Ad aprire giornali e pagine di internet di notizie con effetti devastanti sulla nostra psiche se ne trovano a bizzeffe: dalla crisi finanziaria alle tredicesime che sembrano un miraggio, dalla situazione internazionale a quella, tutt’altro che tranquilla, italiana c’è di che restare impressionati. Leggi di tutto e il contrario di tutto e quando pensi che non ne puoi più ecco arrivare la notizia che cattura la tua attenzione per l’impatto che ha sulla società civile. Quella che ho letto io mi ha veramente lasciata …senza parole è dire poco.
Dove eravamo rimasti? Eravamo rimasti che quest’estate, poco prima di tornare a Roma (e per poco prima intendo proprio pochi minuti prima di partire) ero in Puglia, per la precisione a Ceglie, nel Bar Centrale a rifornirmi di Biscotti Cegliesi e dolcetti vari di una bontà infinita. Ero lì che guardavo quelle meraviglie e da brava adepta di Gente del Fud, chiedevo il permesso di poter segnalare sul sito questi prodotti, quando il signore dopo di me mi fa ” Permette? Perchè non inserisce anche i bocconotti martinesi del Bar Tripoli, nella versione ricotta e pere? Sono una poesia” . I bocconotti martinesi sono una vecchia conoscenza, almeno nella versione crema e amarena…ma ricotta e pere???? Considerando che la torta ricotta e pere è uno dei miei dolci preferiti, non è che potessi far passare questa notizia bomba senza darle la giusta importanza..ma stavo veramente partendo e quindi ho dovuto, molto a malincuore, non fare la prova provata della poesia di dolcetti.
Però la notizia si era ben sedimentata. Fatto sta che fra una cosa e l’altra non ci avevo più pensato, finchè qualche giorno fa, cercando tutt’altro, ho letto il commento di una persona che era stata a questo benedetto Bar Tripoli e che tesseva le lodi dei bocconotti ricotta e pera. Eh no. Questa era una vera e proprio provocazione. Questa volta mica potevano farla franca. Posto che un giretto dalle parti di Martina Franca era in quel momento impossibile, ho deciso di riprendere la sperimentazione lanciata da Ornella e di provare i bocconotti ricotta a pere…ammodomio s’intende :D ! Non ho idea di come siano gli originali (e dovrò aspettare un bel pò prima di poterli verificare) ma questa versione mi è molto piaciuta quindi i bocconotti ricotta e pere entrano di diritto a far parte della mia personale lista dei desideri dolciferi.
RICETTA: BOCCONOTTI RICOTTA E PERE
Ingredienti
Per la frolla:
Per il ripieno
Procedimento
Impastare nella planetaria il burro ( temperatura ambiente) e lo zucchero, aggiungere le uova, l’acqua e le farine miscelate (si può fare tranquillamente anche a mano). Formare una palla e mettere a riposare in frigo per almeno due ore. Tagliare le pere a tocchetti, mettere un pò d’olio evo in una pentola, aggiungere le pere, lo zucchero e il limoncello e far cuocere a fiamma bassa. Le pere richiedono una cottura abbastanza lunga: tireranno fuori un bel pò di liquido. In genere spengo quando quel liquido si è assorbito ed è rimasto solo la composta di pere. Mentre le pere cuociono, setacciare la ricotta, aggiungere i 100 gr di zucchero e mescolare bene. Riporre nel frigo. Quando le pere si sono raffreddate, riprendere la frolla, stenderla e riempire degli stampini per i bocconotti con la frolla. Depositare sulla base di frolla uno strato di ricotta, aggiungere una cucchiata di pere e chiudere tutto con un cerchio di frolla del giusto diametro. Mettere in forno caldo a 180° per 45 minuti (a me è servito questo tempo ma regolatevi col vostro forno). Importante: una volta pronti, far riposare a testa in giù il bocconotto caldo fino a completo raffreddamento (serve sia per evitare bolle d’interne che per ottenere una superficie piatta). Spolverare con zucchero a velo..e buona poesia!
Quando torno dalle ferie, arrivo a casa carica dei regali gastronomici (sempre graditissimi!) che mi fanno i vari parenti. Siccome solitamente l’ultima tappa del viaggio estivo coincide con un soggiorno in Valle d’Itria, il mio bagagliaio è normalmente carico di prodotti pugliesi provenienti direttamente dai terreni e dai giardini dei nostri zii e cugini (olio, marmellata, pomodori, formaggi vari, friselle, taralli, etc etc).
Quest’anno però ho avuto un inconveniente: mi hanno regalato 5 grappoli d’uva. Eh, direte voi, e allora? buona l’uva..te la mangi e via. Si dà il caso però che quella fosse uva Italia. Io non so se ce l’avete presente ma vi posso dire che con 5 grappoli avevo 13-kg-di-uva-dico-13. Mi spiace non averla fotografata perchè era uno spettacolo! Grappoli immensi, sui 60 cm e acini grossi più o meno come palline da ping pong e non è una battuta! Bellissima da vedere, indubbiamente, ma purtroppo questa super uva ha, come tutta l’altra uva normale, la brutta tendenza a deperirsi. Non sapevo veramente come fare! Un pò l’ho mangiata, un pò l’ho regalata (a malincuore), un pò l’ho messa nella grappa e con i restanti 5 kg? Puglia per Puglia, mi è venuto in mente che io solo lì mangio una marmellata che mi fa impazzire: la marmellata di uva bianca…e che marmellata sia. La ricetta l’ho presa da qui (così come quella per l’uva nera sotto grappa)..diciamo che ho fatto un mix fra il primo e il secondo tipo. Avendo quindi un pò di barattoli di marmellata, oggi ho provato a fare dei dolci che mangio spessissimo d’estate. Hanno una pasta fatta solo con farina, olio e vino bianco e un ripieno di marmellata (che può essere di uva, fichi, amarene, ciliege, etc etc). La ricetta me l’ha passata mia zia Giovanna e quindi la ringrazio molto perchè l’ho trovata ottima. Come per molti dolci tradizionali, ogni famiglia ha la sua ricetta personale (mia zia ne ha anche più di una..) ma ho provato questa e l’ho trovata buona!
RICETTA: FAGOTTINI DI MARMELLATA DI UVA BIANCA
Per la marmellata:
Ingredienti
Procedimento
Far cuocere a fuoco moderato, senza aggiunta d’acqua, l’uva ben matura unita allo zucchero. Mescolare spesso e lasciar cuocere fichè avrà preso la giusta consistenza. Se la si desidera meno grumosa, passarla al minipiemer e poi metterla calda nei vasi sterilizzati, chiuderli e capovolgere il barattolo. Lasciare in questa posizione fino a completo raffreddamento.
Per i fagottini
Ingredienti
Procedimento
In un pentolino, scaldare l’olio e il vino fin quasi a bollore. Versare son cautela culla farina e impastare fino ad avere un impasto omogeneo (io l’ho fatto con la planetaria, usando la folgia). Far riposare l’impasto finchè diventa a temperatura ambiente. Stendere l’impasto, ritagliare dei cerchi di circa 8 cm di diametro, riempire con la marmellata d’uva una metà del cerchio, ripiegare a metà e chiudere il fagottino. Ricoprire una teglia di carta forno, poggiare i fagottini e cuocere per 45 minuti a 170°-180° (dipende un pò dal forno..)
Avete presente i discorsi fra chi è andato in ferie all’estero e racconta di viaggi avventurosi, costosi, emozionanti , etc. etc e chi risponde sconsolato “eh..io sono andato solo al mio paese d’origine”, avendo un’espressione che è un misto d’invidia e vergogna? Ecco…io faccio parte delle persone che vanno, rigorosamente ogni anno, nel paese (o meglio, nei paesi, nel mio caso) d’origine. La differenza è che ho sempre un’espressione sognante e l’entusiasmo di rivedere certi posti. Perchè? Beh, di Sapri vi ho parlato fino alla sfinimento quindi vi risparmio. L’altra zona (quella di origine di parte di mammà) è una cosuccia da nulla, una zona che proprio non si distingue: la valle d’Itria. Abbiate pazienza, ma se uno va in piscina vicino alla casa in campagna della nonna e la villa del vicino confinante è quella di sopra, mi spiegate come si fa a rimanere indifferenti? L’Italia è meravigliosa tutta e questa è una certezza ma, consentitemelo, certe zone sono al di fuori di ogni catalogazione. Dove le trovate case così?
E fosse solo quello! Quando vado in Puglia conto di:
Non sarà proprio come visitare una città straniera ma sinceramente non mi lamento (se non fosse per la totale mancanza di copertura che ci impedisce di usare cellulari e usufruire di internet…noi siamo in mezzo al triangolo delle Bermuda della rete mobile..vi prego fate qualcosa!). Nel quadrilatero fra Ostuni, Martina Franca, Cisternino e Ceglie Messapica si rischia di perdersi fra le bellezze del territorio, l’arte, la storia e (manco a dirlo) la gastronomia tanto che, prima di prenotare una vacanza da quelle parti, bisogna essere sicuri di avere un ottimo motivo per tornare a casa! Quest’anno siamo andati alla Sagra delle Orecchiette di Caranna (contrada di Cisternino) (non ci ero mai stata prima, forse perchè, avendo una nonna pugliese, mangio orecchiette tutte le domeniche da quando sono nata.. :) ), Albertino è riandato allo Zoo Safari di Fasano, portandosi dietro un cobra di gomma, un cappello con tutti gli animali e il racconto delle dita messe nel naso di una giraffa/ cammello (non ho capito quale dei due), La Pasionaria ha mangiato tutto quello che poteva mangiare e anche di più (vedi foto post precdente), dedicandosi con passione a cercare di capire se preferisse il pane di patate (la peddica, in dialetto), il pane di Matera, la focaccia pugliese, i nodini di martina Franca e..non ultimo…le orecchiette che..tadannnnn…quest’anno ho imparato a fare! Ho preso la storica decisione: non si poteva perdere una tradizione così, quindi mi sono messa vicina a mia nonna e , con metodo, ho cercato di applicare il movimento che, in teoria, era perfettamente chiaro nella mia mente! In teoria, certo. Ho fatto un intero vassoio, mentre mia nonna ne ha fatti 4, e la forma delle mie orecchiette era un pò…naif…ma sono orgogliosissima (se non fosse che mia madre ridacchiava del loro aspetto..anche se poi se l’è mangiate eccome).
Consigli se passate da quelle parti?
Non vi perdete gli agriturismi e le masserie in genere (l’Agriturismo Grotta di Figazzano lo garantisco!…e questa pure, anche solo per una visita ) e, se tenete al vostro palato, non mi perderei il Biscotto Cegliese, i Dolcetti Mandorle e Fichi (non ve lo posso dire cosa sono) e gli Spumoni (il famoso gelato… ve ne parlerò meglio!), il tutto al Caffè centrale di Ceglie a Corso Garibaldi 22. Poi, se passate dalle parti di Pascarosa, mia nonna e suoi parenti hanno sempre scorta di prugne “cuore di donna” (si chiamno così…non è bellissimo???), fichi, mele cotogne, mandorle… ve ne offro un pò, volete?
P.S.: da bravi rabdomanti internettiani, abbiamo trovato vicino casa un punto in cui compariva una tacca..a volte anche due! Vi mostro il mio internet point personale!
La prima e unica volta che sono andata in Sicilia ho avuto uno speciale battesimo di fuoco: ho assaggiato per la prima volta la sette veli. Sì, esperienze così non si dimenticano. La sette veli è uno dei dolci più famosi d’Italia e a ragione direi: me la sono sognata per i giorni avvenire. La fama di questo dolce era meritata in pieno.
La sera stessa in cui ho assaggiato la sette veli, mi parlarono anche di un dolce di cui non avevo memoria, anzi, ero proprio sicura di non averlo mai sentito: la cassatella di Agira. Non lo provammo perchè il fornitore di fiducia delle cassatelle, in quel momento era chiuso. D’altra parte ero così appagata dalla sette veli che guardavo con un pò di sufficienza a un dolcino antico, semplice nell’aspetto e negli ingredienti. Sì, ve bene, mi avevano detto che aveva nel ripieno la farina di ceci (ingrediente che non è che trovi così spesso nei dolci) ma per quella sera mi ritenevo ampiamente soddisfatta.
Poi però mi è rimasto il tarlo della curiosità. Come poteva essere che io, golosa oltre limite e amante dei dolci di qualsiasi tipo, non avessi mai sentito nominare questa cassatella? Poi con la farina di ceci…mi intigrava. Ma il lavoro era molto e non potevo di certo andare in giro a cercare la Cassatella perduta. Mi stavo quasi rassegnando a tornare indietro con la curiosità insoddisfatta, quando all’aeroporto trovo una pasticceria di dolci tipici, che in un angolino riprotava il cartellino: CASSATELLE DI AGIRA. Non mi è parso vero. Fu così che nello stesso viaggio ho fatto la personale conoscenza della sette veli e della cassatella. E sapete una cosa? Stranamente non sfigurava rispetto a un dolce da guinnes dei primati come la 7 veli, anzi… La pasta era molto buona, sottile, croccante e pastosa insieme, con un ripieno scuro in cui sentivo mandorle, cacao, e qualcosa che rendeva il ripieno sciogliovele. Confesso che mi sono pentita amaramente di averne presa solo una e, appena tornata a casa ho cominciato a cercare una ricetta: dovevo ripeterla.
Mi sono imbattuta in questa, che trovo davvero molto buona. Quell’estate feci kg e kg di cassatelle e i parenti vari le apprezzarono, compresi quelli siciliani, che non ne avevano mai sentito parlare. Se c’è una cosa che mi piace, è quella di cucinare un dolce (o un cibo) di cui si sta perdendo traccia. Ne faccio quasi una questione personale: amo la ricerca e la sperimentazione che c’è dietro un dolce di Felder, o di Montersino, Santin, etc…ma lasciar morire un dolce della tradizione, per giunta così buono, no, mi pare un insulto alla nostra cultura e mi sembra che si perda troppo della nostra identità! Va beh..dopo la tiritera sui dolci della tradizione siciliana, vi riporto la ricetta. Vi consiglio vivamente di provarli, perchè hanno quel particolare effetto che si può descrivere come la “sindrome della ciliegia”: assaggiate il primo e dite “hummm, non male”. Poi pensate che volete sentire meglio il sapore all’interno e prendete il secondo. Capito il sapore del ripieno, vi dite che è il caso di comprendere meglio anche l’impasto del guscio e così via. E’ quel classico dolcetto che parte con discrezione ma è subdolo, perchè fa in modo che voi non smettiate di mangiarlo finchè non ne è rimasto nessuno!
RICETTA: LE CASSATELLE DI AGIRA
Ingredienti
Per il ripieno:
Procedimento
Preparazione della pasta:
Mettere la farina nella spianatoia, aggiungere la sugna a pezzetti e lavorare strofinando il palmo delle mani con la farina e lo strutto fino a completo assorbimento, il lavoro e lungo ma non arrendersi (io ho usato la planetaria).
Fare una conca al centro ed aggiungere le uova,lo zucchero, un pizzico di sale, e incominciare con una forchetta, quindi poco alla volta l’ acqua tiepida, impastare per una buona mezz’ora fino a quando la pasta risulterà morbida ed elastica.
Per il ripieno:
Tostare le mandorle appena nel forno ” mi raccomando appena” quindi tritarle insieme alla buccia di limone,tritare per 2 volte , “utilizzare per tritare non il frullatore ma qualcosa tipo tritacarne. Fatto ciò mettere il composto in una capace pentola aggiungere l’acqua, lo zucchero, 2 cucchiai colmi di cannella, il cacao,e man mano setacciando la la farina, mescolare per bene con una frusta quindi accendere il fuoco “leggero mi raccomando ” e dolcemente quando raggiungerà il bollore si sarà addensato,spegnere versare in una capace ciotola e fare riposare tutta la notte sia l’impasto che il ripieno.
Il giorno seguente, riprendere la pasta che avremo riposto al fresco coperta, e lavoriamo un po’in modo da poterla stendere.
Stendere la pasta formando dei rettangoli non troppo sottili adagiare un bel cucchiaio di ripieno, richiudere premendo bene lungo i bordi e ritagliare con l’apposito strumento come dei grandi ravioli a forma di mezze lune.
Infornare a 180 gradi circa per 1 quarto d’ora facendo attenzione a che non prendano colore, devono rimanere bianche in superficie.
Prendere il resto della cannella miscelarlo allo zucchero a velo e passarvi ogni cassatella sistemando nei vassoi.
P.S.: se volete vedere un’interpretazione alternativa delle cassatelle di Agira, nuovo articolo sulla mia rubrica!
Voi come vi svegliate? Sveglia? Radio? Uccellini che cinguettano?? Di norma, alle 5:30 suona il mio cellulare e so che comincia la giornata. Tranne il sabato e la domenica che vorrei tanto dormire un pò di più. Vorrei. Ma al massimo mi è concesso arrivare alle 6:30 perchè poi La Pasionaria, che è l’unico essere al mondo on-off (cioè appena apre gli occhi comincia a rompere parlare velocemente) inizia una serie infinita di richieste. A tutto questo, aggiungete che negli ultimi tempi ci si è messo anche Albertino, contribuendo alla modalità sveglia in modo del tutto personale, per cui ho collezionato diversi tipi di RISVEGLI (tutti rigorosamente fra le 5:30 e le 6 e possibilmente di Sabato e Domenica):
Risveglio patriottico: Albertino, dal suo letto, canta a squarcia gola: ” E’ la bandie-e-ra, del tricolo-o-re, èèèè la più bellaaaaa! Noi vogliamo sempre quella noi vogliam la libertà, noi vogliamo sempre quella noi vogliam la libertà!” (a scuola hanno fatto un buon lavoro per i 150 dell’unità. Ottimo lavoro. Pure esagerato….)
Risveglio naturalistico: Albertino, dal suo letto, ” CHICCHIRICHIIIIIII’, CHICCHIRICHIIIIIIIIII’, CHICCHIRICHIIIIIIIIII, dai Pasionaria ripeti con me: CHICCHIRICHIIIII'”
Risveglio con contrattazione: La Pasionaria, viene vicino al mio letto e dice: “mammaaaa, vojo la pastaaaa. No? vojo il succo! No? Vojo il lattuccio! no? l’acquaaaaa!”
Risveglio “relax”: La Pasionaria, sempre vicino al mio letto:” Mamma, ti faccio il massaggio con la crema” (e intanto infila più volte le dita nei miei occhi)
Risveglio natalizio (questo poco dopo Pasqua): La pasionaria: “jingle bell, jingle bell, jingle wash away!!! O wasssh wash jingle bell, jingle jingle belllll”
Risveglio con terrore: Albertino alla sorella:” Oh, lo stai a prende il trapano di papà????”
Poi dice che uno è nervoso! Riescono a buggerare anche la sveglia del cellulare! E voi? Fatemi consolare con sveglie classiche!!!! Dopo una rassegna di questi momenti mattutini idilliaci, è normale che ci si voglia tirare su con un dolcino buono, no? Altrimenti sempre le solite fette biscottate integrali rischiano di intristirmi! Così, ho preso da lei questa ricetta e l’ho fatta in due versioni, con e senza zenzero, a seconda del gusto di chi la mangia!
RICETTA: LEMON BARS WITH GINGER SHORTBREAD English_version
Ingredienti:
Per la base:
Per la crema:
Procedimento
Scaldare il forno a 180 °. Imburrare e infarinare una teglia 30×20 cm. In un contenitore mischiare la farina, lo zucchero e il sale. Aggiungere il burro e lo zenzero fresco grattugiato e lavorare con le dita formando delle grosse briciole. Riversare le briciole nella teglia, senza premere troppo (aggiungere lo zenzero candito in modo sparso). Mettere in forno a 180° per 20 minuti. Nel frattempo preprare il ripieno. In un contenitore mischiare la farina, lo zucchero, il succo di limone e le zeste grattate. In un differente contenitore mischiare bene le uova, il tuorlo e il pizzico di sale. Aggiungere questo composto al primo. Passati i 20 minuti, togliere dal forno la teglia con lo shortbread e versare tutto il composto. Far cuocere per 25-30 minuti e poi far raffreddare.
Con l’occasione, non posso non mandare la ricetta (con tutto lo zenzero possibile, naturalmente) alla cara Federica e al suo contest con lo zenzero:
Inoltre, una comunicazione di servizio: la Malvarosa Edizioni, dopo aver visto il post su Metti uno stilista a cena, mi ha affidato una rubrica che ha per argomento proprio il connubio moda-cibo, così potrò lasciare andare a briglie sciolte la fantasia! Ringrazio molto Malvarosa e vi aspetto lì, con un nuovo post il prossimo mercoledì!
P.S.: ringrazio tantissimo ANGELA per essere fra i premi speciali del suo bellissimo contest sui sapori del SUD!!! GRAZIEEEEEE!!!!
Da quando ho trovato la ricetta dei Naan Nokhodchi, mi sono messa a pensare al perchè risultino così sabbiosi e si sciolgano in bocca. Sì è vero, l’ingrediente ha la sua importanza (in quel caso, la farina di ceci) però secondo me è il metodo che fa la differenza ( Cartesio e il suo benedetto Metodo non mi hanno più mollata..neanche in cucina :) ). Nei Naan, il metodo era quello di chiarificare il burro e lavorarlo a lungo con gli altri ingredienti. Se è così, ho pensato, allora si possono ottenere snack di vari gusti con quella specifica consistenza (o magari simile..). Ho voluto provare a rifarne una versione dolce e una salata: quella dolce è con la farina di castagne e il cacao amaro, quella salata è con farina di riso e basilico.
Ovviamente ho cercato di utilizzare farine particolarmente sottili, che si avvicinassero a quella di ceci e nel caso dello snack salato, ho sostituito lo zucchero a velo con del parmigiano. La lunga lavorazione poi, è rimasta inalterata! Beh…ha funzionato! Sono venuti fuori degli snack scioglievoli sia dolci che salati! Ottimi per un aperitivo, direi, soprattutto quelli al basilico.
E infatti invio questi ultimi alla mia cara Mamma in pentola per il suo contest sul basilico (categoria antipasti)!
RICETTA: BISCOTTI FONDENTI ALLE CASTAGNE E AL BASILICO
Ingredienti (per gli snack alle castagne)
Ingredienti (per gli snack al basilico)
Procedimento
Per chiarificare il burro
Porre il burro in una casseruola, sciogliere a fuoco medio e portare ad ebollizione.Rimuovere la schiuma che si sara’ formata in superfice e lasciar sobbollire per una decina di minuti. Il burro sara’ pronto quando i solidi del latte depositati sul fondo della casseruola, comincieranno ad imbrunirsi.Togliere dal fuoco, e lasciar raffreddare. Decantare e filtrare il liquido cosi’ ottenuto.
Impasto
1. Unire farina di castagne e il cacao (la farina di riso e il basilico ben frullato con l’olio), lo zucchero a velo (il parmigiano) in una ciotola e mescolare bene. Aggiungere il burro chiarificato ed intiepidito e mescolare dapprima con un cucchiaio, poi con le mani per incorporare bene il burro.
2. Versare il composto su un piano di lavoro cosparso di farina di castagne (di riso) e lavorarlo a mano per 10 -15 minuti. All’inizio l’impasto tendera’ a sbriciolarsi, non aggiungere altri liquidi. Continuare a lavorare finche non si sara’ ottenuta una pasta liscia e duttile (io li ho fatti con 15 minuti di planetaria al minimo e con la foglia)
3. Avvolgerla nella pellicola per alimenti e lasciarla riposare per almeno otto ore al fresco.
4. Portare il forno a 180° C e foderare due placche di metallo con carta da forno
5. Stendere la pasta ad uno spessore di 1.5 cm, su un piano di lavoro infarinato con farina di castagne (riso).
6. Tagliare i biscotti e porli sulle placche da forno, infornare per 20-25 minuti. I biscotti saranno appena dorati sul fondo, ma il colore non deve cambiare di molto. Aspettare che si raffreddino completamente prima di rimuoverli dalla placca, sono molto fragili.
Concedetemi un attimo:
Volevo ringraziare la R2M per le loro parole gentili. Oltre a farmi piacere, devo dire che mi hanno siceramente sorpreso per le loro annotazioni. Sarà che spesso anche io paragono un sarto ad una chef… ma vederlo ripreso da loro mi ha fatto un certo effetto. Oltretutto, hanno tanti prodotti ad un buon prezzo, cosa che può sempre far comodo! Date un’occhiata!
Certi dolci non vanno dimenticati, lasciati lì in un angolo o peggio modificati secondo le ultime tendenze del momento. Anzi, vanno protetti, riscoperti e amati proprio per le loro origini. Come per le Pastuccelle. Sono dei dolci originari di Acquavella (SA), e in generale del Cilento, che appartenevano alla parte ricca della popolazione e che erano tradizionali a Natale. I poveri sostituivano il ripieno con la farina di ceci. Si tratta di pastine con una pasta sottile e una forma che ricorda quella del sole.
Il ripieno è una farcia ottenuta con mandorle, limone e anice, che rende il dolce molto “scioglievole” al palato e il connubio fra anice e limone l’ho sempre trovato ottimo! Oggi, purtroppo, è difficilissimo trovare questo dolce e, se si trova, il ripieno e sostituito da varie creme al cioccolato famose. Ma non si può definire certo una Pastuccella. Questa ricetta mi è stata tramandata da mia zia (una “maniaca” nel ricercare ingredienti e preparazioni antiche senza apportare modifiche moderne che possano snaturare il dolce) e mi fa piacere condividerlo, con la speranza che possa ritornare in auge come una volta. Mando le pastuccelle ad Ornella, per il solito appuntamento mensile
RICETTA: LE PASTUCCELLE
Ingredienti
Per la pasta (attenzioni alle dosi: io, riportando tutto a un solo uovo e quindi dividendo per 5, ne ho ricavato un bel vassoio):
5 uova (da 66/68 gr)
250 gr di burro
1 bicchiere di vino bianco secco
1,150 gr di farina
Per il ripieno:
1 kg di mandorle pelate (non tostate!)
1 kg di zucchero
600 gr di acqua
scorza di un limone grattata
3 bicchierini di anice
Miele di acacia (o comunque un miele delicato)
cannella
rametto di rosmarino
scorzette di arance (a chi piace)
Procedimento
Impastare le uova, la farina, il vino bianco, il burro sciolto e raffreddato fino ad ottenere un composto liscio ed elastico, coprire e far riposare.
Nel frattempo, tritare le mandorle più finemente possibile. Metterle in una pentola, unire lo zucchero e l’acqua e far cuocere per 10-15 minuti (o comunque fino ad ottenere un composto sostenuto). Aggiungere il limone grattato e l’anice. Far freddare bene.
Formare le pastuccelle:
Utilizzando l’imperia, ottenere una sfoglia sottilissima (io sono arrivata alla penultima) e con un coppapasta tondo (diametro 10 cm) fare dei cerchi. SU ogni cerchio mettere un cucchiaino di composto e ripiegare a mezzaluna, facendo uscire bene l’aria. Con la rotella liscia, fare sul bordo un numero pari di taglietti e con l’indice arrotolare verso il centro un settore sì e uno no (vedere foto..è più facile a dirsi che a farsi). Alla fine si ottengono dei piccoli soli!
Friggere per pochi secondi ogni pastuccella. In un pentolino far sciogliere il miele. Distribuirlo sulle pastuccelle con un rametto di rosmarino (è buonissimo il profumo del rosmarino sul miele) e cospargere il tutto di cannella.
” Mamma, ma se il cane è il migliore amico dell’uomo, questo vuol dire che La Pasionaria non può avere un cane..magari solo un gatto?“
Questa la domanda con cui Albertino ha rotto il “silenzio musicale” della radio mentre stavamo tornando a casa. Mi sono dovuta trattenere dal ridere e poi ho capito che era il momento di introdurre i concetti di Universale e Particolare, anche se pare semplice spiegarlo ad un bambino. Comunque me la sono cavata e sembrava soddisfatto. Lei, dal canto suo, aveva posizionato un ovetto di cioccolato completamente sciolto in un bicchiere di plastica e stava cercando di tirarlo su con la bocca, un pò come si fa con le cannucce, emettendo rumori non meglio identificati! Avrei dovuto capire che non poteva andare così di lusso! Ecco la successiva domanda di Albertino:
“Mamma, cos’è l’effimero?”
Vi confesso che, in barba alle più normali norme di sicurezza, mi sono voltata verso di lui a guardarlo come fosse un mezzo alieno. Stava guardando fuori dal finestrino e, in quel momento, giurerei di aver visto seduto sul suo seggiolino Pirandello o Sarte. Ero sinceramente basita. Come fa un bambino di 5 anni e mezzo a chiedere una cosa di questo genere? Non fa, infatti: è evidente che Albertino è un adulto travestito da bambino che ci prova un certo gusto sadico a fare domande per il puro gusto di metterti in difficoltà! Ho cominciato a tirare fuori concetti come fugace, caduco, inconsistente ma lui mi guardava malissimo…la spiegazione era peggio della domanda! Poi gli ho chiesto di contestualizzare la parola: dove l’aveva sentita? In un cartone animato, questa la risposta. Ecco perchè le nuove generazioni hanno tanti problemi: non fanno più i cartoni animati di una volta! Io mi divertivo a cantare pollon-sulla-cima-dell’olimpo-c’è-una-magica-città…e lui si guarda i cartoni dove pronunicano parole come effimero! Non c’è più religione! Fortunamente, mentre continuavo ad arrampicarmi sulgi specchi (devo dire alti e scivolisissimi), La pasionaria ha detto che doveva parlare lei: “A casa c’è la pizza?” mi chiede, tutta sporca di cioccolata dalla testa ai piedi! Meno male, questa la sapevo! Era una consolazione quella bimba! “Sì, ce l’ho a casa” ho potuto rispondere con una soddisfazione che neanche ad un esame dell’università.
A proposito di cose effimere, che durano un giorno, oggi volevo presentervi un altro possibile regalino di Pasqua, un docletto..originale per di più e che è davvero effimero sia per consistenza che per tempo (quasi nullo) in cui rimane nella scatolina! Anni fa, un’amica di mia suocera ci portava, dall’Iraq, dei dolcetti fatti con la farina di ceci. Era l’unica cosa che sapevo, oltre al fatto che fossero di una bontà assoluta. Avevano la forma di un quadrifoglio, erano “scioglievoli” al palato, con un aroma particolare che non ho più ritrovato! Li adoravo..e praticamente ne consumavo scatolette intere. Non li ho più visti, finchè non ho avuto la fortuna di conoscere, tramite gennarino, Rossana. Rossana viene chiamata da tutti come “non umana”. All’inizio pensavo che fosse solo per scherzare e per mettere in evidenza le sue doti culinarie. Mi sbagliavo. Lei è vermante di un altro pianeta! Sa tutto, è impressionante. Chiedetele di una ricetta qualsiasi, di un ingrediente, di una lavorazione..lei lo sa, lo ha già fatto e anche con successo. E’ bravissima e pure simpatica e gentile: non umana, appunto! Ed è anche una cara amica. L’altro giorno cosa posta nella sezione tradizioni in cucina? I Naan Nokhodchi! Quando li ho visti mi è preso un colpo! Erano loro, i mitici dolcetti più sabbiosi e pastosi del mondo! E la spiegazione della ricetta mi invogliava..insomma, si potevano ripetere a casa! Non mi è parso vero e questo è il risultato! Vi avverto subito che ho sbagliato l’altezza: devono essere un pò più alti dei miei, 1 cm e mezzo circa! Io ero convinta di avere l’altezza giusta invece solo alla fine mi sono accorta che era solo 1 cm! Comunque il sapore e la consistenza sono quelli! E ho capito che l’aroma particolare è dato dal cardamomo! Bisogna solo essere molto cauti con la cottura: qualche minuto in più e avrete dei biscottini buonissimi, per carità, ma troppo croccanti e che hanno perso la loro caratteristica consistenza. Col mio forno, 20 minuti massimo (25 sono troppi) e posso confermarvelo perchè una parte del forno cuoce più dell’altra dell’altra (purtroppo ) e quindi ho potuto verificare la diversità fra una metà dei dolcetti e l’altra! Io poi, rispetto a Rossana, dopo essermi consigliata, li ho fatti con la planetaria, a bassissima velocità e con la foglia, per 15 minuti: impasto perfetto!
RICETTA: NAAH NOKHODCHI (BISCOTTI PERSIANI CON FARINA DI CECI)
Ingredienti
Procedimento
Per chiarificare il burro
Porre il burro in una casseruola, sciogliere a fuoco medio e portare ad ebollizione.Rimuovere la schiuma che si sara’ formata in superfice e lasciar sobbollire per una decina di minuti. Il burro sara’ pronto quando i solidi del latte depositati sul fondo della casseruola, comincieranno ad imbrunirsi.Togliere dal fuoco, e lasciar raffreddare. Decantare e filtrare il liquido cosi’ ottenuto.
Impasto
1. Unire farina di ceci, lo zucchero a velo ed il cardamomo in una ciotola e mescolare bene. Aggiungere il burro chiarificato ed intiepidito e mescolare dapprima con un cucchiaio, poi con le mani per incorporare bene il burro.
2. Versare il composto su un piano di lavoro cosparso di farina di ceci e lavorarlo a mano per 10 -15 minuti. All’inizio l’impasto tendera’ a sbriciolarsi, non aggiungere altri liquidi. Continuare a lavorare finche non si sara’ ottenuta una pasta liscia e duttile. (io li ho fatti con 15 minuti di planetaria al mino e con la foglia)
3. Avvolgerla nella pellicola per alimenti e lasciarla riposare per almeno otto ore al fresco.
4. Portare il forno a 180° C e foderare due placche di metallo con carta da forno
5. Stendere la pasta ad uno spessore di 1.5 cm, su un piano di lavoro infarinato con farina di ceci.
6. Tagliare i biscotti e porli sulle placche da forno, decorare con i pistacchi ed infornare per 20-25 minuti. I biscotti saranno appena dorati sul fondo, ma il colore non deve cambiare di molto. Aspettare che si raffreddino completamente prima di rimuoverli dalla placca, sono molto fragili.
Questa cosa di dover stare perennemente a dieta, io proprio non la sopporto più. Ho appena aperto la mail di libero e mi ritrovo il solito messaggio di Spam di “PERDI peso SYSTEM”, che mi viene il nervoso solo a vederlo: come fanno a saperlo? Perchè me lo mandono tutti i santi giorni? Sembra che lo facciano apposta!
A dieta da una vita …(avete presente la canzone di Irene Grandi “vivo in vacanza da una vita”? ecco…per quanto mi riguarda potete sostiuire la parola vacanza con dieta)..per di più faccio parte di quelle categorie di donne che cominciano perennemente la dieta da Lunedì (ma perchè..cominciarla da martedì fa male? Il mercoledì è un reato? Il giovedì non lo prevede la propria religione? etc. etc), che si mortificano la settimana con yogurt, fettine ai ferri e insalate con un cucchiaino di olio per poi andare da mammà/suocera la domenica e non lasciare nel piatto neanche l’ultima briciola del dolcetto conclusivo, dato che la Domenica si ha il “pasto libero” (anche se dubito che il pasto libero del dietologo coincida col mio). Le donne più o meno si possono dividere in tre specie:
Io sono un perfetto esemplare della donna comunis, con il doppio problema di amare spassionatamente la cucina e anche ciò che ne esce ma che poi, sempre per cercare di mantenere un aspetto decente, passa la maggiorparte dei suoi giorni lavorativi a intristirsi col riso in bianco (quelli festivi..beh, vedi sopra). D’altra parte, siccome mi ripeto sempre un detto di una mia amica, “stare a dieta non vuol dire non poter leggere il menù” (anche se lei lo riferiva alla sua propensione a guardare con interesse tutti i bei ragazzi che le passavano accanto, nonostante fosse fidanzata) continuo a comprarmi libri di cucina. Stavolta tocca a ” Dolcezze, la grande cucina campana” di Rossella Guarracino, dove ho trovato tutti i bendettissimi dolci che vi possono venire in mente. Almeno uno dovevo provarlo no? io non lo assaggio neanche, vi giuro che lo regalo!
RICETTA: TARALLI NASPRATI
Ingredienti
Procedimento
Prima di cominciare a lavorare gli ingredienti, portate a bollore una capace casseruola piena di acqua e scaldate il forno a 180°. Setacciate la farina sulla spianatoia con il lievito e fate la fontana; al centro mettete lo zucchero, le uova, il liquore, lo strutto e un pochino di sale, quindi lavorate energeticamente tutti gli ingredienti fino a ottenere un impasto morbido e omogeneo (io l’ho fatto con la planateria e la foglia). Spianatelo ad un altezza di 1 cm e ritagliate tante ciambelline utilizzando uno stampo ad anello di circa 6 cm (io non l’avevo e ho usato du coppapasta rotondi di due misure diverse). Tuffate le ciambelline nell’acqua bollente, aspettate che tornino a galla e dopo un minuto scolatele. Asciugatele con un canovaccio e trasferitele su una teglia coperta di carta da forno. Infornatele e fatele dorare per 15 minuti (col mio forno ce ne sono voluti 20-25); estraetele dal forno e fatele raffreddare poi naspratele immegerndole nella glassa bianca. Fate asciugare per qualche ora. Per quanto riguarda la glassa, non c’era indicazione e mi ripropongo di chiedere all’autrice…io li ho fatti ieri sera e per fare presto ho semplicemente preso lo zucchero a velo e messo un goccino-ino-ino di acqua..ma chiederò se lei usa anche il bianco d’uovo.