Cannoli siciliani. Basta o no, solo il nome, a evocare mugolii di soddisfazione, occhi sognanti, e sguardo perso? Troppo poco? Forse sì.
Che poi le discussioni sono infinite: ma ci va o no la cioccolata? E l’arancia candita? E la zuccata? Vuoi dirmi che non metti il Cedro?
Passato un buon Natale con famiglia, bambini, persone care a tanto buon cibo? Sì??
Bene, ne sono contenta! Qui, in casa Planner, si è festeggiato l’ultima vigilia nella vecchia casa e ora siamo entrati nel vortice del trasloco. Ebbene sì, ci si trasferisce in una nuova casa. Scelta bucolica, casa fuori città con grande giardino per vedere la piccola di casa correre stile figlia minore della sigla de “La casa nella prateria”. Scatole di varia dimensione mi aspettano a braccia aperte. Prossimamente su questi schermi.
Ogni tanto i miei hanno il potere di smontare tutti i miei entusiasmi culinari.
Avevo tutto il tempo, tutta la voglia e (quasi) tutti gli ingredienti per preparare ciò che avevo in mente per Pasqua (che come al solito avrei trascorso all’amatissimo paesello paterno, Sapri-ultimo paese della Campania-ndr) quando mio padre, in piena telefonata di prima mattina, quella fatta per sapere come stesse Albertino (sceso precedentemente con loro), mi apostrofa con un “non fare dolci, non fare niente, che qui non possiamo mangiare tanto e basta”. Nessuna possibilità di appello.
Avevo già adocchiato questi dolci fatti da Rossella su Gennarino tempo fa e finora non avevo avuto modo di provarli. Il giorno prima della Befana, invece, mi si sono messa di impegno: dovevo fare un dolce e volevo provare proprio quello. Dopo tutta la Francia presente nelle ultime sperimentazioni (vedi croissant, macaron e Creme Brulée) volevo un dolce tradizionale, neanche tanto conosciuto, di quelli di cui ti vai a ricercare le origine e sapori sconosciuti …un po’ come per le Pastuccelle o per la Cassatelle di Agira (che tra l’altro, guarda caso, sono sempre della stessa autrice !!!) .
Per me il bello della cucina è proprio questo: passare da un dolce complesso nella preparazione e nel sapore ad un dolce prettamente di casa. Da mangiare seduti attorno ad un tavolo con il bicchiere di vino da finire, mentre si spilucca frutta secca o cioccolatini messi in un piatto, senza troppi convenevoli.
Le cassate di ricotta ragusane mi davano proprio questa idea..e poi, lo confesso, non erano affatto scevre dal “trucco” del pasticcere: la coroncina di pasta necessaria a tenere in piedi l’architettura era un piccolo capolavoro inventato dalle nonne che volevo verificare. E funziona, posso dirlo!!!!
Devo però fare ammenda: ho fatto metà impasto, per provare..e alla fine mi sono ritrovata senza un grammo di pasta in più, per fare le crocette che tanto mi piacevano! Quindi le mie cascatelle sono orfane di decorazione!! Motivo in piì per rifarle con la dose indicata! AH…quanto è bello, ogni tanto, fare un bell’impasto con lo strutto…lo posso dire?????
Una nota: l’impasto è una cosa viva che dipende da tanti fattori, dalla farina usata, dalla qualità, dall’umidità, dalla temperatura etc etc. Nel mio c’è stato bisogno di un po’ di vino bianco in più e di un paio di cucchiai di acqua gelata!
Ingredienti
Procedimento
Notes
al tempo totale va aggiunto il tempo di riposo della pasta
Le lucine dell’albero di Natale sono gia’ accese, una melodia natalizia fa da sottofondo, forse un film in televisone che nessuno sta guardando. Lei, la mia nipotina, insolitamente silenziosa, e’ alle prese con la decorazione dell’albero: sta diligentemente disponendo tutti gli ornamenti su due o tre rametti ad altezza d’occhi, suoi ovviamente! Mi fermo a guardarla e per un attimo, torno indietro nel tempo, quando, finalmente, dopo giorni di attesa, assistevo all’illuminazione ufficiale del presepe, spesso accompagnata dalla novena degli zampognari, che mio padre faceva arrivare a casa per l’occasione. Si scartavano i primi vassoi di roccoco’, susamielli, mustacciuoli, sapienze e paste di mandorla, arrivavano I primi piatti di struffoli e la casa profumava di miele, di spezie, di noci e di mandole. Stava per arrivare Natale ed era difficile non essere felici! Di li a breve, ci saremmo ritrovati tutti intorno all’enorme tavolata in casa dei nonni, tutti, anche gli zii ed i cugini che venivano da lontano! Avremmo mangiato, parlato e giocato in allegria fino a tardi e noi bambini saremmo andati a letto poco dopo aver solennemente posto il Bambinello nel suo giaciglio. Stamattina la mia cucina e’ pervasa da quello stesso profumo che lascia presagire l’arrivo imminente del Natale ed e’ in questa cucina, che passero’ buona parte delle mie prossime giornate, tra pentole e ricordi, sperando che un giorno, la mia nipotina possa ricordarsi di questi giorni con lo stesso piacere che provo io oggi.
Quest’anno e’ iniziata la mia avventura con Compagni di Blogger, un gruppetto bene assortito di donne accumunate dalla passione per il buon cibo e la buona cucina, la voglia di continuare ad imparare ed il desiderio di condividere con gli altri, quello che si e’ gia’ imparato. ed e’ proprio questo lo spirito con cui nascono e l’atmosfera in cui si sviluppano le nostre staffette culinarie. Con il Natale alle porte, ognuna di noi ha pensato di regalarvi delle idee per I vostri pranzi delle feste, augurandovi di preparali per le persone che vi stanno piu’ care, con gioia, gusto e divertimento, proprio come e’ stato per noi.
Io ho appena sfornato i “cucciddati”, i primi di una lunga lista di dolci che verranno fuori dal mio forno, nei prossimi giorni. I cucciddati sono dolci natalizi comuni in diverse zone della Sicilia. Il loro guscio di pasta frolla, rigorosamente preparata con lo strutto e non con il burro, nasconde un ricco ripieno che puo’ variare a seconda delle zone o anche delle singole famiglie. Alla base del ripieno piu’ tradizionale ci sono i fichi secchi abbinati a noci e mandorle, ma esistono anche version con sole mandorle. Come il ripieno anche la forma varia. Si trovano cucciddati grandi a forma di corona, decorati con un’apposita pinzetta, punzecchiando la sfoglia esterna. fino a rendere quasi visibile il ripieno. Quelli piccolo invece possono avere anch’essi la forma di piccole coroncine intagliate, oppure di mezzelune o piu’ semplicemente di tocchetti.
Lo so, sono campana di origini, ma e’ stato amore al primo morso con questi dolcetti siciliani ed oggi vorrei proporvi la ricetta che mi fu gentilmente data dalla Signora Bonaccorsi, madre di un mio carissimo amico. E con questa ricetta vi ringrazio per averci seguito anche questa volta e vi auguro Buone Feste a nome di tutte noi di Compagni di Blogger!
Per accompagnare i cucciddati, l’enologo Luciano Pignataro ha suggerito cosi: “Vai con il Marsala di Barco de Bartoli, uno dei grandi della viticoltura italiana, che ci ha regalato vini dolci spettacolari e moderni”
Mi raccomando, non dimenticate di passare a trovare Teresa che ha preparato una vera delizia: il torrone morbido calabrese con il cedro candito!
Ingredienti
Procedimento
Notes
Non avevo a disposizione pistacchi o confettini colorati e quindi ho semplicemente lucidato i cucciddati a corona con lo sciroppo di zucchero.
Con queste dosi, ho ottenuto un cucciddato grande (25 cm di diametro), 6 cucciddati a corona piccoli (10 cm di diametro), 6 mezze corone, ed una quarantina di cucciddati a tocchetti.
Qui di seguito l’intero Menu’ delle Feste di Compagni di Blogger
Antipasti
Primi
Secondi:
Frutta
Dolci
Mi sono segnata in palestra (anzi, centro sportivo che fa più trendy). Mi rendo conto che la notizia è di quelle sconvolgenti ma era cosa che andava fatta. Non si poteva più procrastinare. Prima o poi succede e anche io ho dovuto cedere all’esigenza di andare in palestra, non fosse altro per riuscire a fare due rampe di scale senza arrivare col fiatone a casa. La sportiva di famiglia è mia sorella più piccola, la zia d’america, tornata in Italia da quel dì, che di fitness, palestra e sana alimentazione ne fa una bandiera. Oltretutto èp medico..quindi la rottura di scatole è completa. Come faccio a non seguire i suoi dictat consigli??
“Agatì, dammi la mano che t’insegno. Devi girare la forchetta in questo modo. Gira, non ti scantare, forte che diventa liscia……Lei voleva diventare la sposa di Gesù, aveva deciso di consacrarsi a lui e nessuno ci poteva a farle cambiare strada. L’atteggiamento di virginedda timida eccitò i sensi del console. Prima o poi te ne accorgerai anche tu che qui in Sicilia, isola di cruzzuni, i desideri delle donne non contano niente, mentre quello che vogliono gli uomini diventa destino.”
Negli ultimi giorni ho avuto molti regali e tante sorprese. Sono molto felice quindi di poter cominciare questo post, il primo del blog rinnovato, con ringraziamenti che, con un po’ di commozione, è impossibile non fare. Grazie ad un’amica tanto preziosa quanto brava, che con pazienza e generosità mi ha aiutata , supportata e sopportata nell’idea di cambiare l’aspetto del blog e ha ottenuto un risultato che non avrei nemmeno sperato. A Rossana devo molto… quanto sia brava in termini di cucina è risaputo ma lei è soprattutto una bella persona e sono fortunata ad averla conosciuta. Davvero grazie Ros… per tutto… gentilezza, dolcezza e prefessionalità come le tue sono cose rare da trovare, figurarsi poi tutte insieme e tutte nella stessa persona!
Ecco, classico caso di pubblicità progresso! Mi contattano dalla Philips e mi chiedono se mi va di provare un nuovo elettrodomestico: Airfryer, una “friggitrice” senza olio! Mi dicono che sta riscuotendo tanto successo in Italia e in Europa, perchè frigge con l’80 % dei grassi in meno, è leggero , veloce, senza odori molesti per casa.
Che bellezza, penso subito! Primo perchè io adoro queste nuove “diavolerie” tecnologiche! C’ho il debole, che ci posso fare??? poi perchè se c’era la più piccola probabilità di potermi fare le patate fritte con l’80% dei grassi in meno, voi capite che la cosa non poteva lasciarmi indifferente (solo un piccolo tarlo nella testa…perchè fra tanti blogger e tante prodotti a me mandano uno che serve per la dieta? Uno con cui si cucina con pochi grassi? perchè PROPRIO a me quello con cui si può mangiare cose scondite con facilità???? hummmm……sto evitando con cura di rispondermi :) )
Poi quando mi è arrivato, beh…lì l’apoteosi: nero, lucido, di design! un piccolo ufo insomma e l’ho ribattezzato così! il mio piccolo ufo personale! C’era anche un sorprendente libretto delle istruzioni: ci cucinano non solo cose fritte ma carne arrostita, pesce, crocchette, brownies (sì..dolci, avete capito bene): e allora voleva dire che era una specie di piccolo forno! E non vedevo l’ora di provarlo per sottoporlo a un crash test! La prova verità, perchè a bello era bello ma doveva anche funzionare che qui non si fanno sconti a nessuno!
Quando mai però le cose per me vanno per linea retta??? Pensate che io mi sia messa lì a sbucciare prima e tagliare poi patate? Che le abbia “airfritte” e verificato il tempo necessario, il grado di croccantezza? Che abbia preso appunti meticolosi? Mi sarebbe molto piaciuto, sarebbe stato molto professionale! Invece quelli della Philips devono accontentarsi solo di me, e quando ci sono io nei paraggi, qualche evento sinistro, complicato, sfortunato o semplicemente incredibile è sempre in agguato (qualcuno dice che esagero..sarà)!
Nel post precedente vi ho raccontato del mio piacevole pomeriggio in mezzo ai fiori. Quello che ho omesso di raccontarvi è che il giorno prima mi è successo di tutto di più! Stavo preprando le mini cake, un pò perchè non mi piace mai presentarmi a mani vuote un pò perchè pensavo che sarebbe stato molto carino, dal punto di vista fotografico, avere i fiori e una tortina decorata vicina. Bene, nella mia dispensa faceva bella mostra un pò di pasta di zucchero avanzata da qualche giorno. L’interno delle mini cake era pronto e dovevo cominciare a decorare. Prendo la pdz e la metto nel microonde: era un pochino duretta e con qualche secondo sarebbe tornata come nuova. Poi però mi è capitato quello che con lo zucchero non dovrebbe succedere: mi sono distratta. Invece che 10 secondi ho messo 2 minuti e nello stesso tempo mi è squillato il telefono: mio padre voleva sapere come stavo. Parlo con lui del più e del meno quando sento il “driiin” del microonde, apro lo sportello e senza neanche guardare, agguanto con la mano destra la massa di pasta da zucchero. Vi assicuro che prima ho trattentuto il fiato e poi ho sudato freddo: la massa era consistente solo in superficie, dentro era zucchero fuso bollente che in quel momento si era appiccicato su tutto il palmo della mano. Non ho avuto neanche la forza di urlare. Ho messo di corsa la mano sotto l’acuqa fredda ma ormai il danno era fatto. Lo posso dire?? Che dolore e che scema che sono stata! Così imparo a non stare attenta! ecco, questo è il migliore avvertimento: se lavorate lo zucchero, concentrazione al massimo perchè potete farvi male!
Ho passato un pomeriggio e una serata…ehmm..interessanti! alternativi direi! Fino alle 19:15 sono stata con la mano incollata al condizionatore dell’aria fredda! Avevo la crema contro le ustioni ma non potevo resistere senza l’aria gelida sulla mano, neanche un attimo! Dopo 3 ore però, il braccio gridava pietà (perchè era stufo di stare verso l’alto) e quindi mi sono presa una bacinella con acqua e ghiaccio e ci ho tenuto la mano fino alle 23:00. Non la potevo spostare, non c’era nulla da fare altrimenti il dolore era veramente troppo. In tutto questo, le mie mini cake erano rimaste senza decorazione. Nella mia testa ci avevo quasi rinunciato. Sarebbe già stato un miracolo riuscire a guidare per arrivare all’appuntamento. La mattina dopo, con la mano un pò meno dolorante, ho deciso di provarci ugualmente e di provare a far tutto con sinistra. Come è finita l’avete visto (non il massimo, erano stortarelle poverine..ma almeno le ho fatte!) e sono anche riuscita ad andare all’appuntamento e fare foto. Quando però sono tornata a casa e dovevo prepararmi la cena, non avevo la minima voglia e possibilità di cucinare, non dico il fritto, ma neanche di accendere un fornello! Allora ho avuto l’illuminazione: provare l’ufetto nero mio! Complici un pò di patate lesse che mi aveva mandato mia nonna (che sempre benedetta sia) e della ricotta presente all’appello ho deciso di fare al volo delle crocchette di patate e di provare a farle “airfritte”. E’ stato il mio salvatore: in modo molto poco imparziale vi posso dire che grazie a lui ho cenato, non usato il fuoco e non sono dovuta stare a controllare nulla! Evviva! E’ stato una salvezza in un momento di emergenza pura! E mi sono fatta anche doppia porzione, considerando che le crocchette sono venute, appunto, croccantissime! Non ho usato un goccio di olio, neanche nell’impasto! Eppure sono venute buone e leggere! Ora che la mano sta meglio, lo proverò con tante altre cose (scusate ma questa cosa dei Brownies mi incuriosisce da morire)…. ma io dichiaro la mia gratudine all’ufo di casa!!!!
RICETTA: CROCCHETTE DI PATATE CON RIPIENO DI RICOTTA E CREMA DI PISTACCHIO
Ingredienti (io ho fatto un pò ad occhio, cerco di essere il più precisa possibile)
Procedimento
Schiacciare le patet lesse, aggiungere il parmigiano, il sale e mescolare molto bene. A parte mescolare la ricotta con la crema, un pizzico di sale e un cucchiaio di pecorino. Formare le crocchette di patate: prendere l’imapsto, mettere dentro il ripieno di rictta e richiudere il tutto a sfera. Passare nell’albume battuto e poi nel pangrattato. A questo punto avete due scelte: o friggete in maniera tradizionale o air friggete (in caso di mano ustionata o non… :)))
La prima e unica volta che sono andata in Sicilia ho avuto uno speciale battesimo di fuoco: ho assaggiato per la prima volta la sette veli. Sì, esperienze così non si dimenticano. La sette veli è uno dei dolci più famosi d’Italia e a ragione direi: me la sono sognata per i giorni avvenire. La fama di questo dolce era meritata in pieno.
La sera stessa in cui ho assaggiato la sette veli, mi parlarono anche di un dolce di cui non avevo memoria, anzi, ero proprio sicura di non averlo mai sentito: la cassatella di Agira. Non lo provammo perchè il fornitore di fiducia delle cassatelle, in quel momento era chiuso. D’altra parte ero così appagata dalla sette veli che guardavo con un pò di sufficienza a un dolcino antico, semplice nell’aspetto e negli ingredienti. Sì, ve bene, mi avevano detto che aveva nel ripieno la farina di ceci (ingrediente che non è che trovi così spesso nei dolci) ma per quella sera mi ritenevo ampiamente soddisfatta.
Poi però mi è rimasto il tarlo della curiosità. Come poteva essere che io, golosa oltre limite e amante dei dolci di qualsiasi tipo, non avessi mai sentito nominare questa cassatella? Poi con la farina di ceci…mi intigrava. Ma il lavoro era molto e non potevo di certo andare in giro a cercare la Cassatella perduta. Mi stavo quasi rassegnando a tornare indietro con la curiosità insoddisfatta, quando all’aeroporto trovo una pasticceria di dolci tipici, che in un angolino riprotava il cartellino: CASSATELLE DI AGIRA. Non mi è parso vero. Fu così che nello stesso viaggio ho fatto la personale conoscenza della sette veli e della cassatella. E sapete una cosa? Stranamente non sfigurava rispetto a un dolce da guinnes dei primati come la 7 veli, anzi… La pasta era molto buona, sottile, croccante e pastosa insieme, con un ripieno scuro in cui sentivo mandorle, cacao, e qualcosa che rendeva il ripieno sciogliovele. Confesso che mi sono pentita amaramente di averne presa solo una e, appena tornata a casa ho cominciato a cercare una ricetta: dovevo ripeterla.
Mi sono imbattuta in questa, che trovo davvero molto buona. Quell’estate feci kg e kg di cassatelle e i parenti vari le apprezzarono, compresi quelli siciliani, che non ne avevano mai sentito parlare. Se c’è una cosa che mi piace, è quella di cucinare un dolce (o un cibo) di cui si sta perdendo traccia. Ne faccio quasi una questione personale: amo la ricerca e la sperimentazione che c’è dietro un dolce di Felder, o di Montersino, Santin, etc…ma lasciar morire un dolce della tradizione, per giunta così buono, no, mi pare un insulto alla nostra cultura e mi sembra che si perda troppo della nostra identità! Va beh..dopo la tiritera sui dolci della tradizione siciliana, vi riporto la ricetta. Vi consiglio vivamente di provarli, perchè hanno quel particolare effetto che si può descrivere come la “sindrome della ciliegia”: assaggiate il primo e dite “hummm, non male”. Poi pensate che volete sentire meglio il sapore all’interno e prendete il secondo. Capito il sapore del ripieno, vi dite che è il caso di comprendere meglio anche l’impasto del guscio e così via. E’ quel classico dolcetto che parte con discrezione ma è subdolo, perchè fa in modo che voi non smettiate di mangiarlo finchè non ne è rimasto nessuno!
RICETTA: LE CASSATELLE DI AGIRA
Ingredienti
Per il ripieno:
Procedimento
Preparazione della pasta:
Mettere la farina nella spianatoia, aggiungere la sugna a pezzetti e lavorare strofinando il palmo delle mani con la farina e lo strutto fino a completo assorbimento, il lavoro e lungo ma non arrendersi (io ho usato la planetaria).
Fare una conca al centro ed aggiungere le uova,lo zucchero, un pizzico di sale, e incominciare con una forchetta, quindi poco alla volta l’ acqua tiepida, impastare per una buona mezz’ora fino a quando la pasta risulterà morbida ed elastica.
Per il ripieno:
Tostare le mandorle appena nel forno ” mi raccomando appena” quindi tritarle insieme alla buccia di limone,tritare per 2 volte , “utilizzare per tritare non il frullatore ma qualcosa tipo tritacarne. Fatto ciò mettere il composto in una capace pentola aggiungere l’acqua, lo zucchero, 2 cucchiai colmi di cannella, il cacao,e man mano setacciando la la farina, mescolare per bene con una frusta quindi accendere il fuoco “leggero mi raccomando ” e dolcemente quando raggiungerà il bollore si sarà addensato,spegnere versare in una capace ciotola e fare riposare tutta la notte sia l’impasto che il ripieno.
Il giorno seguente, riprendere la pasta che avremo riposto al fresco coperta, e lavoriamo un po’in modo da poterla stendere.
Stendere la pasta formando dei rettangoli non troppo sottili adagiare un bel cucchiaio di ripieno, richiudere premendo bene lungo i bordi e ritagliare con l’apposito strumento come dei grandi ravioli a forma di mezze lune.
Infornare a 180 gradi circa per 1 quarto d’ora facendo attenzione a che non prendano colore, devono rimanere bianche in superficie.
Prendere il resto della cannella miscelarlo allo zucchero a velo e passarvi ogni cassatella sistemando nei vassoi.
P.S.: se volete vedere un’interpretazione alternativa delle cassatelle di Agira, nuovo articolo sulla mia rubrica!