Torta fatta durante le feste, per la precisione per la sera del trentuno. Avevo, come eredità della cena della Vigilia di Natale, due dita della mano destra fuori uso: ferita indecente, portata dietro per dieci giorni e vorrei poter dire “incidente del mestiere” ma quello che mi è successo è talmente assurdo che non posso neanche consolarmi così.
Durante il periodo delle feste (ma anche durante tutti gli altri periodi dell’anno) mi viene abbastanza naturale regalare dolci: al fratello e alla sua combriccola, ad una cena di amici, al parente cui tengo, etc etc. Sembra strano ma sì, ho regalato tutto: io mi diverto a farli, i dolci, ancor più che mangiarli. O meglio, quelli degli altri li mangio con immenso piacere e a Parigi non mi son fatta mancare nulla ( non ve l’ho ancora raccontato, vero?)…ma quando spignatto io, la massima soddisfazione è regalarli.
Le feste sono lì per terminare, siamo reduci (ditemi che è un siamo e che vale anche per voi) di mangiate epocali e di pomeriggi passati con i parenti davanti a qualcosa di più di un ben di Dio. Ma manca la Befana e, diciamolo con franchezza, l’ultima domenica prima di cominciare la famosissima dieta di Lunedì-prossimo.
Sono stata a Parigi. E sono tornata. Da Parigi si torna diversi ma questo ve lo racconto poi.
Natale sta arrivando e mi sembrava poco carino non continuare il nostro discorso sulle torte delle feste: dopo il Profiteroles e il Saint Honorè, secondo me ci stava benissimo un bel Mont blanc, dolce maestoso, intenso, ricco, che sembra quasi ispirare la stucchevolezza..e poi invece no.
I dolci delle feste sembrano interessare non solo me, ma tanti di voi. E molti mi hanno chiesto: quale sarà il prossimo, dopo il profiterole?
Eccolo qui, il Saint Honoré. All’italiana e di Iginio Massari. Intendiamoci, io amo quello francese, con la pasta sfoglia, le composizioni moderne, e tutto… ma questo, da quando l’ho visto nel video di Sweety (manifestazione che ancora rimpiango), ce l’avevo sul groppone. Dovevo farlo a tutti i costi. A noi italiani piace il Saint Honoré con il pan di spagna (qui potete trovare un po’ di informazioni sul pds) ed è uno dei dolci più venduti in pasticceria.
A dire la verità, quando ho controllato la ricetta e il numero di uova, nonostante non sia certo una che fa economia sugli ingredienti, ho deglutito (giusto un po’). Ma poi ho pensato all’hashtag #fattianchetucazziaredamassari (che Santin merita l’applauso): chi sono io per farmi cazziare mentre sono a casa e non eseguo pedissequamente una ricetta del Maestro? Meglio farmi cazziare se e quando un giorno farò un corso serio con lui. Almeno lì, la soddisfazione sarà totale.
Mi avanzavano delle cose e mi sembrava un delitto non usarle. Così son venuti fuori due dolci, diversi, uno con carattere più moderno e uno più rustico, ma che mi son piaciuti molto entrambi. D’altronde, mi piace vincere facile, se i resti in questione sono la frolla e la riduzione di vino rosso del dolce d’autunno di Santin.
Raramente riduco le dosi indicate dai pasticceri, semplicemente perché il congelatore esiste e mi tiene lì le parti che avanzano, permettendomi di comporre un dolce con una velocità che altrimenti non sarebbe possibile. A volte mi dite: per fare quel dolce ci vogliono due o tre giorni. Assolutamente sì, a meno che non abbiate congelate le basi e allora il discorso si velocizza, o almeno si velocizza di una giornata!
Il dolce del sabato. Nasce così quest’ultima passione per Bachour. Ho questo libro stupendo, Bachour – Simply beautiful, dove il dolce al piatto regna sovrano. E allora che potevo fare, se non pensare di fare un dolce ogni sabato?
La panna cotta, ovvero quel dessert che si prende il sabato sera con gli amici nel pub di turno. Solitamente servito in un bicchiere e coperto di cioccolato o confettura o, nel peggiore dei casi, servito direttamente nel contenitore di alluminio usa e getta, o almeno a me è sempre capitato così.
Natale è lontano: ripetete con me, Natale è lontano. E si vedono i panettoni al supermercato e gli alberi nei negozi.
Ieri ho visto i dolci di Halloween insieme ai torroni. Bé sì, è esagerato. Però mi è venuta voglia di fare, come dire, un dolce natalizio, anzi, il dolce natalizio per eccellenza: il tronchetto. Non proprio quello classico con cioccolato e castagne ma uno alternativo. Lo so, praticamente ieri andavamo in giro in costume, forse vi sembrerà inappropriato ma l’ho fatto lo stesso, anche decorato in rosso, noci caramellate e oro. A Natale non so che farò ma questo ci starebbe tanto bene.
Le temperature sono tornate decenti e la voglia di cucinare è tornata alle stelle. Non che fosse particolarmente scemata, durante l’estate, ma i 40° effettivamente non aiutano. Di prove, in questi due giorni di weekend, ne ho fatte parecchie e questa crostata è stata particolarmente apprezzata.
Per decenza, non vi dico a quale torta blasonatissima francese il parentado ha preferito questa crostata, perché non ci credereste. Una torta in cui il cioccolato la fa da padrone, famoso a livello planetario. Mi sembra impossibile, eppure me lo continuano a ripetere.