L’ultimo post risale a più di due anni fa: che ci faccio qui?
Non lo so. Riapro il blog?
Non lo so. Avevo voglia di salutarvi?
Sì, quello lo so: volevo salutarvi.
Dunque, la mia assenza da questo blog si può spiegare con un master (alla mia età!), varie certificazioni (ancora in atto), un periodo di studio pesante, bla bla bla, la famiglia, il lavoro, i due banditi che crescono e che mi hanno assorbito che neanche l’acqua una spugna disidratata, e bla, bla bla.
Ogni tanto ci vuole, un bel pranzo in famiglia, magari per festeggiare, che so, il nuovo lavoro del marito :)
Lavoro bello e che ci avvicina ancora di più al mondo del vino, ma questa è un’altra storia. Solo che se già prima gli influssi del sommelier si sentivano, ora avremo tutte le ragioni per esserne inondati! E ne siamo felici.
Dunque, per questa Domenica ho deciso che era tempo di rimettere mani ai fornelli e di fare qualche cosa che non fosse il solito pasto veloce/insipido/indecente delle ultime settimane.
Era il 2015, numero 14 di So Good, che Christophe Renou pubblicava la ricetta della sua Fraiser Rivisitè.
Lui, un ragazzo dall’aria per bene, tranquilla , quasi timida, aveva creato questo dolce per il Meilleurs Ouvriers de France. La sfida era immaginare un dolce senza anelli e stampi e lui ha pensato ad una spirale. Inutile dire che fu un enorme successo. Questo dolce è praticamente diventato il pallino di molti pasticceri di tutta Europa. Ne ho anche visti degli esemplari riprodotto in Italia ma rendiamo merito a Renou perché è suo. Punto.
Non avevo la minima intenzione di fare un post su questa glassa, pensando che in rete se ne trovassero già molte. Poi però, messa la foto su fb dei vari passi e della torta finale che ho fatto recentemente per mio cognato, molte persone me lo hanno chiesto e allora, perché no? Antonio Bachour è molto conosciuto ma mai abbastanza e forse proprio qui in Italia meno che nelle altre parti del mondo.
Se c’è una cosa che amo mangiare, sono i biscotti. La pasticceria da tè resta una delle mie preferite (anche quando non ho il tè).
Non lo so, sarà la frolla che si scioglie in bocca, l’eleganza del gusto e della vista, la possibilità di assaggiare più gusti alla volta. Li amo, c’è poco da fare.
Capita anche a voi, dopo aver lavorato duramente tutta la settimana, dopo aver trattenuto il fiato per cinque giorni, di arrivare al weekend e di volersi rilassare facendo almeno una cosa bella in cucina? Sì, lo so, capita anche a me.
La cosa un po’ drammatica è che ormai il sabato e la domenica sono destinati a fare quello che in casa non si fa durante la settimana (questa storia che uno deve andare a lavorare togliendo tempo alla cucina, deve finire). Però il dolce lo faccio lo stesso. Specie se è semplice. Specie se è alla nocciola. Specie se è di Michalak.
Vostro onore, signore della giuria, ho diritto ad una difesa e scelgo di difendermi da sola, come dilettante barra amatoriale della pasticceria, questa nobile arte.
Sì, signori della giuria. La verità è che noi l’amiamo e chi ama compie spesso azioni di getto ma senza cattive intenzioni, non potrete non convenirne.
La tartelletta non è per tutti. E’ la verità.
Di tartellette, variamente farcite, potrei fare scorta. E’ quel tipo di dolce consolatorio di cui non posso fare a meno e per questo motivo mi trattengo dal prepararne quanti tipi vorrei, capitemi.
E’ il concetto espresso da questo tipo di dolce, che mi fa impazzire: il segreto. Il fatto di nascondere, di celare qualcosa che però intravedi e che intuisci possa essere gustoso. Per questo dico che non è per tutti. C’è chi vuole un dolce che si veda subito, che si capisca, che si esponga prima di essere morso. C’è chi apprezza un dolce che è un rischio perché devi assaggiarlo per capire com’è.
Outrageous, dice Martha Stewart.
Sì, oltraggiosi. Quasi indecenti, scandalosi se vogliamo, sia per l’immagine che per la ricetta.
Intendiamoci, sono facili da far spavento, quindi nessuna remora o indecenza nella fattura di questi cookies. Ma il cioccolato sta lì e non si accontenta di dire “ci sono anche io”, lo urla proprio a gran voce. E non solo: si unisce a zucchero di canna, burro, vaniglia, farina, uova.. connubio peccaminoso. Punto.
Vi ho convinti a provarli? Spero di sì, e lo spero per voi, perché sono buoni davvero, questi cookies di Martha Stewart. Che, un po’ come per i crinkle e la cheesecake, ha una speciale abilità nel rendere al meglio tutta la tradizione americana. Questi sono fra i migliori cookies mai provati. Li ho anche serviti, caldi, con del gelato allo zabaione fatto in casa. Non aggiungo altro per decenza.
La ricetta è disarmante davvero, talmente disarmante che si può azzardare ad accendere in forno anche durante questo caldo infernale. I chocolate cookies caldi sono altamente rinfrescanti, non lo sapevate?
Ingredienti
Procedimento
Il tempo corre velocemente e devo sbrigarmi, perché almeno un’altra ricetta, per questo mtc firmato da Dani e Juri, voglio provare a lasciarla. Nella mia testa c’era anche la terza ma niente, sono riuscita solo con la seconda.
Questo mese, l’mtc è tutto sui biscotti (“santi subito” gli organizzatori tutti) e come si fa a resistere? Non si può, infatti. Ripeto, il post di Dani e Juri è assolutamente ricco e ben fatto, quindi possiamo tutti attingere a piene mani dai loro studi!