno. In un contenitore mischiare la farina, lo zucchero, il succo di limone e le zeste grattate. In un differente contenitore mischiare bene le uova, il tuorlo e il pizzico di sale. Aggiungere questo composto al primo. Passati i 20 minuti, togliere dal forno la teglia con lo shortbread e versare tutto il composto. Far cuocere per 25-30 minuti e poi far raffreddare.
Con l’occasione, non posso non mandare la ricetta (con tutto lo zenzero possibile, naturalmente) alla cara Federica e al suo contest con lo zenzero:
Inoltre, una comunicazione di servizio: la Malvarosa Edizioni, dopo aver visto il post su Metti uno stilista a cena, mi ha affidato una rubrica che ha per argomento proprio il connubio moda-cibo, così potrò lasciare andare a briglie sciolte la fantasia! Ringrazio molto Malvarosa e vi aspetto lì, con un nuovo post il prossimo mercoledì!
P.S.: ringrazio tantissimo ANGELA per essere fra i premi speciali del suo bellissimo contest sui sapori del SUD!!! GRAZIEEEEEE!!!!
Quando Lydia mi ha raccontato di Wine and the City la mia reazione è stata calma e contenuta e, soprattutto, espressa con stile che neanche l’Accademia della Crusca: “Wowwwww!! Sììììì!! Che bello!!!! E vaiiiiiii!! Partecipo volentieri!”
Il fatto è che, se non si fosse notato, in questo periodo ho una leggerissima passione per il mondo del vino (pur non bevendo) e tutto ciò che lo riguarda, quindi ho trovato che questa iniziativa che si svolgerà a Napoli dal 18 al 21 Maggio sia veramente “adatta a questo periodo”, interessante e divertente. Perchè porta il buon vino fra la gente comune. Perchè unisce il mondo del vino a quello dell’artigianato e del design. Perchè rilancia una città che negli ultimi tempi viene citata troppo spesso per motivi non belli.
Insieme a Lydia e ad un altro gruppetto di blogger (e che blogger!) faremo una staffetta, durante questa settimana, in cui proporremo dei piatti che si ispirano a Napoli e alla Campania e che avranno dei vini abbinati dai sommelier dell’AIS di Napoli.
Questo il calendario della staffetta:
Lunedì 16 maggio
http://www.tzatzikiacolazione.blogspot.com/
http://unfiloderbacipollina.blogspot.com/
http://www.cookingplanner.it/
Martedì 17
http://lost-in-kitchen.blogspot.com/
http://gambettonellazuppa.blogspot.com/
http://artetecaskitchen.wordpress.com/
Mercoledì 18
http://lacucinadicalycanthus.net/
http://in-fu-sio-ne.blogspot.com/
http://symposionfoodies.blogspot.com/
Giovedì 19
http://solongandthanksforallthefood.com/
http://losciefscientifico.blogspot.com/
Venerdì 20
http://www.undejeunerdesoleil.com/
http://cookingbreakdown.blogspot.com/
(con un programma così non posso che consigliare di seguirlo giorno per giorno!)
Per questa manifestazione mi è venuto subito in mente un piatto che avevo mangiato in un ristorante del Cilento (la Cantinella sul mare). Purtroppo non ho la ricetta originale ma ho provato a reinterpretarlo secondo il mio gusto. In Campania sono famosissimi sia gli spaghetti alle vongole veraci che le zucchine a scapece e questa ricetta vuole provare ad unirli in un unico piatto:
RICETTA: SPAGHETTI ALLE VONGOLE VERACI SU CREMA DI SCAPECE
Ingredienti
Procedimento
Almeno un paio di ore prima di cuocere la pasta mettere le vongole nell’acqua fredda. Passato questo tempo, metterle a scolarle e nel frattempo preparare le zucchine a scapace. Tagliare le zucchine a rondelle e friggerle. Io non ho prolungato troppo la frittura perchè volevo conservare un bel colore verde. Una volta fritte, condirle con mentuccia, sale e un cucchiaio di aceto bianco (ne ho usato solo uno perchè volevo che desse il profumo ma che non prevalesse sugli spaghetti). In una padella, mettere un filo di olio e due spicchi d’aglio, inserire le vongole e farle aprire. Nel farttempo, far bollire l’acqua e cuocere gli spaghetti. Frullare finemente le zucchine fino ad ottenere una crema molto morbida. Adagiarla a specchio sul piatto di portata. Scolare la pasta e condirlo con le vongole, prendere una forchettata e appoggiarla sulla salsa a scapece. Decorare con qualche cubetto di zucchina crudo.
Il vino scelto è lo Strione Campania Bianco Igt 2007 Cantine Astroni
Abbinamento a cura di Tommaso Luongo, Delegato Ais Napoli