Il conto alla rovescia per il Natale è ufficialmente cominciato. Quest’anno, a differenza di altri, da qui all’estate il tempo mi è volato e mi ritrovo a stringere fra le mani carta da regali e nastri colorati senza neanche rendermene conto.
Sarà un periodo lavorativo intenso più del solito ma ancora non mi ero dedicata alle preparazioni natalizie..e dire che comincio sempre in anticipo io, specie dal punto di visto culinario.
Dopo la torta di mele, ecco la seconda ricetta preparata per Dissapore: il gelato al panettone…con uvetta, granella di mandorle e quadretti di panettone.
E’ in tema natalizio, facile da preparare e servito con una buona fetta di panettone caldo ha il suo perché!
Si parla di panettoni, quelli buoni: provate a lasciare un commento indicando il vostro panettone preferito e potrete vincere 12 kg di Pasta Garofalo!
Dall’invasione di panettoni e torroni cui sono stati soggetti i supermercati vari, possiamo ufficialmente dire che i Natale sta arrivando. O almeno lo vediamo in lontananza!
Sarà che i miei figli compilano letterine per Babbo Natale da circa due settimane e che cantano Jingle Bells mentre disegnano, ma quest’anno mi sembra che l’atmosfera natalizia mi stia contagiando. Tanto che sto pensando con un pizzico di anticipo ai regali da fare a colleghi ed amici, ovvero un pacchetto di biscotti fatti in casa. E’ un classico e se lo aspettano! Fortunatamente, con piacere anche.
Tempo di gelato. Sì perché, sia chiaro, per quanto mi riguarda il gelato non si mangia solo d’estate ma sempre. In ogni periodo e ogni latitudine, giorno o sera, mattina o colazione il gelato ci sta.
Era un po’ che non lo facevo e l’esplosione dei marroni, in bellissima vista sugli scaffali della mia fruttivendola mi ha fatto venire in mente che io, io quoque, non avevo mai unito la passione per il gelato con quella per le castagne.
Lo so, da un po’ di tempo se non son titoli lunghi non li vogliamo!
Eravamo rimasti alla versione più delicata delle mie raviole del plin.
Ma non di sola delicatezza vive l’uomo, che in alcuni casi ha bisogno di quel gusto piccante in più!
A casa mia la ‘nduja non manca mai. Sarà che siamo durante le ferie siamo sempre in zone calabre o calabro-confinanti, sta di fatto che la scorta annuale non manca mai.
E l’MT challenge è tornato. E con un argomento che ho amato da subito: le raviole del plin Di Elisa.
Pensavo con soddisfazione che l’MT è un gioco e che con tale leggerezza va preso. Dargli altro valore intrinseco sarebbe fuorviante e scorretto. Però che gioco, ragazzi. Sto conoscendo piatti di cui ho sempre solo sentito raccontare o che al massimo ho vissuto da turista.
Folgorata da una ricetta. In realtà, ad essere precisi, da una ricetta, da uno chef e da un racconto fatto da Giovanna. Niko Romito l’ho conosciuto quest’anno a Le Strade della Mozzarella e, mentre ero in piena estasi culinaria dopo aver assaggiato il piatto proposto durante il laboratorio, Giovanna mi raccontava del suo Assoluto di Cipolle. Inutile dire che, appena ho potuto, sono andata a sbirciare e, appunto, folgorazione fu.
“Mamma, io vado in un’isola”
Frase d’esordio di Albertino, in un caldo ma non troppo pomeriggio d’estate.
“Ah. E dove?”
“In mezzo al mare”
“ottima scelta, un’isola in campagna non è comoda”
“ti devo avvisare quando ci vado?”
“sarebbe molto cortese da parte tua, ti ringrazio”
Loro, le ricce, son le mie preferite. Soprattutto calde, col guscio croccante e quel ripieno morbido e ricco mangiato tante volte in mezzo alla strada perché non potevo aspettare di arrivare a casa. Le frolle non le vedevo nemmeno se c’era una riccia una giro. Le ho scoperte dopo, con gli anni (ehhh..la vecchiaia porta saggezza, almeno limitato a questo caso).
Ogni tanto i miei hanno il potere di smontare tutti i miei entusiasmi culinari.
Avevo tutto il tempo, tutta la voglia e (quasi) tutti gli ingredienti per preparare ciò che avevo in mente per Pasqua (che come al solito avrei trascorso all’amatissimo paesello paterno, Sapri-ultimo paese della Campania-ndr) quando mio padre, in piena telefonata di prima mattina, quella fatta per sapere come stesse Albertino (sceso precedentemente con loro), mi apostrofa con un “non fare dolci, non fare niente, che qui non possiamo mangiare tanto e basta”. Nessuna possibilità di appello.