Cristian, per l’MT challenge di questo mese, ha scelto una ricetta da far tremar le vene ai polsi. O almeno, far tremare le mie vene e i mie polsi. Il fatto è che ha scelto la tiella di riso patate e cozze…piatto di riso quindi. E, tanto per fugare ogni dubbio, il riso e i piatti che ne possono derivare sono estremamente difficili.
Confesso che alla stesura della prima sfoglia ho provato due diversi tipi di sentimenti: grande ammirazione per le massaie liguri e voglia di iscrivere la Ale nella seconda posizione della mia agendina nera, perché le voglio bene e quindi il primo posto potevo risparmiaglielo. Certo è che non avevo ben capito questo movimento dei pugni, col risultato di aver bucato inesorabilmente la prima sfoglia.
La terra, rossa. Tanto ricca e pietrosa quanto generosa con coloro che sono in grado di domarla. Costellata di sassi, (le chiancole) con cui i contadini costruivano i muretti a secco, così comuni in campagna. Quel colore rosso non lo ritrovo nella terra di nessuna altra regione, è caratteristico della Puglia e in particolare della Valle d’Itria, quella valle incantata fra Ostuni, Ceglie, Cisternino e Martina Franca dove fanno bella mostr i trulli, con le loro infinite storie da raccontare e con le cupole che le mantengono al sicuro.
Questo mese l’MT challenge ci ha messo di fronte a uno dei piatti cult della cucina francese: le crepe. E’ vero, si fanno anche in Italia e si chiamano crespelle … e anzi, storicamente sono i francesi che le hanno prese dall’Italia ma vi confesso che la parte più profonda di me pensa che come le fanno i francesi , nessuno mai!
Dove eravamo rimasti? Eravamo rimasti che quest’estate, poco prima di tornare a Roma (e per poco prima intendo proprio pochi minuti prima di partire) ero in Puglia, per la precisione a Ceglie, nel Bar Centrale a rifornirmi di Biscotti Cegliesi e dolcetti vari di una bontà infinita. Ero lì che guardavo quelle meraviglie e da brava adepta di Gente del Fud, chiedevo il permesso di poter segnalare sul sito questi prodotti, quando il signore dopo di me mi fa ” Permette? Perchè non inserisce anche i bocconotti martinesi del Bar Tripoli, nella versione ricotta e pere? Sono una poesia” . I bocconotti martinesi sono una vecchia conoscenza, almeno nella versione crema e amarena…ma ricotta e pere???? Considerando che la torta ricotta e pere è uno dei miei dolci preferiti, non è che potessi far passare questa notizia bomba senza darle la giusta importanza..ma stavo veramente partendo e quindi ho dovuto, molto a malincuore, non fare la prova provata della poesia di dolcetti.
Però la notizia si era ben sedimentata. Fatto sta che fra una cosa e l’altra non ci avevo più pensato, finchè qualche giorno fa, cercando tutt’altro, ho letto il commento di una persona che era stata a questo benedetto Bar Tripoli e che tesseva le lodi dei bocconotti ricotta e pera. Eh no. Questa era una vera e proprio provocazione. Questa volta mica potevano farla franca. Posto che un giretto dalle parti di Martina Franca era in quel momento impossibile, ho deciso di riprendere la sperimentazione lanciata da Ornella e di provare i bocconotti ricotta a pere…ammodomio s’intende :D ! Non ho idea di come siano gli originali (e dovrò aspettare un bel pò prima di poterli verificare) ma questa versione mi è molto piaciuta quindi i bocconotti ricotta e pere entrano di diritto a far parte della mia personale lista dei desideri dolciferi.
RICETTA: BOCCONOTTI RICOTTA E PERE
Ingredienti
Per la frolla:
Per il ripieno
Procedimento
Impastare nella planetaria il burro ( temperatura ambiente) e lo zucchero, aggiungere le uova, l’acqua e le farine miscelate (si può fare tranquillamente anche a mano). Formare una palla e mettere a riposare in frigo per almeno due ore. Tagliare le pere a tocchetti, mettere un pò d’olio evo in una pentola, aggiungere le pere, lo zucchero e il limoncello e far cuocere a fiamma bassa. Le pere richiedono una cottura abbastanza lunga: tireranno fuori un bel pò di liquido. In genere spengo quando quel liquido si è assorbito ed è rimasto solo la composta di pere. Mentre le pere cuociono, setacciare la ricotta, aggiungere i 100 gr di zucchero e mescolare bene. Riporre nel frigo. Quando le pere si sono raffreddate, riprendere la frolla, stenderla e riempire degli stampini per i bocconotti con la frolla. Depositare sulla base di frolla uno strato di ricotta, aggiungere una cucchiata di pere e chiudere tutto con un cerchio di frolla del giusto diametro. Mettere in forno caldo a 180° per 45 minuti (a me è servito questo tempo ma regolatevi col vostro forno). Importante: una volta pronti, far riposare a testa in giù il bocconotto caldo fino a completo raffreddamento (serve sia per evitare bolle d’interne che per ottenere una superficie piatta). Spolverare con zucchero a velo..e buona poesia!
Quando torno dalle ferie, arrivo a casa carica dei regali gastronomici (sempre graditissimi!) che mi fanno i vari parenti. Siccome solitamente l’ultima tappa del viaggio estivo coincide con un soggiorno in Valle d’Itria, il mio bagagliaio è normalmente carico di prodotti pugliesi provenienti direttamente dai terreni e dai giardini dei nostri zii e cugini (olio, marmellata, pomodori, formaggi vari, friselle, taralli, etc etc).
Quest’anno però ho avuto un inconveniente: mi hanno regalato 5 grappoli d’uva. Eh, direte voi, e allora? buona l’uva..te la mangi e via. Si dà il caso però che quella fosse uva Italia. Io non so se ce l’avete presente ma vi posso dire che con 5 grappoli avevo 13-kg-di-uva-dico-13. Mi spiace non averla fotografata perchè era uno spettacolo! Grappoli immensi, sui 60 cm e acini grossi più o meno come palline da ping pong e non è una battuta! Bellissima da vedere, indubbiamente, ma purtroppo questa super uva ha, come tutta l’altra uva normale, la brutta tendenza a deperirsi. Non sapevo veramente come fare! Un pò l’ho mangiata, un pò l’ho regalata (a malincuore), un pò l’ho messa nella grappa e con i restanti 5 kg? Puglia per Puglia, mi è venuto in mente che io solo lì mangio una marmellata che mi fa impazzire: la marmellata di uva bianca…e che marmellata sia. La ricetta l’ho presa da qui (così come quella per l’uva nera sotto grappa)..diciamo che ho fatto un mix fra il primo e il secondo tipo. Avendo quindi un pò di barattoli di marmellata, oggi ho provato a fare dei dolci che mangio spessissimo d’estate. Hanno una pasta fatta solo con farina, olio e vino bianco e un ripieno di marmellata (che può essere di uva, fichi, amarene, ciliege, etc etc). La ricetta me l’ha passata mia zia Giovanna e quindi la ringrazio molto perchè l’ho trovata ottima. Come per molti dolci tradizionali, ogni famiglia ha la sua ricetta personale (mia zia ne ha anche più di una..) ma ho provato questa e l’ho trovata buona!
RICETTA: FAGOTTINI DI MARMELLATA DI UVA BIANCA
Per la marmellata:
Ingredienti
Procedimento
Far cuocere a fuoco moderato, senza aggiunta d’acqua, l’uva ben matura unita allo zucchero. Mescolare spesso e lasciar cuocere fichè avrà preso la giusta consistenza. Se la si desidera meno grumosa, passarla al minipiemer e poi metterla calda nei vasi sterilizzati, chiuderli e capovolgere il barattolo. Lasciare in questa posizione fino a completo raffreddamento.
Per i fagottini
Ingredienti
Procedimento
In un pentolino, scaldare l’olio e il vino fin quasi a bollore. Versare son cautela culla farina e impastare fino ad avere un impasto omogeneo (io l’ho fatto con la planetaria, usando la folgia). Far riposare l’impasto finchè diventa a temperatura ambiente. Stendere l’impasto, ritagliare dei cerchi di circa 8 cm di diametro, riempire con la marmellata d’uva una metà del cerchio, ripiegare a metà e chiudere il fagottino. Ricoprire una teglia di carta forno, poggiare i fagottini e cuocere per 45 minuti a 170°-180° (dipende un pò dal forno..)
Penso che la par condicio sia uno dei principi più importanti da rispettare: chi sono io per parlare solo di una parte del parentado, la parte paterna?? E’ chiaro che la parte materna, potrebbe e a ragione, risentirsi. Specialmente se uno ha la fortuna di avere tutta la famiglia da parte di mammà di origini rigorosamente pugliesi, anzi di più, residente in quel meraviglioso triangolo delle Bermuda italiano costituito da Martina Franca-Ostuni-Ceglie Messapica (Triangolo delle Bermuda perchè il turista che va lì la prima volta, spesso e volentieri non torna più: decide di comprarsi un trullo e rimanere nella Valle d’Itria)!
La vita a volte è dura. Mia nonna, Nonna Rosa, è attaccatissima alla sua terra e alla sue tradizioni, in special modo quando si tratta di gastronomia. Avete presente cosa voglia dire mangiare tutte le domeniche della propria infanzia e giovinezza orecchiette, maccheroncini, purè di fave, peddica, pane di patate, cacio ricotta, etc etc..? Lo so, è un duro lavoro ma qualcuno deve pur farlo :)!
Mia nonna è veramente un personaggio fuori dal comune: è la memoria storica della famiglia, ma anche la memoria di un mondo lontano che, grazie ai suoi racconti, sembra sempre vicinissimo. Fortunatamente, lei racconta spesso le cose che accadevano 70 anni fa! Mi racconta dei trulli, del suo amato padre e della sua mamma (presa fra un anno di gravidanza e uno di allattamento!), dei suoi 10 fratelli e sorelle, delle cose accadute durante il fascismo, delle piccole disavventure quotidiane che, con 10 piccoli scatenati che scorrazzavano in una masseria, erano all’ordine del giorno e lei, essendo la sorella maggiore, era quella che si occupava dell’organizzazione di tutto e della soluzione dei problemi. Dai suoi racconti viene sempre fuori un amore per la terra e per gli animali che a volte, faccio quasi fatica a comprendere, per quanto è intenso. Sono passati 70 anni ma ancora descrive quella bella gallina padovana che girovagava nel pollaio, alta e imponente e che faceva tante uova. Un giorno, un fratello e una sorella più piccola di mia nonna, avevano deciso che volevano vedere la gallina fare le uova. Mia nonna però, aveva detto loro che avrebbero dovuto aspettare il giorno seguente, perchè le aveva già fatte e non se ne prevedevano più. Sapete com’è, la voglia di sperimentazione scientifica dei miei futuri zii era tale, che decisero di “forzare” un pò quella povera gallina. Il lavoro non deve essere stato per niente semplice, dato che una teneva la gallina e l’altro aveva deciso di andarsi a prendere direttamente nel” luogo di origine” il famoso ovetto fresco. La via fisica per arrivare all’uovo che percorse mio zio e lo scempio che fecero di quel povero animale, ve lo lascio immaginare. Mia nonna ha ancora gli occhi lucidi quando lo racconta… parla ancora di quella gallina con affetto. Affetto per niente condiviso, credo, dai suoi ultimi padroncini, dato che della punizione per aver fatto un danno all’animale, all’amministrazione familiare e non ultimo, per aver disobbedito si occupò personalmente la sorella maggiore in carica ( e con certezza posso dire che la gallina ricevette giustizia).
La bella iniziativa di Ornella, “i pasticciotti ammodovostro“, mi ha dato modo di ripensare a tutte queste cose..e non potevo esimermi dal cucinare un bocconotto ( Ornella parla più dei pasticciotti leccesi ma poi vira anche sui bocconotti martinesi e siccome io sono spudoratmante di parte, faccio il bocconotto martinese ammodomio, che poi è parente strettissimo del pasticciotto leccese!).
RICETTA: BOCCONOTTO MARTINESE English version
Ingredienti
Per la frolla:
Per la crema pasticcera (ho modificato di poco la ricetta indicata da Ornella di Paola D’Onofrio)
Per il ripieno e per decorare
Procedimento
Impastare nella planetaria lo strutto e lo zucchero, aggiungere le uova, l’acqua e le farine miscelate con l’ammoniaca (si può fare tranquillamente anche a mano). Formare una palla e mettere a riposare in frigo per almeno due ore. Intanto, preparare la crema: sbattere i turoli con lo zucchero, aggiungere la vaniglia, il pizzico di sale, l’amido e il latte e la panna riscaldati quasi a bollore. Cuocere a fiamma lenta finchè non si rapprende. Formare i pasticciotti. La forma classica sarebbe ovale ma io avevo solo lo stampo rotondo. Imburrare gli stampini (serve a rendere croccante la base della frolla), stendere la frolla, con un coppasta circolare tagliare dei cerchi, sistemarli negli stampi e bucherellare il fondo. Riscaldare il cucchiaio di marmellata al microonde e passarne un velo sul fondo del pasticciotto con un pennello (serve sia ad impermeabilizzare il fondo che a ricordareil gusto dell’amarena). Mettere un bel cucchiaio di crema pasticcera, sistemare un’amarena al centro e coprire con un dischetto di frolla la sommità del pasticciotto. Spennellare con il bianco d’uovo e mettere a cuocere in forno caldo a 180° per 25 minuti.
Un suggerimento molto importante di Ornella, è quello di far freddare i bocconotti a testa in giù, una volta sformati (così si evita la formazione di cavità all’interno del dolcetto). Questo suggerimento lo adopererò anche in altre tartellette ripiene (vedi quelle salate con la ricotta, quelle con le mele, etc..).