L’ultimo post risale a più di due anni fa: che ci faccio qui?
Non lo so. Riapro il blog?
Non lo so. Avevo voglia di salutarvi?
Sì, quello lo so: volevo salutarvi.
Dunque, la mia assenza da questo blog si può spiegare con un master (alla mia età!), varie certificazioni (ancora in atto), un periodo di studio pesante, bla bla bla, la famiglia, il lavoro, i due banditi che crescono e che mi hanno assorbito che neanche l’acqua una spugna disidratata, e bla, bla bla.
Ogni tanto ci vuole, un bel pranzo in famiglia, magari per festeggiare, che so, il nuovo lavoro del marito :)
Lavoro bello e che ci avvicina ancora di più al mondo del vino, ma questa è un’altra storia. Solo che se già prima gli influssi del sommelier si sentivano, ora avremo tutte le ragioni per esserne inondati! E ne siamo felici.
Dunque, per questa Domenica ho deciso che era tempo di rimettere mani ai fornelli e di fare qualche cosa che non fosse il solito pasto veloce/insipido/indecente delle ultime settimane.
Qui c’è lo zampino di alcune amiche un po’ matte. Matte per la pasticceria ( e forse un po’ in generale e per questo mi piacciono :) ).
Insomma, ci piace molto quel genio luminoso di Amaury Guichon. La prima volta che vidi Amaury, anni fa, fu durante la trasmissione francese “qui sera le prochain grand patissier”: edizione mitologica, in cui uscirono fuori altri talenti del calibro di Yann Menguy, per dire.
Era già bravissimo allora ma di strada ne ha fatta tanta e oramai è il pasticcere che sperimenta l’uso degli attrezzi più disparati per riuscire a fare le sue decorazioni (trapano amore mio. E se vedrete i suoi video, capirete il perché).
Ci sono dei momenti particolari, quando tutto sembra capitare per una ragione, ragione che magari ti prende alla sprovvista ma che sai di aver atteso tanto. E’ stato un po’ così, quando ho letto del contest indetto da Pinella, Dolci d’autore. E che autore.
Si trattava di rifare un dolce addirittura di Pierre Hermé, con la possibilità di vincere una giornata ad un suo corso presso la Scuola di cucina Hangar 78. Pierre Hermé, forse il mio preferito di sempre. Certi sogni sembrano troppo belli per essere veri eppure la possibilità di provarci, in questo caso, c’era.
Mi sono armata di coraggio e ho pensato a quale dolce riproporre. Potevamo reinterpretarlo quanto a presentazione ma dovevamo restare legati alle singole parti del dolce.
Pierre Hermé ha un enorme bagaglio di dolci splendidi. Eppure ho pensato subito di provare con il suo Mont-blanc Hommage, per la storia che c’è dietro.
Hermè era un giovane ( e brillante) pasticcere che lavorava da Lenotre quando ebbe un colpo di fulmine con un gelato, creato dal suo maestro, ai marroni e alla pere. E, ricercatore nel vero senso della parola, decise di provare a ricreare un dolce a partire da questo connubio.
Mi sono immedesimata in un ragazzo che si innamora di un abbinamento e che mette in moto tutta la sua creatività per ricreare un dolce unico e tutto suo, partendo però da un prodotto del maestro che tanto gli ha insegnato. Bellissimo.
Mi è sembrato di capire tanto bene questa volontà che quel dolce mi è diventato subito caro. E così ho preso la palla al balzo: quale migliore occasione di mettere alla prova la mia, di creatività, su un dolce di Hermé, se non per questo contest?
Grazie di cuore a Pinella, che è riuscita a smuovere cuore e cervelli di tanti amatoriali di pasticceria.
Per il mio mont-blanc ho usato alcuni stampi della Silikomart, perché ho voluto riproporlo in versione monoporzione, con un occhio all’autunno e uno ai vari stampi: Tourbillon per le meringhe, tappetino del Kit Ali di fata per la creme d’amande , stampo Foresta per la Pigna e spray oro.
La ricetta è presa Fou de Patisserie opus#1 Pierre Hermé.
Una nota: ricordiamo sempre che i fogli di gelatina usati abitualmente in Francia hanno un valore di Bloom pari a 200 mentre quelli che usiamo in Italia sono fra i 140-160 (Maurizio Santin docet), quindi è necessario fare una piccola conversione seguendo la regola: P1 √B1= P2√B2 dove P1 è il peso in grammi della gelatina 1, B1 sono i gradi Bloom della gelatina 1 e così per il 2.
Ingredienti
Procedimento
L’ultima volta che sono stata a Parigi (e sì, ve ne ho parlato abbondantemente in successione nei post numero uno, due , tre…e che bello quando mi dite che questi post vi sono stati molto utili, felicità) sono riandata per l’ennesima volta da Pierre Hermè. Mi piace vincere facile, direte voi. E direste bene, è magnifico.
Ricordi estatici a parte, quella volta ho assaggiato una fetta della sua 2000 feuilles, la millefoglie che aveva ideato per l’anno 2000, mai più tolta, e a ragione, dalla sua carta.
Capita anche a voi, dopo aver lavorato duramente tutta la settimana, dopo aver trattenuto il fiato per cinque giorni, di arrivare al weekend e di volersi rilassare facendo almeno una cosa bella in cucina? Sì, lo so, capita anche a me.
La cosa un po’ drammatica è che ormai il sabato e la domenica sono destinati a fare quello che in casa non si fa durante la settimana (questa storia che uno deve andare a lavorare togliendo tempo alla cucina, deve finire). Però il dolce lo faccio lo stesso. Specie se è semplice. Specie se è alla nocciola. Specie se è di Michalak.
Cake dans l’ esprit d’une tarte au citron: questo è il titolo della prima torta presente nell’ultimo libro di Michalak, L’ultime cake book, che io, neanche a dirlo, ho voluto replicare immediatamente.
Riassunto delle puntate presenti: Michalak è un pasticcere belloccio, con faccia da orsetto, come dice Federica, che è tanto tanto bravo e tanto tanto gentile, anche come giudice di Master pasticcere di Francia.
Terza e ultima puntata sui luoghi di Parigi, dopo aver visto una infinità innumerabile di posti dove mangiare e comprare caccavelle e poi dove comprare caccavelle e mangiare.
Oggi vi parlerò in particolare di posti dove fare una splendida colazione e una altrettanto splendida merenda.
Mattino presto e cielo terso. Supponiamo vorreste andare a visitare il Louvre e perdervi fra quelle meraviglie artistiche, avrete bisogno di una colazione che vi supporti nel fisico e prepari nello spirito, giusto?
Vostro onore, signore della giuria, ho diritto ad una difesa e scelgo di difendermi da sola, come dilettante barra amatoriale della pasticceria, questa nobile arte.
Sì, signori della giuria. La verità è che noi l’amiamo e chi ama compie spesso azioni di getto ma senza cattive intenzioni, non potrete non convenirne.
I pomeriggi delle vacanze estive. Ma anche i pomeriggi del sabato delle vacanze di Natale. Me li ricordo ancora, pietra miliare della mia giovinezza. Non so voi ma io li passavo, causa suggerimento insistente di mia madre, guardando le commedie sentimentali italiane degli anni ’50 e ’60 e ‘70 e alla fine ne sono stata totalmente presa. Tutti, me li guardavo: Gianni Morandi e Laura Efrikian (lui che canta “fatti mandare dalla mamma” e io che sogno qualcuno che davanti a scuola, dalle suore, faccia altrettanto con me); Caterina Caselli e Laura Efrikian, che vinceva la palma di sfigatissima dell’epoca, su ogni film e a ogni latitudine (e “Perdonoperdonoperdono” che sognavo di cantare in qualche remota manifestazione a qualche sconosciuto ragazzino); Rita Pavone e la sua zanzara (e io che invidiavo il collegio femminile pur andando dalla suore, e quindi non si capisce il perché della mia invidia).