L’anno scorso, grazie ad Angela ho conosciuto un prodotto tipico della Lucania: i peperoni cruschi. Strano che, pur avendo origini del Cilento e andando spesso vicino quella zona, non ne avessi mai sentito parlare prima. Sono stati una picevole sorpresa. Riporto dal suo sito:
“I peperoni secchi sono ottenuti dalla coltivazione di alcuni ecotipi locali di peperone, caratterizzati da uno spessore sottile del frutto e da un basso contenuto di acqua che consentono una rapida essiccazione praticata secondo un metodo strettamente naturale: per due o tre giorni i peperoni appena raccolti vengono stesi su reti nella penombra di locali asciutti e ben areati; poi vengono infilati i peduncoli con uno spago fine ottenendo delle collane dette ”serte” che asciugano al sole, appese a pertiche o ringhiere. A completa essiccazione vengono fritti in abbondante olio extravergine di oliva ottenendo un prodotto croccante e fragrante (peperoni cruschi). Ideale per guarnire primi piatti, carni rosse o baccalà; macinato in accompagnamento a varie pietanze o nell’impasto di formaggi e salumi; sbriciolato su paste al sugo, con aglio, olio e peperoncino o con mollica fritta.
I peperoni cruschi sono uno dei prodotti tipici più rappresentativi della Basilicata.”
Io ne ho avuto una busta e me li sto centellinando, dato che mi piace molto il sapore che regalano ad un piatto. E’ come avere a che fare con un peperone..”stagionato”, quasi affumicato. Personalmente, l’ho utilizzati in molte preparazioni, anche se mai fritti, come dovrebbe essere fatto. Il fatto è che i peperoni cruschi mi ispirano modi di usarli diversi dal solito: sarà che la prima volta che li ho assaggiati, era in questa versione e fatti da lei..quindi me ne sono ovviamente innamorata! Ieri sera mi è venuta l’idea di provarli nel ripieno dei ravioli e di condirli semplicemente con pachino e canestrato Moliterno (lo so…certi prodotti non mancano mai a casa mia..che ci posso fare se fanno delle cose così buone da quelle parti???). L’esperimento, a mio parere, è più che riuscito: l’unico problema è che la scorta di peperoni cruschi sta pericolosamente diminuendo, quindi presto dovrò rifornirmi!!!
RICETTA: RAVIOLI AI PEPRONI CRUSCHI CON PACHINO E CANESTRATO MOLITERNO English Version
Ingredienti
Per la pasta all’uovo (per due persone, piatti normali, o per una, piatto a misura di casa mia!!):
Per il ripieno e il condimento:
Procedimento
Per la pasta all’uovo, mi baso sempre su queste spiegazioni postate da Teresa su gennarino (ci sono anche le foto passo-passo): metto le uova nella fontana di farina e le incorporo con un cucchiaio. Ci si bagna le mani (l’umidita’ aggiunta dalle mani bagnate servira’ ad aggiungere la quantita’ esatta di acqua per avere un impasto sostenuto che non si attacca) e si impasta il con energia fino a formare un impasto molto consistente, bagnandosi di nuovo le mani se necessario.. La pasta e’ pronta dopo una decina di minuti. A questo punto, la metto a riposare per un’oretta sotto una ciotola capovolta prima di stenderla (io ho ridotto per motivi di tempo). Nel frattempo, aprire i peperoni cruschi per togliere i semi e i filamenti, tagliarli a pezzi e metterli in un cutter, per ridurli in polvere sottile (io non ho un gran cutter e mi sono rimaste delle briciole abbastanza grandi..). mescolare la polvere alla ricotta, insieme al pecorino e al pizzico di sale. Stendere la pasta all’uovo ad uno spessore sottile (io ho usato l’Imperia fino alla penultima tacca), e fare dei grossi rettangoli di circa 10 cm di altezza. Sistemare delle cucchiaiate di ripieno al centro della striscia, ripiegare a metà, con le mani spingere fuori l’aria che si forma vicono al ripieno e tagliare con apposita rotella dentata. Per il condimento, in una pentola antiaderente versare un pò d’olio e cuocere i pachino come spiegato qui, regolare di sale. Cuocere per 5 minuti i ravioli in abbondante acqua salata, scolare bene e ripassarli nella pentola con i pachino. Versare nel piatto e condire con scaglie di Moliterno grattugiate al momento! Buon appetito!
E’ con piacere che invio, questa ricetta, al contest di Angela i Sapori del Sud.
Uno dei piatti tradizionali di Sapri e del Cilento è un contorno o meglio, due. Sto parlando della Ciambotta e della sua strettissima parente, la Ciaurella. Che cosa sono? Come tutte le ricette nate dalla tradizione popolari, questi due piatti si rifanno a pochi ingredienti, semplici ma buoni. In questo caso parliamo di patate, peperoni, melanzane e pomodori. C’è anche chi confonde i due termini ma dopo essermi consultata con mia madre e dopo aver telefonato direttamente alla fonte, cioè ad una mia carissima zia, zia Nunzia, ho confermato quello che pensavo: la ciambotta e la ciaurella partono dagli stessi identici ingredienti ma si differenziano nel metodo di cottura. La ciambotta si basa sulle verdure prima fritte e poi ripassate in padella con aglio e pomodorini mentre la ciaurella parte direttamente con tutti gli ingredienti in padella. Altra differenza fondamentale è la forma delle verdure tagliate. A spicchi o a pezzi? Non ci crederete ma c’è gente disposta a litigare per difendere la propria versione. Quello che è ho visto più volte fare (senza pretendere affatto che sia la versione definitiva, anzi, ogni famiglia ha La versione giusta ;)..) è la ciambotta fatta con spicchi e la ciaurella fatta con pezzi non molto grandi.
Forse non mi crederete ma la bontà di questo piatto, spinge mia madre a friggere kg di patate, peperoni e melanzane anche d’estate perchè, ovviamente, in quel periodo danno il loro meglio e anche la ciambotta ne guadagna un bel pò! Diciamo che a casa mia la ciambotta è la preferita ma se si hanno particolari esigenze o se si vuole stare un pò più leggeri, la ciaurella è una piacevolissima alternativa. E non pensate che sia così banale cuocerle (io continuo a fare la ciambotta e mio marito continua a dirmi “buona..ma come la fa tua madre però…”). Per par condicio l’altra sera ho fatto anche la ciaurella…e mi è piaciuta talmente tanto che me la sono finita :). La “cifra” stilistica della ciaurella è che non è un piatto con verdure stufate: si cuoce senza coperchio, facendo “tirare” bene il liquido di cottura, così i pezzi di peperoni, patate, melanzane e pomodori restano separati ma si amalgano nei sapori! Provare per credere!
Vi lascio la ricetta di quello che è uno dei miei (beh, diciamo nostri) contorni preferiti.
RICETTA: LA CIAMBOTTA E LA CIAURELLA
Ingredienti (per due persone)
un grosso peperone rosso (o giallo..o tutti e due!)
una melanzana
tre patate medie
15 pomodorini
aglio
olio evo
basilico
Procedimento
Per la ciambotta: tagliare tutte le verdure a spicchi e tenere le patate a bagno. Friggere le verdure e asciugarle bene dall’olio residuo, in questo rigoroso ordine: melanzane, peperoni e patate, usando la stessa pentola e, in caso di necessità, aggiungendo un pò d’olio. In una pentola antiaderente, mettere un filo d’olio, l’aglio sbucciato, le verdure e i pomoforini tagliati a metà e lasciar cuocere a fiamma bassa per almeno una decina di minuti ( o fin quando i pomodorini hanno rilasciato il loro sughetto). Regolare di sale, mettere qualche folgia di basilico spezzata al momento con le mani e servire.
Per la ciaurella: tagliare a pezzi più o meno della stessa misura i peperoni, le melanzane e le patate. In una teglia antiaderente, mettere un pò d’olio e uno spicchio d’aglio, far rosolare bene e versare le patate. Far cuocere le patate per qualche minuto poi aggiungere tutto il resto delle verdure. Senza coprire, far andare a fiamma bassa fino a cottura. Regolare di sale, aggiungere il basilico e servire.
P.S.: dato che la ciurella è un piatto fatto con pochi elementi e una cottura semplice, la invio con piacere alla bella raccolta “un contest per bene”. L’endometriosi è una malattia che fa soffrire, in molti sensi e spesso l’alimentazione è uno dei pochi modi per contrastarla!
Tanti Auguri Italia
La Pasionaria -cocò giocava tranquilla a “infiliamo-una-supposta-vera-a-un-bambolotto-finto” . Purtroppo cocò ha un’inopportuna paura verso le “toppottine”, inopportuna perchè soffre continuamente di tosse, raffreddore, mal di gola e quindi supposte e altri ausili medici sono sempre nostri fedeli compagni di viaggio. Quando mi aveva chiesto di mettere una supposta al bambolotto l’ho assecondata, sperando che magari così potesse esorcizzare la sua paura. Il problema è che, come al solito, non si accontenta e quindi aveva deciso di prendere 3 supposte di 3 formati e colori diversi, e stava armeggiando per riuscire a togliere l’involucro. Io, onestamente l’ho lasciata fare. l’unica certezza che ho è che, alla fine, di 3 supposte solo 2 rispondevano all’appello e non voglio neanche sapere che fine ha fatto fare alla dispersa. Data la calma apparente ho pensato che fosse il momento buono per poter provare una ricetta di Salvatore De Riso. Ho cominciato così a prendere gli ingredienti (e a fare rumore, ovviamente). A quel punto Cocò alza il viso di scatto e chiede “che mangiiiii?????” mentre corre verso la cucina, sia mai dovesse perdersi qualcosa (questa sua reazione tipica è causa di scene comiche della serie, io che provo a bere il the e appena lei mi chiede “che mangi?” mi strafogo i 3 biscotti che avevo sul piattino, altrimenti non li rivedrei più…). Quando mi vede armeggiare sul tavolo, si siede sul seggiolone e dice che vuole cucinare pure lei. “Ti piace cucinare?” le chiedo, tutta orgogliosa, “No, mi piasce mangiare”. Ah ecco. In ogni modo decide di cucinare anche lei e prende in mano dei cereali al cacao e delle patatine al formaggio e comincia a schiacciarli fino a ridurli in polvere. Li mescola nel piattino e poi, di botto, tira su il piattino e se lo spiaccica sulla faccia, leccandone il contenuto. “Hummm..che bono“. Guardo un attimo con ribrezzo quella polvere strana e decido che è giunta l’ora di preparare la base. Uova, zucchero, farina, etc.. etc.. Faccio per accendere lo sbattitore..”il prosssciuttoooo!” Uffaaa..io odio essere interrotta mentre cucino ma potevo negarle una misera fetta di prosciutto crudo dopo 2 biberon di latte, la pizza bianca e una polvere non meglio identificata? “Una fetta e basta”. Lei la mangia e accendo lo sbattitore. Dopo pochi minuti dovevo cominciare a montare i bianchi quando mi accorgo che lei aveva appena chiuso il frigo e di corsa si era avviata verso il divano. Humm…non mi quadrava, non mi convinceva per niente. La raggiungo e la trovo con tutta la confezione di prosciutto crudo sulle gambe mentre stringe contemporaneamente 2 hg di prosciutti e cerca di mangiarlo a pezzi. “Voio il prossciutto”. Le tolgo quello che rimaneva del mio amato salume, la rimprovero come si deve..e poi cerco di riprendere a montare i bianchi. Ma si può cucinare così?????? La cosa è andata avanti per tutto il pomeriggio e giuro che ci ho messo il massimo impegno nel cercare di finire questi Sospiri di Sal de Riso….che vi assicuro per me si chiamano sospiri di nome e di fatto ( ..tralascio il disastro epico della cucina fra la preparazione dei dolci e le marachelle di Cocò!)
Questa ricetta è, a mio avviso, molto particolare perchè utilizza il rosmarino in un dolce, in abbinamento ai frutti di bosco e…. mi è piaciuta molto. L’unica condizione è quella di amare spassionatamente il rosmarino perchè il retrogusto è intenso!
RICETTA: SOSPIRI AL ROSMARINO E FRUTTI DI BOSCO DI SALVATORE DE RISO
Ingredienti
Per il pan di spagna leggero:
Per la crema al rosmarino
Per la glassa ai frutti di bosco
Procedimento
Preparate il pan di spagna leggero. Rompete le uova e separate i tuorli dagli albumi. In un’ampia terrina montare i tuorlo con 40 gr di zucchero, il limone grattugiato e il rosmarino tritato. A parte, montate gli albumi con i rimanenti 50 gr di zucchero e 5 gocce di succo di limone, fino a farli diventare ben sodi. Setacciate la farina e la fecola. Unite delicatamente i tuorli e gli albumi montati e aggiungete poco per volta la farina e la fecola. Colate il composto in semisfere di silicone di 3 cm di diametro e cuocete in forno, già caldo, a 170° C per circa 10 minuti. Quindi lasciate raffreddare a temepratura ambiente. Ogni sospiro sarà composto da due semisfere di pan di spagna.
Preparate la crema al rosmarino. Fate bollire la panna e il latte con il rosmarino e lasciatelo in infusione per circa 30 minuti. A parte, in un pentolino miscelate i tuorli con lo zucchero, l’amido e il sale. Filtrate il latte e la panna e aggiungetelo al composto di tuorli e zucchero. Cuocete la crema a 82°C, (quando si ispessisce) poi raffreddate velocemente in freezer stendendola in una teglia d’acciaio (serve ad evitare la formazione di batteri), ricoperta a contatto diretto con pellicola trasparente.
Preparate la glassa ai frutti di bosco. frullate in un frullatore i frutti di bosco puliti con lo zucchero e l’amido. Versate in una pentola e fate bollire a fuoce basso, rimestando con un cucchiaio di legno, fino ad arrivare a una temepratura di 104°. Togliete dal fuoco e aggiungete il succo di limone e la gelatina, preedentemente messa a bagno in acqua fredda. Poi filtrate attraverso una retina eliminando eventuali grumi e semini della frutta (io li ho lasciati). Conservate la glassa a temperatura ambiente, ricoperta con pellicola trasparente posta a diretto contatto con la superficie.
Preparate i sospiri. Senza sformarle dal loro stampo, farcite le cupolette di pan di spagna con la crema al rosmarino, aiutandovi con un sac-a-poche con la bocchetta riccia di 8 mm di diamtero. Togliete dallo stampo di silicone la metà delle cupolette farcite e tagliate la parte tondeggiante. Adagiate al centro di ognuna uno spuntone di crema al rosmarino e sopra sistemate un’altra cupoletta farcita, facendole aderire fra loro con la crema. ponetele in freezer per circa 3 ore. Trascorso il tempo necessario sistemate i sospiri sopra una griglia e glassateli, con l’aiuto di un mestolino, con la glassa riscaldata ad una temepratura di circa 35°C. Decorate la superficie del sospiro con un aghetto di rosmarino, precedentemente bagnato in acqua e passato nello zucchero semolato.
P.S.: io non ho gli stampi a cupoletta, quindi ho utilizzato un sac-a-poche creando delle piccole spirali, con l’impasto del pds, su una teglia ricoperta con la carta forno. Avrei dovuto fare le spirali più alte..ma era il primo tentativo e non mi sono regolata bene!
Con questa ricetta partecipo a
Leibniz, chi era costui? Leibniz era un filosofo, matematico, inventore, scienziato, etc. etc. …e l’ho sempre odiato! Per me, alle superiori, era solamente quel filoso che occupava una decina di pagine fra Pascal e Voltair e che era diventato famoso per il fatto di asserire che viviamo nel “migliore dei mondi possibili”. Questa cosa proprio non mi andava giù. Diciamolo, era un pò squinternato e il suo unico merito era aver ispirato il gustosissimo libro di Voltaire, Candido, che raccontava le avventure di Candido e del suo maestro Pangloss, che lo istruiva in “teologocosmoscemologia“. Non mi spiegavo come mai lo avessero sistemato nello stesso libro in cui erano spiegati (con abbondanza di pagine) Cartesio e Kant (rispettivamente 50 e 110 pagine)…e pensavo che dopo il 4° anno non lo avrei più incontrato. Mi sbagliavo. Non faccio in tempo a frequentare le prime lezioni di analisi alla facoltà di Ingegneria, che subito la Prof presenta la Serie di Leibniz. Sarà stata una chiusura mentale ma proprio non la capivo. Era antipatica, al contrario di tutte le altre serie (tipo quelle di Taylor), indubbiamente più gentili e per bene. “E non ti preoccupare” mi dicevano i compagni “con tutto il programma immenso che abbiamo, non la incontri più!”. Ci speravo, almeno fino allo scritto di Analisi: 5 quesiti, 4 conosciutissimi e l’ultimo…..LA SERIE DI LEIBNIZ. Non poteva essere. Niente, non ci fu verso, l’ho sbagliata. Meno male che poi all’orale andò bene! Alla fine ero contentissima sia perchè avevo superato l’esame e sia perchè ero convinta che non avrei più sentito parlare di Leibniz. Mi precipitai a casa con un grosso buco nello stomaco e decisi di preprarmi un bel piatto di pasta, con quello che avevo a disposizione: penne rigate , tonno in scatola, pomodorini, mozzarella! In quel momento, presi, mischiai tutto e decisi di mangiarmi due etti di pasta filante alla faccia del seriosissimo Leibniz! In effetti feci un guazzabuglio ma fu tale la soddisfazione che quella è diventata la pasta di ogni fine esame.
Tempo fa mi è ricapitata sotto mano la dimostrazione della serie di Leibniz e, nel panico generale, mi sono accorta che mi sembrava abbastanza sensata. La capivo. Sono diventata squinternata pure io????
RICETTA: PASTA CON POMODORI PACHINO, TONNO E MOZZARELLA
Ingredienti
2 hg di pasta Garofalo, penne ziti rigate n. 70
2 hg di pomodorini pachino
1 scatoletta di tonno sott’olio
1 mozzarella
olio evo
sale
aglio
Procedimento
Far bollire l’acqua e buttare la pasta. Nel frattempo, mettere in una pentola un pò d’olio, uno spicchio d’aglio e qundo è ben caldo, mettere i pomodorini tagliati a metà dalla parte dell’interno (questo non lo facevo ai tempi dell’università, l’ho imparato da Antonia di Gennarino :) ) e lasciarli cuocere qualche minuto, senza muoverli. In questo modo, formeranno una lieve crosticina all’interno. Aggiungere il tonno sgocciolato e spezzettato, far cuocere un altro minuto e spegnere. Tagliare la mozzarella a dadini. Scolare la pasta, versarla nella pentola con i pomodori e il tonno, versare sopra i dadini di mozzarella e saltare in padella per un minuto (o finchè non si scioglie leggermente la mozzarella).
Ah, dimenticavo: in tutti gli altri esami, mi madre me la cucinava qualche minuto prima che tornassi, così avevo solo il tempo di riscaldarla e via!!!!
Questa pasta non l’avrei mai postata (tonno e mozzarella….mi ucciderete) ma quando ho visto il contest di Il Pomodoro Rosso sulla pasta degli studenti, beh… non potevo non inviarla! :)
In questi giorni di magra dal punto di vista della fantasia, avere dei contest a cui partecipare è una vera liberazione! Sì, perchè mi danno l’illusione di partecipare a quei giochi per cui hai 20 minuti e una serie di ingredienti stabiliti e bisogna cucinare qualcosa che sia decente! Quindi andrò a caccia di tutti i contest possibile e immaginabili e a casa dovranno sperare che i gli argomenti siano abbastanza normali …oppure si rtroveranno a dover gustare il vitello della Papuasia (causa contest “ma la carne no”) oppure il bambù ucraino con ghiaccia di limone (causa contest “se non son vegani non li vogliamo”) e via dicendo! Lo confesso: non so più se cucino perchè ci sono i contest o se partecipo ai contest perchè cucino..fatto sta che mi diverto molto!
Ne ho già adocchiati 4-5 a cui non so resistere!!!! :))))
Per esempio, oggi scade il contest di About the food che ha come argomento “fave e piselli”. Che dentro la mia cambusa ci siano fave, è quasi impossibile perchè non siamo amanti dell’articolo ma per i piselli è un’altra storia! Non mancano quasi mai! Poi mi ricordano tanto la primavera (sarà il colore..mah), fatto sta che l’altra sera ne avevo 250 gr già cotti, allora ho pensato di preparare al volo, prima del solito ovetto con mozzarella e prosciutto, una piccola entrée. Ecco la ricetta che ovviamente, spedisco ad about the food
RICETTA: ZABAIONE DI PISELLI E NOCCIOLE CON CIALDINE DI PARMIGIANO E PISTACCHI
Ingredienti
Procedimento
In un tegame mettere 3 cucchiai di olio evo e la cipolla a soffriggere. Aggiungere i piselli e coprire con il latte (superare di un dito l’altezza dei piselli). Cuocere fino a far assorbire un pò il latte (ne ho lasciato la giusta quantità per poterlo poi frullare). Frullare col mini piemer. Aggiungere il tuorlo e rimettere sul fuoco. Con la frusta girare bene per un minuto o due e regolare di sale. In un pentolino antiaderente spolverare con del parmigiano e della farina di pistacchi. Aspettare che si fonda, poi togliere il composto a poogiarlo sul fondo di un bicchiere. Io ho vouto creare delle forme non regolari (ero in stato artistico..) ma volendo si possono creare dei piccolo cestini. Mettere lo zabaione in un piatto fondo, spargere un pò di nocciole spezzettate e decorare con le cialdine.
“Fai la torta “paradiso”?, domandò cauto Albertino.
-No- rispose Margherita.
-Magari fa la torta “Purgatorio”,- borbottò la Pasionaria alzandosi da tavolo e avviandosi verso la porta.
-Cerca di stare zitta tu!- esclamò minacciosa Margherita.
-Sempre così!-protestò la Pasionaria-Quando viene il mio compleanno tutti se ne approfittano. Però a lui la torta l’avete comprata per il suo compleanno!
-A te invece la farò io! E vergognati di ricambiare con tanta villania il mio gentile pensiero!
-Me non mangio il gentile pensiero, me mangio la torta! replicò la Pasionaria uscendo. Albertino la seguì senza parlare ma lo sguardo che mi lanciò era pieno di angoscia.”
Ho già raccontato di quanto ami questo libro, tanto che il soprannome con cui chiamo i miei bambini discende dirattamente dall’Albertino e La pasionaria “guareschiani”. Il Corrierino delle Famiglie resta, a mio parere, uno dei più delicati, esilaranti e veritieri ritratti della tipica famiglia italiana del dopoguerra..anche se, infondo, certe cose rimangono uguali a se stesse e quindi si possono ritrovare tranquillamente anche nella famiglia italiana moderna. Questo specifico racconto, però, è veramente irresistibile. Lo leggo e ogni volta comincio a ridere e, se sono fuori (magari in metro…) cerco di trattenermi, inutilmente in verità. La storia è quella di una mamma che vuole fare una torta per il compleanno della figlioletta. Tutto assolutamente nella norma, se non fosse che la figlioletta è La Pasionaria e che , soprattutto, la mamma è Margherita! Giovannino, marito di margherita e padre di Albertino e la Pasionaria, spiega che quando Margherita fa una torta, parte da una rigida logica tutta sua personale e arriva alla conclusione più logicamente illogica dell’universo.Questo perchè accetta la formula iniziale, partendo per esempio con uova e zucchero. Poi però, ritenendo di dover diluire l’impasto, aggiunge Marsala. Ottenuto un impasto troppo fluido, lo condensa aggiungendo i savoiardi. Per amalgamare la poltiglia, usa lo spremiverdura e via dicendo. Quello a cui giunge Margherita prima di infornare la torta per il compleanno, è un impasto delicatamente giallo. Ritenendo inoltre di aver fatto il grosso del lavoro, delega al marito il compito di controllare la cottura e di completare la torta cotta con crema, fantasia …e nove candeline. La descrizione di quello che accade nel forno durante la cottura è uno dei pezzi più divertenti di tutta la letteratura italiana! Quello poi che combinano Giovannino , Albertino e La Pasionaria per cercare di salvare la torta (e l’amor propio di Margherita) è degno di una commedia da Oscar!
” Si trattava di ammorbidire la torta e io, staccatone un pezzetto, provai ad intingerlo nel latte. Non assorbiva per niente. Allora col batticarne tritammo tutta la torta a pezzettini e macinammo i pezzettini nel tritacarne. Raccolsi la polvere così ottenuta e la stemperai col vino Moscato. Ne saltò fuori una pappetta languida che non prometteva nulla di buono. Aggiunsi farina, uova e zucchero e impastai, ottenendo un blocco di roba molto rugosa….tagliato il blocco a pezzetti, li passai uno per uno fra i rulli della macchina per fare la pasta. Laminato il lingotto e ridottolo in fogli, impastai insieme tutti i fogli e ne ottenni un blocco compatto…facemmo asciugare un momentino il lingotto dentro il forno poi lo grattuggiammo….”
Alla fine del pranzo la torta arrivò finalmente in tavola e la Pasionaria si immolò e mandò giù un grosso boccone. Era straordinaria e tutti fecero i complimenti a Margherita.
Quando poco tempo ho visto la torta Paradiso da Lei, ho pensato che mi sarebbe piaciuto poter fare una torta per La Pasionaria, con una bella ganache ai frutti di bosco e cioccolato bianco e una copertura di panna e lamponi. Ho messo un vezzoso bordo di tulle rosa..perchè La Pasionaria ci teneva a “ben figurare con le amiche”. Questa torta è per te piccola Carlotta, e spero che ti piaccia come è piaciuta alla mia Pasionaria personale.
RICETTA: TORTA PARADISO CON GANACHE AI FRUTTI DI BOSCO E CIOCCOLATO BIANCO
Ingredienti
Procedimento
Lasciare il burro fuori dal frigo per almeno tre ore (dev’essere molto morbido ma non sciolto) e montarlo con un cucchiaio di legno fino a farlo diventare una crema spumosa. Incorporarvi lo zucchero a velo in due volte, delicatamente. In un altro recipiente stracciare le uova e i tuorli con l’aiuto di una forchetta, come per fare una frittata. A questo punto bisogna aggiungere le uova al burro montato, un cucchiaio alla volta, mescolando e montando ad ogni aggiunta fino a completo assorbimento dell’uovo e conseguente rigonfiamento della massa. Questo passaggio richiede tempo e pazienza ma è fondamentale per la riuscita del dolce, non bisogna assolutamente aver fretta di aggiungere altro uovo prima che la cucchiaiata precedente non sia stata ben amalgamata, lo scopo è quello di incorporare aria all’interno della massa, molto lentamente, in modo da renderla soffice ma densa, non troppo montata. Aggiungere infine le farine setacciate e la scorza di limone ed incorporarle molto delicatamente con l’aiuto di una spatola, con movimenti dal basso verso l’alto. Versare l’impasto in una teglia da 20 cm di diametro, imburrata ed infarinata, e cuocere in forno statico preriscaldato a 180°C per un’oretta circa o fino a quando la torta non risulterà asciutta all’interno. Lasciar raffreddare e cospargere con abbondante zucchero a velo. Questa torta si conserva tranquillamente per più giorni, anzi, è addirittura più buona a partire dal giorno successivo.
Per la ganache
Ingredienti
Procedimento
Fate cuocere i frutti di bosco in una casseruola con lo zucchero fino a ridurre in purea. Aggiungete la panna e fate boillire per 2 minuti. Versate la salsa sopra il cioccolato bianco spezzettato e lavorate la ganache finchè non sarà liscia e omogenea. conservare in frigo per almeno due ore (io l’ho fatta la sera prima).
Decorazione:
Tagliare la torta Paradiso a metà e farcirla con la ganache. Ricoprire la torta con la panna montata e con il sac a poche fare delle rose. mettere i lamponi al centro della rosa e servire.
Questa torta va alla raccolta di federica, Cook the book,
Tornare a casa tardi la sera, dopo un’ora e più passata nel traffico e nella pioggia non è il massimo. Certo è che quando si ha Albertino dentro casa, è difficile non farsi scappare un sorriso. Erano le 19-e-un-bel-pò-di-minuti quando varco la porta di casa dei miei e mi vedo questa scena: Albertino steso sul tappeto, completamente arrotolato nella carta igienica (viso compreso) con le mani incrociate sul petto e una “croce” vera egiziana (ricordo che mio padre portò dal Cairo) stretta fra le dita. Vi avevo già raccontato della sua passione per l’Egitto..certo è che trovarsi all’improvviso una mummia sul tappeto di casa è stato sconcertante e comico. Mia madre mi ha guardato, alzando le spalle e dicendomi sottovoce, tanto per giustificarsi, che le aveva chiesto di farlo diventare una mummia ( e si poteva forse dire no?????) e io ho ovviamente deciso di stare al gioco dicendo, con la solita voce scema ed esagerata di ogni adulto che pensa che i bambini scherzino, “ohhhh…guarda che c’è qui? una mummia” (Che originalità!!! Ripensandoci: ma quale persona normale avrebbe esclamato questo vedendo una vera mummia sul tappeto???) Mimì si mette a ridere un pò, poi si calma, si scopre gli occhi e mi dice: “Da grande, voglio fare il Faraone“. Beh, il ragazzo sta migliorando le sue idee sul futuro e sta facendo carriera: siamo passati dall’insegnante di nuoto, al dirigente, al Farone! Non male, per uno di 5 anni! mi chiedo quale sarà la sua prossima professione! Quando siamo tornati a casa nostra, gli ho detto che mi sarei messa a prepare dei dolcetti per la festa di carnevale con i suoi compagni che l’indomani si sarebbe tenuta a casa nostra e lui mi ha chiesto una cosa che mi ha gettata un pò nel panico: ” E che si mangiavano i Faroni???” Temendo che mi chiedesse di cucinare cibi degni di Tutankamon & Co. gli ho risposto che non ne avevo idea ma che era ora di andare a dormire, dato che avevo taaanto da fare!
Per la festicciola ho preparato questi piccoli dessert, provando una crema e un impasto che non avevo mai fatto: un curd di more (avevo le more…che farne???) e un impasto al mascarpone, preso da paul.&.young. Ho trovato molto buoni entrambi: sono semplici da fare e veloci (due belle caratteristiche!).
RICETTA: TARTELLETTE AL MASCARPONE CON CURD DI MORE, LAMPONI E CIOCCOLATO
Ingredienti
per le tartellette:
per il curd di more:
Per la guarnizione:
Procedimento
Per le tartellette, lavorare con un cucchiaio di legno il mascarpone, il burro e la vaniglia fino ad ottenere una crema liscia. Aggiungere a poco a poco la farina setacciata (io ho fatto queste operazioni con la planetaria, usando la foglia). Avvolgere la pasta in un foglio di pellicola e mettetela in frigo per almeno 2 ore (io l’ho fatto la sera prima..).
Per il curd di more, mettere zucchero e maizena setacciati in un pentolino, aggiungere l’uovo e frustare bene fino ad ottenere un composto schiumoso e chiaro. Aggiungere, sempre mescolando con la frusta, la polpa di mora e, per ultimo, il burro a pezzetti.
Accendere il fuoco a fiamma bassa e mescolare fino a bollore. Appena raggiunge il bollore rassoda nel giro di qualche istante. io non ho setaccaito il frullato di more, perchè i semini mi piacciono. Vi assicuro che il colore di questo curd è davvero molto bello! Fate raffreddare il curd prima di utilizarlo.
Infarinate la superficie di lavoro e create un cilindro di circa 7/8 cm di diametro. Tagliate delle fette di un cm circa, infarinate la superficie della fetta, se dovesse essere troppo appiccicoso, e passate leggermente il matterello fino a dare una forma circolare e uno spessore di 5 mm. Con un coppapasta della giusta dimensione, tagliare tanti dischi e procedere fino ad esaurimento dell’impasto, recuperando gli scarti dopo l’uso dello stampino. per la formatura, paul.6.young suggerisce di arrotolare un poco verso l’interno ogni disco in modo da ottenere una tartelletta triangolare con le punte arrotondate. Spennellare le tartellette con il tuorlo e riscaldare il forno a 180° . Mettere le tartellette su una teglia ricoperta di carta da forno e cuocere per 15-20 minuti.
Una volta cotte e raffreddate, mettere il curd in un sac a poche e creare delle “rose” sulla base al mascarpone. Aggiungere un lampone sulla cima della rosa e far colare con un cucchiaino del cioccolato fondente fatto fondere a bagnomaria col burro.
P.S.: questo impasto è particolarmente versatile, come la pasta sfoglia, quindi ho fatto una preparazione dolce e una salata…sotto vi mostro delle pizzette!
Con questa ricetta partecipo alla raccolta di Aria: sua morbidezza il MASCARPONE
Ho sempre amato Venezia, anche prima di esserci stata! Non so perchè, ma questa città ha sempre avuto su di me un fascino particolare. Quando avevo 15 anni, andammo in gita con le Suore proprio a Venezia..e me ne innamorai definitivamente. Era il 25 Aprile, San Marco, un sole da togliere il fiato, una sfilata storica meravigliosa e ricca di costumi e piazza San Marco piena di gente. L’impatto è stato notevole! Calcolate poi che, insieme ad un gruppetto di amiche adolescenti (eravamo decisamente imbranate anche perchè la nostra era una scuola tutta femminile), ho fatto la conoscenza di alcuni ragazzi Veneziani simpaticissimi (mentre le Suore ci seguivano a vista…come un’ombra nera) ! Anzi, uno di loro mi mandò, una settimana dopo, una lettera (strano sentir parlare di lettere ai tempi di mail, sms, skype..ma quanto erano belle?)…che mi consegnò direttamente mio padre, accompagnato da uno sguardo truce! Io mi chiusi in bagno a leggere quella lettera (che era una semplicissima lettera di saluto ma che bastò a confermare la mia passione per venezia) e quando uscii..trovai mio padre nella stessa posizione, con le braccia conserte! Ma nulla…da me non avrebbe ottenuto nessuna informazione!!! Molti anni dopo, A venezia ci sono tornata con mio marito: altra atmosfera, altra situazione…ma tanto romanticismo, quindi lasciatemi un momento di sdolcinatezza e fatemi citare una canzone di Toto Cutugno che mi canticchiavo in continuazione:
Quante volte fra i banchi di scuola ho studiato Venezia
Quante storie d’amore hanno scritto i poeti a Venezia
La laguna che cambia colore
Come le nostre stagioni di cuore
Se una donna la perdi la puoi ritrovare a Venezia
Finita la dichiarazione d’amore per la città lagunare e dintorni, come potevo non partecipare al contest Venezia nel piatto? Mi viene proprio naturale!
Ho pensato ai giorni trascorsi lì con mio marito, quando mangiammo a Murano dei gamberi buonissimi su un fumante piatto di polenta gialla…e allora ho provato a creare qualcosa di mio, partendo dalla lista degli ingredienti del contest. Vicino al piatto c’è un caro ricordo: un delfino in vetro di Murano, comprato da mio marito appena lo vide: ditemi voi se non ha dei colori perfetti con questo piatto! :)
RICETTA: POLENTINA BIANCA, VELLUTATA DI ZUCCA E ARANCIA CON GUAZZETTO DI VONGOLE VERACI E GAMBERONI
Ingredienti
Per la polentina
Per la vellutata di zucca e arancia
Per il guazzetto
Procedimento
Private la cipolla della parte esterna e riducetela a fettine. Controllate che la zucca sia priva di filamenti e semi, quindi tagliatela a tocchetti; lavate e asciugate l’arancia e prelevate la metà della scorza, tralasciando la parte bianca amarognola. Scaldate l’olio evo in una casseruola, unite la cipolla a fettine, la salvia spezzata, la scorza d’arancia e la zucca e lasciate rosolare il tutto per 2-3 minuti, mescolando spesso. Spolverizzate con la farina, unite a filo il latte, mescolando continuamente per evitare la formazione di grumi, quindi salate e cuocete la zuppa coperta, a fiamma bassa, per circa 30 minuti.
Nel frattempo, mettere l’acqua fredda in una pentola e portare a bollore. Versare la polenta bianca e cuocere, mescolando spesso per una trenitina di minuti(tenete presente che volevo una polentina finale molto morbida, cremosa…per non creare una differenza eccessiva con la vellutata di zucca). Regolare di sale. Eliminate la scorza d’arancio dalla zuppa, frullate quest’ultima nel mixer fino a ottenere una crema omogenea.
In un padellino, mettere l’olio e l’aglio, versare le vongole veraci e i gamberetti. far cuocere pochi minuti, fino all’apertura delle vongole. verso la fine aggiungere i gamberoni e far cuocere un minuto o due. Regolare di sale.
Per la presentazione del piatto, prendere un piatto piano abbastanza largo e poggiare sopra un coppa pasta circolare di circa 10 cm di diamtero. Versare attorno la polentina bianca, all’interno del cerchio versare la vellutata di zucca. Togliere piano il coppasta, versare sopra gentilmente il guazzetto e servire.
“papà..tu mi fai ridere dalle risate…”
Così ieri scherzava Mimì con mio marito, in una tranquilla serata familiare. Tv accesa, loro due stesi sul tappeto mentre io ero al pc e la Pasionaria svolgeva l’attività che più aspetto durante tutta la giornata: dormiva!!!! In televisione all’improvviso arriva una pubblicità che fa alzare la testa al papà-combattente-bakugan egli fa esclamare: “guarda , le Girelle! lo sai che da piccolo me le mangiavo sempre??? Erano buonissime!” Potevo lasciarmi sfuggire l’occasione???io ci vado anozze con queste cose! ” Ma lo sai che ho trovato la ricette per farle a casa???te le cucino!” La faccia di mio marito era quasi disperata:” No ti prego! Basta! compriamole”. In pratica, non ne può più di cose fatte in casa! Sarà che ormai dopo i sofficini home made, le torte della domenica, l’estratto di vaniglia, la pasta, il pane, i cornetti…si è stufato e vuole un’insanissima merendina industriale. Dove ho sbagliato? Eppure sto cercando di applicare alla dispensa di casa mia la lezione imparata su gennarino e che riguarda La Lista delle cose che non esistono. In pratica, una persona che vuole cercare di riguardare la proprio salute e il proprio palato, dovrebbe evitare certi cibi industriali che possono far male perchè fatti con ingredienti non del tutto genuini: questa è una delle prime cose che ho imparato frequentando il forum. All’inizio sorridevo sempre e prendevo la cosa con ironia..lo consideravo quasi uno scherzo. Pian piano però, la lista, partita con due o tre elementi, si è allungata e, soprattutto, si è inserita nella mia testa col risultato che, quando giro fra i banchi del supermercato.. è un vero dramma: guardo con amarezza i pacchi di merendine, le scatolette di latta, i preparati industriali (quelli comodissimi e che una volta stazionavano nel mio frigo)…se passo dai congelati poi, l’amarezza diventa fortissima. Il problema è che tempo fa nel mio frigo qualche cosa di pronto per l’esigenza dell’ultimo minuto c’era..ora non più! peccato che, di esigenze dell’ultimo minuto invece ce ne siano sempre in quantità e a volte non so che cucinare! Tanto è vero che qualche cubo malefico (vedere lista seguente) vi confesso che c’è..si nasconde bene ma c’è..perchè la minestrina serale fa sempre la sua figura con i bimbi di età inferiore ai 10 anni. Dopo la confessione di essere una mamma sciagurata e una moglie rompiscatole, vi faccio vedere la famosa lista nera: mi aspetto ingiurie, occhi sbarrati e proteste (riporto la lista da Gennarino):
Lo so… il mondo senza alcune di quelle cose potrebbe non avere senso..ma putroppo ho letto le etichette con i rispettivi ingredienti e oramai il danno è fatto! C’è da dire che non sono una integralista e che qualche volta, a rotazione, quei prodotti finiscono nella mia cambusa (si mimetizzano e poi spuntano fuori nei momenti del bisogno)! ma è meglio non dirlo in giro!
Il fatto è che quella lista mi fa stravolgere le ricette che vedo. Per esempio, su un giornale c’era la foto di un bel timballo, guscio di pasta sfoglia, anelletti, noci, panna…ho tutto??? Hummm..la pasta sfoglia ce l’ho, ma è quella industriale, quindi leggo gli ingredienti e che trovo??La sostanza lipidica industriale, ovvio! Valutando che la mezz’ora a disposizione non fosse sufficiente per preparare la pasta sfoglia homemade, ma volendo fare a tutti i costi quel primo, ho deciso di puntare, come guscio, su una classica pasta frolla (in fondo tanti timballi del sud vengono fatti così). La panna ..no, la evitiamo. Che mi rimane? Gli anelletti non ce li ho, e mi faccio andar bene la pasta maritata! insomma…quello che vedete è ciò che è venuto fuori!
RICETTA: TIMBALLO IMPERIALE
Ingredienti
Procedimento
Nella planetaria, impastare lo strutto con lo zucchero (lo strutto dà una particolare morbidezza alla frolla), aggiungere l’uovo, il sale e l’acqua fredda e infine la farina. Mettere a riposare in frigo per almeno 2-3 ore. Se non avete la planetaria va benissimo anche fatto a mano. Passare al mix l’aglio, l’olio, le noci, il parmigiano, il sale e un pizzico di pepe fino ad ottenere una crema. Lessare la pasta al dente (basteranno 6-7 minuti di cottura), conditela con pesto di noci, con i piselli e con i tuorli delle uova precedentemente sbattuti. Incorporare gli albumi montati a neve. Foderare una teglia con la pasta frolla, aggiungere la pasta condita e mettere in forno a 180° per 25-30 minuti.
Con questa ricetta partecipo al contest di Farina, lievito e fantasia Frutta in pentola