Anni fa , non ricordo dove fossi, vidi la copertina di un libro che mi colpì profondamente: fondo nero e, su un’alzatina trasparente, delle splendide pesche di prato. La scena era tutta per loro: erano semplicemente perfette. In molte pasticcerie si trovavano (e si trovano) le pesche (la denominazione “di Prato” non viene quasi mai aggiunta qui a Roma)…ma si vedeva lontano un miglio quanto quelle della copertina fossero diverse. Ho sfogliato quel libro velocemente, ricordo che avevo pochissimo tempo. Poi all’epoca non avevo ancora la passione per tutti i libri di cucina..quindi lasciai il libro. Me ne sono pentita quasi subito, anche perché non l’ho più ritrovato. Potete quindi immaginare cosa ho provato quando me lo sono ritrovata fra le mani, complice la partecipazione al contest di Simona, cib’arte.
La casa editrice con cui collaboro, La Malvarosa Edizioni, insieme alla casa Vinicola TerredaVino presenterà, durante l’evento il Galà delle Stelle 2012, il libro “Fornelli in rete” di Francesca Martinengo e, per “festeggiare” l’uscita del libro, ha deciso di legare ad essa un contest, che ha per protagonista uno dei vini moscati di Terredavino, La Bella Estate (molti dei vini di questa casa vinicola, hanno il nome di una delle opere di Cesare Pavese, come omaggio al grande scrittore, originario di quelle terre). In questa occasione ci hanno quindi proposto una piccola sfida, ovvero quello di abbinare un piatto salato ad un vino moscato passito.
Questa è stata una settimana cruciale e giornali, televisioni e radio hanno dato grande spazio alle due domande che hanno attanagliato i pensieri della maggioranza degli italiani, la seconda delle quali continua a non avere risposta certa: chi è meglio, la Canalis o Belen? Fortunatamente, alla prima abbiamo avuto invece una risposta più che esaustiva, che non lascia adito a dubbi. Ora sappiamo se Belen porti o meno la biancheria intima e, accertata la verità, siamo tutti più tranquilli, a maggior ragione che a fornirci la risposta è stata la protagonista stessa, che ha ritenuto opportuno darci spiegazioni con dovizia di particolari.
Doveva essere una cosa semplice…”ne può venir fuori qualcosa di sontuoso” diceva l’Alessandra più esplosiva del web..ma io lo sapevo che mi sarei dovuta scervellare. Eh sì, perché l’MT challenge di questo mese (e non ditemi che non conoscete l’MT….) prevedeva, come piatto, proprio il patè! Certo, degnamente accompagnato da qualcosa di particolare, ma sempre di tirare fuori un patè si trattava!
“Agatì, dammi la mano che t’insegno. Devi girare la forchetta in questo modo. Gira, non ti scantare, forte che diventa liscia……Lei voleva diventare la sposa di Gesù, aveva deciso di consacrarsi a lui e nessuno ci poteva a farle cambiare strada. L’atteggiamento di virginedda timida eccitò i sensi del console. Prima o poi te ne accorgerai anche tu che qui in Sicilia, isola di cruzzuni, i desideri delle donne non contano niente, mentre quello che vogliono gli uomini diventa destino.”
A volte capita che il periodo non sia dei migliori. Vuoi per una lettera giunta da lontano, un risultato che non doveva arrivare, un carico che la pazienza stenta a portare avanti..insomma, capita a tutti di dire un bel “non ce la faccio più”. Non è questione di non pensare e mettersi in cucina a sfornare una coccola culinaria…certe volte non basta e non serve. Però fortunatamente esiste qualcosa o qualcuno che un sorriso te lo strappa sempre.
Mucche che pascolano vicino alle note rovine romane, una popolana che porta la legna sulle spalle, niente elettricità ma solo la luce delle candele…
No, non sono finita in uno scorcio spazio-temporale di roma antica e nemmeno voi se è per questo. E’ che mi piace andar per mercatini natalizi e girovagare fra bancarelle e paesini, anche se magari non mi compro nulla..ma starei ore a guardare capanne e vetrine natalizie. Cosa c’entra con queste immagini? C’entra, perchè quella non è Roma antica ma il presepe che potete (ancora) trovare nella Cattedrale di San Pietro a Frascati, gioiello dei Castelli romani, dove vado spesso perchè ho la fortuna di abitare non troppo lontano da lì. E’ sempre bello guardare un presepe, e in Italia se ne trovano di tutte le epoche: antico, medievale, rinascimentale, settecentesco.. nei secoli ogni periodo storico ha adattato il presepe e i suoi personaggi al proprio tempo, trasportando la Sacra Famiglia nei propri modi di vivere, nella propria realtà e modi di essere. In questo viaggio attraverso i secoli una cosa rimaneva sempra la stessa: la nascita di Gesù Bambino, il suo essere indifeso ma anche il suo essere luce di speranza. Devo ammettere però che un presepe ambientato nella Roma antica ancora non mi era mai capitato e vale davvero la pena andare a visitarlo. Ne sono rimasta incantata anche perchè è stata una sorpresa! A Frascati c’è (fino al 7 Gennaio) un mercatino natalizio. Impossibile per me resistere quindi, complici qualche ora di tempo libero, siamo andati a visitarlo e mentre guardavano le casette di legno piene di strenne, lo speaker dell’amministrazione ci ha invitato ad andare a visitare il presepe nella Cattedrale…e questo è quello che abbiamo trovato.
E nel mercatino potrete trovare tante cose per riempire le calze della Befana (che credo arriverà di persona insieme a Babbo Natale…parola di speaker!) o tanti oggettini meravigliosamente inutili (Dio solo sa perchè non sono tornata carica di tovaglie che non si stirano e non si macchiano, sciarpe con chiusure gioiello, bouquet di fiori finti, oggetti in legno di tutte le forme e dimensioni, cappelli da elfo e dolciumi di tutti i tipi).
E poi finita l’esplorazione del mercatino, può cominciare quella di Frascati che ogni volta svela piccoli angoli sorprendenti….romani (e non) se siete nei paraggi perchè non approfittate????
Maria Carolina d’Austria, tredicesima figlia di Maria Teresa D’ Asburgo, sposò nel 1768 Ferdinando I di Borbone, per rafforzare l’alleanza austriaca con la Spagna, governata dal padre di Ferdinando, Carlo III. In realtà ne lei era la sposa designata (doveva essere la sorella maggiore, che morì prematuramente di vaiolo) ne lui doveva essere l’erede al trono essendo terzogenito ma una serie di circostanze sfortunate li portarono alle nozze: lei bella, colta, raffinata e figlia di una delle donne con più senso politico della storia, lui con un’educazione rozza, poco curata, non bello (per il suo naso a forma di bolla era famoso per essere chiamato Re Nasone), abbastanza indolente ma di buon senso. Oggi diremmo una coppia malassortita, che ebbe però 18 figli (di cui solo 7 viventi) e che portò numerose riforme nel Regno (come la revoca del divieto delle associazioni massoniche), seguendo l’inclinazione di Maria Carolina verso l’Assolutismo Illuminato.
Maria Carolina prese in mano le redini del Regno, soprattutto dopo la nascita del primo figlio maschio (una clausola del Matrimonio, voluta da Maria Teresa, prevedeva che la regina entrasse nel consiglio di Stato dopo la nascita dell’erede al trono) . La Regina viene anche considerata una femminista ante litteram, essendo la promotrice del Codice Leuciano, in cui si prevedeva grande attenzione al ruolo della donna, tanto da sancirne l’uguaglianza con l’uomo. Non fu molto popolare, forse perchè il suo scopo era quello di trasformare il Regno in una base nel Mediterraneo per l’Austria o forse perchè tutte le riforme e le leggi non erano per il popolo ma per la sua ambizione.
Perchè vi parlo di Maria Carolina? Perchè questa donna è una figura fondamentale (e inconsapevole) per la storia e la tradizione della cucina italiana e in particolare per la cucina campana e siciliana. Infatti, quando si sposò, Carolina introdusse con insistenza i cuochi francesi, simbolo di eleganza e ricchezza, all’interno della corte borbonica, dando impulso all’ingresso della figura del Monzù nella case di tutti i nobili del regno. Il Monzù (Monsù in siciliano..e ne riparleremo), traduzione dialettale di Monsiuer, era molto più di un cuoco. Aveva un ruolo riconosciuto all’interno della casa, come artista che aumentava il prestigio della famiglia. L’arrivo del Monzù e delle ricette della cucina francese diede avvio alla fusione dei capisaldi della cucina d’oltrealpe con la tradizionale cucina campana e siciliana, con i risultati che noi fortunati possiamo gustare ancora oggi.
La storia dei Monzù è per me davvero interessante. Se penso al Monzù, il primo piatto (o capolavoro che dir si voglia) che mi veine in mente è il Timballo di pasta: ricco, succulento e esteticamente appagante rappresenta benissimo la necessità di stupire gli ospiti di una cena nobile. Ne parlavo poco tempo fa con Luciano Pignataro e gli ho chiesto una ricetta che ritenesse affidabile. Lui mi ha gentilmente inviato una nota di Raffaele Bracale, nota in cui è riportata una ricetta che non mi aspettavo : un timballo (o timpano) di pasta in bianco, senza sugo e con molte verdure, patate e formaggio. Dovevo provarlo e questo è il risultato. Vi lascio la ricetta anche perchè mi sembra adattassima per queste feste di inzio anno. Tra le cose molto interessanti che scrive su questo timpano con ragù di ortaglie, Raffaele Bracale conclude la sua nota con una frase”
“Mangia Napoli, bbona salute! E scialàteve!”
E per me quello “scialateve” è bellissimo!Ha un mondo di significato dietro, come spesso accade alle parole dialettali napoletane! E’ usatissimo nella famiglia di mio padre e lo uso anche io …diciamo che mangiando questo timballo l’espressione più adatta è “mi sto scialando”!
RICETTA: IL TIMBALLO ALLA MANIERA DEL MONZU’ (versione campana)
Ingredienti (per 6 persone)
Procedimento
In una pentola alta unire olio, aglio, carote, patate e zucchine mondate ed affettate. Aggiungere cipolle , sedano, basilico ed una presa di sale grosso. Lasciate stufare il tutto per circa venti minuti.Alla fine unire il macinato, bagnare con una tazza da tè d’acqua bollente e lasciar cuocere per altri quindici minuti; aggiustare di sale e pepe rimestando benissimo. Lessare molto al dente la pasta in acqua salata (pugno di sale grosso) ed aggiungerla allo stufato di ortaglie e manzo cosí ottenuto. Aggiungere i cubetti di salame, rimestare e mantecare a mezza fiamma con due cucchiai di burro ed il formaggio pecorino grattugiato finemente. Verniciare ed ingranire con un po’ di burro e con il pane grattugiato fondo e parete di uno stampo alto a calotta sferica, formare un primo strato di pasta condita ed aggiungete uno strato di fiordilatte o di provola a fettoline; formare un secondo strato di pasta condita,pressare un poco la pasta e spolverizzare di pane grattugiato, aggiungere alcuni fiocchetti di burro ed infornare in forno caldo a circa 180° per 15/20 minuti, lasciare gratinare per qualche minuto prima di servire ben caldo.
Vini: Corposi vini rossi campani (Solopaca, Aglianico, Piedirosso,Campi Flegrei d.o.c., Taurasi), stappati un’ora prima di usarli, possibilmente scaraffati e serviti a temperatura ambiente (Se Luciano avesse, per il vino, ulteriori suggerimenti sarò lieta di aggiungerli… :D )
E infatti…ecco la proposta di Luciano per il vino : Exultet 2006 di Quintodecimo o il Vigna della Congregazione 2005 di Vigna Diamante!!!!
Qualche tempo fa, nel pieno dei preparativi natalizi, un pomeriggio Albertino ed io eravamo impegnati nell’arduo compito di riscrivere la poesia natalizia, o meglio, lui riscriveva la poesia indicata e io dovevo guardarlo. La Pasionaria, evidentemente presa da spirito intelletualistico, mi guarda con serietà e mi dice : ” Mamma, ora lavoro anche io: mi metto a disegnare”. Prende un foglio e due pennarelli, si siede vicino al fratello e comincia.
Ad aprire giornali e pagine di internet di notizie con effetti devastanti sulla nostra psiche se ne trovano a bizzeffe: dalla crisi finanziaria alle tredicesime che sembrano un miraggio, dalla situazione internazionale a quella, tutt’altro che tranquilla, italiana c’è di che restare impressionati. Leggi di tutto e il contrario di tutto e quando pensi che non ne puoi più ecco arrivare la notizia che cattura la tua attenzione per l’impatto che ha sulla società civile. Quella che ho letto io mi ha veramente lasciata …senza parole è dire poco.