Il problema serio è che la Flavia mi ha fatto venire in mente tante idee su come usare la benedetta brisée di roux, sfida di questo mese dell’mtc. Torta salata o quiche, con le differenze del caso. Ma in mente ho almeno altre tre versioni. Non ho idea se riuscirò a farle tutte (ma la Flavia può tranquillamente cominciare a preoccuparsi per il proliferare di post da sorbirsi). Il progetto però c’è e le intenzioni anche!
Come spesso capita, i racconti di questo blog cominciano con una telefonata e questo post in particolare non poteva farne a meno.
Lei: “ senti, stavo pensando che arriviamo dopo ora di pranzo: che dici, faccio un po’ di panini?”
Io: “mah, in effetti, magari solo due, una cosa leggera.”
Lei: “ci metto al parmigiana di melanzane? Quella cilentana, indorata e fritta, eh?”
Io …
Le voglio bene davvero, alla nostra Flavia. L’ho vista una sola volta ma ancora ho nelle orecchie la sua risata contagiosa e il modo divertente e istrionico di raccontare le cose. Stai lì con la bocca un po’ aperta ad aspettare che il racconto prosegua. E non è che lei ti faccia attendere, perché è un fiume in piena e quindi sei tu che devi fare lo sforzo di far girare il cervello velocemente, per tentare di starle dietro.
Avevo voglia di una torta fresca e di frutta. Che per me non è che sia una cosa scontata, considerando che potrei campare di dolci al cioccolato e nocciole e mandorle, etc etc. Ma stavolta ha vinto il potente richiamo di primavera che sta circolando in questi giorni a casa mia. In effetti ci sto poco, ma l’altro giorno ero lì, nel giardino, vicino al mio albicocco in fiore, con un sole incredibile che dai fiori si rifletteva sul viso.
“Senti sorè, ma una bella cheesecake, come quelle che fanno a New York, non la potresti fare per me e i miei amici, che la mangiamo a capodanno?”
No, non è che mio fratello si voglia portare avanti con le richieste, in leggero anticipo sui tempi. In realtà, questa è stata la richiesta di circa un anno fa (per il 31 Dicembre 2013, per la precisione).
Di cheesecake se ne vedono e se vedevano tante, però il “come fanno a New York” mi mise in crisi. La caratteristica era precisa.
Prima che sia troppo tardi. Prima che inorridiate al solo pensiero. Prima che le temperature diano il via al fiorire di dolci freschi, con fragole, panna, creme, cose primaverili et similia.
Dovevo postarle.
In preda alla lettura spassionata di Le mie 24 ore dolci di Gianluca Fusto, mi sono messa a sperimentare le sue basi. Sperimenta di qua, sperimenta di là, vengono sempre cose buone e valide nonostante la mia fretta, il poco tempo, la poca precisione. Miracoli di Gianluca.
Alla faccia della crostata campagnola. Gianluca Fusto ha scelto questo nome per una crostata con tanti sapori del sud e dell’estate: pasta di mandorle, mandorle, pistacchi, albicocche, limoni.
Ok, le albicocche non sono proprio di stagione e non ho potuto eseguirne la composta ma ho optato per una confettura di albicocche metodo Ferber e via. Mi sembra che la sostituzione sia stata degna.
A San Valentino e dintorni si vedono tante frasi, tanti commenti lanciati e lasciati alla persona amata, specie sui social.
Finisce sempre che:
se c’è un amore, è mio, se ci sono due corpi, c’è un’anima sola, se c’è un dopo, è dopo tanti anni, se ci si ama, è follemente, se c’è un amore, è tutti i giorni e non solo a San Valentino, si ci sono due cuori, c’è una capanna, se c’è una passione, è folle, se ci si ama, è come il primo giorno, se è più di ieri, è meno di domani.
La crema pasticcera, quanto è buona? Quella che avanza poi, ha un non so quale appeal che ti fa prendere un cucchiaio e mangiarla. Il “Posso lasciare questo po’ di crema nella ciotola? Neanche a sporcare un contenitore, per una simile quantità.” è più o meno il pensiero costante.