Come dicevo nello scorso post, ho preso a fare una certa quantità di crepe: dopo quelle con la farina di fave, sono passata a quelle con la farina di castagne e ho terminato, oggi, con quelle con la farina “normale”! Ho fatto il percorso inverso ma alla fine ci sono arrivata! Volevate che, dopo una preparazione salata, non facessi un dolce?? Impossibile, è più forte di me! E una serie di fattori mi hanno costretto: non volevo ma non ho potuto fare altrimenti.
Cosa si fa la prima Domenica del mese? Si sta a casa a curare i figli col raffreddore (come successo nelle ultime 5 domeniche)? Si stira la pila interminabile di panni? Si decide se prendere l’aspirapolvere in mano subito o aspettare una mezz’oretta, giusto il tempo di fare “ohmmmmmmmm” per caricarsi bene? NO, tutto questo si fa le restanti domeniche, non la prima….perchè chi abita nei pressi di Frascati, gioioso paesino dei Castelli romani, la prima domenica del mese se ne va un paio di ore al Mercatino, quello con la M maiuscola!
Anni fa mi capitò di mangiare per la prima volta la creme brulée (o meglio, quella che io pensavo essere una creme brulée) e alla domanda “cos’è e come la fate” l’incauto cameriere rispose: “ Signorina..e come vuole che si faccia? Prende un po’ di crema pasticcera, ci mette lo zucchero e fa il caramello”. Non metto in dubbio che avessero fatto proprio così, considerando che mi sono mangiata una mappazza di crema pasticcera tanto soda che il cucchiaino stava in piedi comodamente senza appoggio e che, in pratica, per mandare giù il boccone di crema dovevo masticarlo…fatto sta che quella non era affatto una creme brulée (come poi ho scoperto negli anni avvenire).
Anni fa , non ricordo dove fossi, vidi la copertina di un libro che mi colpì profondamente: fondo nero e, su un’alzatina trasparente, delle splendide pesche di prato. La scena era tutta per loro: erano semplicemente perfette. In molte pasticcerie si trovavano (e si trovano) le pesche (la denominazione “di Prato” non viene quasi mai aggiunta qui a Roma)…ma si vedeva lontano un miglio quanto quelle della copertina fossero diverse. Ho sfogliato quel libro velocemente, ricordo che avevo pochissimo tempo. Poi all’epoca non avevo ancora la passione per tutti i libri di cucina..quindi lasciai il libro. Me ne sono pentita quasi subito, anche perché non l’ho più ritrovato. Potete quindi immaginare cosa ho provato quando me lo sono ritrovata fra le mani, complice la partecipazione al contest di Simona, cib’arte.
Questo amore
Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato
Lo confesso: non ero un’amante del panettone. Non mi piacciono i canditi e trovarmeli nel panettone mi irritava…poi quella punta di acido in moltissime delle fette di panettone ( che da Ottobre in poi si trovano in tutti i supermercati tanto per avvantaggiarsi e non arrivare due mesi dopo senza la scatola dei desideri con, magari, la cartolina per vincere l’auto dei propri sogni..) ..insomma…non mi piacevano, che dovevo fare? Poi però è capitata una cosa buffa: che a Gente del Fud ci hanno fatto trovare, a metà Giugno, un panettone enorme da gustare in piena costiera sorrentina :)…e che panettone! Il panettone Loison…L’aspetto era bellissimo e allora ne ho provato un pezzettino-ino-ino…una rivelazione! A quel punto non sapevo se era l’atmosfera, il fatto di mangiarlo totalmente fuori stagione (che poi..perchè deve esistere una stagione per un dolce così??) o proprio la bontà intrensica, fatto sta che mi piacevano anche l’uvetta e i canditi..quindi ho concluso che dovesse essere un mero colpo di fortuna!
Poco tempo fa, ho parlato direttamente col Signor Loison in persona…che ha deciso convincermi che caso non era e di inviarmi un “dolce pensiero” (come dice lui)…..che dolce pensiero non era neanche per niente, perchè definire “pensiero” quella scatola delle meraviglie mi sembra riduttivo. Mi sono trovata, a metà Settembre, con un panettone al limone, uno al prosecco e uno all’amarena….li dovevo provare assolutamente e la scelta è ricaduta sul panettone all’amarena (con amarene grandissime dentro l’impasto..e senza canditi :) ). Una gusto che non vi posso dire…morbidissimo, profumato, non acido, equilibrato….Il Signor Loison mi ha convinto: il panettone mi piace! E anche parecchio e tanto da decidere, a Settembre, quali saranno i prossimi regali di Natale anche perchè la confezione è meravigliosa e questo non guasta mai!
Per me quel panettone è splendido e perfetto così..ma la Loison ha un intero sito dedicato a ricette “insolite” che hanno il panettone come protagonista: se ne possono trovare veramente di tutti i tipi e lo capisco, considerando le diverse di qualità di dolci che la Loison produce.
Io dò il mio piccolo contributo con un dolce fatto a partire, neanche a dirlo, con il panettone all’amarena.
RICETTA: DELIZIE DI PANETTONE ALL’AMARENA CON CHANTILLY ALLA NOCCIOLA, GLASSA AL MASCARPONE E RIDUZIONE DI AMARENA E MERLOT
Ingredienti:
Per la base
Per la chantilly alla nocciola
Per la glassa al mascarpone
Per la riduzione
Procedimento
Fate sciolgliere i 50 gr di zucchero a freddo finchè diventa dorato e unite le nocciole. Tostate per qualche secondo, versate su un foglio di carta da forno e fate freddare. Spezzate il croccante ottenuto grossolanamente e versatelo in un frullatore. Frullatelo finchè non avrà raggiunto la consistenza di una crema.
Per la chantilly alla: stemperare la crema pasticcera fredda di frigo con una frusta, al fine di ottenere una massa ben liscia ed omogenea; prelevatene circa la metà e scaldatela al micronde , quindi unite la colla di pesce ammollata e fatela sciogleire. Versate il pralinato aggiungete il resto della crema pasticcera fredda.
Nel frattempo montate la panna e unitela alla crema molto delicatamente, con un movimento del cucchiaio dal basso verso l’alto, in modo da ottenere una crema chantilly ben areata e leggera. Coprite con pellicola trasparente e conservate in frigo.
Per la glassa al mascarpone: unite al mascarpone la crema pasticcera, poi incorporate la panna leggermente sbattuta, ma ancora semiliquida.
Per la riduzione: mettete in un pentolino lo sciroppo di amarena (io ho preso quello che c’era nel vasetto di amarene sciroppate che ho usato per decorare), unite il Merlot e fate cuocere fino a che si sarà ridotto.
Per il montaggio del dolce: prendete 8 stampini da cup cake. Ritagliate due dischetti di panettone all’amarena della stessa misura dello stampino. Appoggiate un dischetto sulla base, unite uno strato di chantilly alla nocciola e coprite con un altro discehtto di panettone. Mettete in freezer per almeno mezz’ora (un’ora è meglio). Sformate i dolci dagli stampini e ricopriteli con la glassa al mascarpone (io li ho praticamente tuffati dentro la glassa :) ); adagiateli sul piatto di portata, versate la riduzione attorno al bordo e completate con un’amarena.
La Pasionaria -cocò giocava tranquilla a “infiliamo-una-supposta-vera-a-un-bambolotto-finto” . Purtroppo cocò ha un’inopportuna paura verso le “toppottine”, inopportuna perchè soffre continuamente di tosse, raffreddore, mal di gola e quindi supposte e altri ausili medici sono sempre nostri fedeli compagni di viaggio. Quando mi aveva chiesto di mettere una supposta al bambolotto l’ho assecondata, sperando che magari così potesse esorcizzare la sua paura. Il problema è che, come al solito, non si accontenta e quindi aveva deciso di prendere 3 supposte di 3 formati e colori diversi, e stava armeggiando per riuscire a togliere l’involucro. Io, onestamente l’ho lasciata fare. l’unica certezza che ho è che, alla fine, di 3 supposte solo 2 rispondevano all’appello e non voglio neanche sapere che fine ha fatto fare alla dispersa. Data la calma apparente ho pensato che fosse il momento buono per poter provare una ricetta di Salvatore De Riso. Ho cominciato così a prendere gli ingredienti (e a fare rumore, ovviamente). A quel punto Cocò alza il viso di scatto e chiede “che mangiiiii?????” mentre corre verso la cucina, sia mai dovesse perdersi qualcosa (questa sua reazione tipica è causa di scene comiche della serie, io che provo a bere il the e appena lei mi chiede “che mangi?” mi strafogo i 3 biscotti che avevo sul piattino, altrimenti non li rivedrei più…). Quando mi vede armeggiare sul tavolo, si siede sul seggiolone e dice che vuole cucinare pure lei. “Ti piace cucinare?” le chiedo, tutta orgogliosa, “No, mi piasce mangiare”. Ah ecco. In ogni modo decide di cucinare anche lei e prende in mano dei cereali al cacao e delle patatine al formaggio e comincia a schiacciarli fino a ridurli in polvere. Li mescola nel piattino e poi, di botto, tira su il piattino e se lo spiaccica sulla faccia, leccandone il contenuto. “Hummm..che bono“. Guardo un attimo con ribrezzo quella polvere strana e decido che è giunta l’ora di preparare la base. Uova, zucchero, farina, etc.. etc.. Faccio per accendere lo sbattitore..”il prosssciuttoooo!” Uffaaa..io odio essere interrotta mentre cucino ma potevo negarle una misera fetta di prosciutto crudo dopo 2 biberon di latte, la pizza bianca e una polvere non meglio identificata? “Una fetta e basta”. Lei la mangia e accendo lo sbattitore. Dopo pochi minuti dovevo cominciare a montare i bianchi quando mi accorgo che lei aveva appena chiuso il frigo e di corsa si era avviata verso il divano. Humm…non mi quadrava, non mi convinceva per niente. La raggiungo e la trovo con tutta la confezione di prosciutto crudo sulle gambe mentre stringe contemporaneamente 2 hg di prosciutti e cerca di mangiarlo a pezzi. “Voio il prossciutto”. Le tolgo quello che rimaneva del mio amato salume, la rimprovero come si deve..e poi cerco di riprendere a montare i bianchi. Ma si può cucinare così?????? La cosa è andata avanti per tutto il pomeriggio e giuro che ci ho messo il massimo impegno nel cercare di finire questi Sospiri di Sal de Riso….che vi assicuro per me si chiamano sospiri di nome e di fatto ( ..tralascio il disastro epico della cucina fra la preparazione dei dolci e le marachelle di Cocò!)
Questa ricetta è, a mio avviso, molto particolare perchè utilizza il rosmarino in un dolce, in abbinamento ai frutti di bosco e…. mi è piaciuta molto. L’unica condizione è quella di amare spassionatamente il rosmarino perchè il retrogusto è intenso!
RICETTA: SOSPIRI AL ROSMARINO E FRUTTI DI BOSCO DI SALVATORE DE RISO
Ingredienti
Per il pan di spagna leggero:
Per la crema al rosmarino
Per la glassa ai frutti di bosco
Procedimento
Preparate il pan di spagna leggero. Rompete le uova e separate i tuorli dagli albumi. In un’ampia terrina montare i tuorlo con 40 gr di zucchero, il limone grattugiato e il rosmarino tritato. A parte, montate gli albumi con i rimanenti 50 gr di zucchero e 5 gocce di succo di limone, fino a farli diventare ben sodi. Setacciate la farina e la fecola. Unite delicatamente i tuorli e gli albumi montati e aggiungete poco per volta la farina e la fecola. Colate il composto in semisfere di silicone di 3 cm di diametro e cuocete in forno, già caldo, a 170° C per circa 10 minuti. Quindi lasciate raffreddare a temepratura ambiente. Ogni sospiro sarà composto da due semisfere di pan di spagna.
Preparate la crema al rosmarino. Fate bollire la panna e il latte con il rosmarino e lasciatelo in infusione per circa 30 minuti. A parte, in un pentolino miscelate i tuorli con lo zucchero, l’amido e il sale. Filtrate il latte e la panna e aggiungetelo al composto di tuorli e zucchero. Cuocete la crema a 82°C, (quando si ispessisce) poi raffreddate velocemente in freezer stendendola in una teglia d’acciaio (serve ad evitare la formazione di batteri), ricoperta a contatto diretto con pellicola trasparente.
Preparate la glassa ai frutti di bosco. frullate in un frullatore i frutti di bosco puliti con lo zucchero e l’amido. Versate in una pentola e fate bollire a fuoce basso, rimestando con un cucchiaio di legno, fino ad arrivare a una temepratura di 104°. Togliete dal fuoco e aggiungete il succo di limone e la gelatina, preedentemente messa a bagno in acqua fredda. Poi filtrate attraverso una retina eliminando eventuali grumi e semini della frutta (io li ho lasciati). Conservate la glassa a temperatura ambiente, ricoperta con pellicola trasparente posta a diretto contatto con la superficie.
Preparate i sospiri. Senza sformarle dal loro stampo, farcite le cupolette di pan di spagna con la crema al rosmarino, aiutandovi con un sac-a-poche con la bocchetta riccia di 8 mm di diamtero. Togliete dallo stampo di silicone la metà delle cupolette farcite e tagliate la parte tondeggiante. Adagiate al centro di ognuna uno spuntone di crema al rosmarino e sopra sistemate un’altra cupoletta farcita, facendole aderire fra loro con la crema. ponetele in freezer per circa 3 ore. Trascorso il tempo necessario sistemate i sospiri sopra una griglia e glassateli, con l’aiuto di un mestolino, con la glassa riscaldata ad una temepratura di circa 35°C. Decorate la superficie del sospiro con un aghetto di rosmarino, precedentemente bagnato in acqua e passato nello zucchero semolato.
P.S.: io non ho gli stampi a cupoletta, quindi ho utilizzato un sac-a-poche creando delle piccole spirali, con l’impasto del pds, su una teglia ricoperta con la carta forno. Avrei dovuto fare le spirali più alte..ma era il primo tentativo e non mi sono regolata bene!
Con questa ricetta partecipo a
Penso che la par condicio sia uno dei principi più importanti da rispettare: chi sono io per parlare solo di una parte del parentado, la parte paterna?? E’ chiaro che la parte materna, potrebbe e a ragione, risentirsi. Specialmente se uno ha la fortuna di avere tutta la famiglia da parte di mammà di origini rigorosamente pugliesi, anzi di più, residente in quel meraviglioso triangolo delle Bermuda italiano costituito da Martina Franca-Ostuni-Ceglie Messapica (Triangolo delle Bermuda perchè il turista che va lì la prima volta, spesso e volentieri non torna più: decide di comprarsi un trullo e rimanere nella Valle d’Itria)!
La vita a volte è dura. Mia nonna, Nonna Rosa, è attaccatissima alla sua terra e alla sue tradizioni, in special modo quando si tratta di gastronomia. Avete presente cosa voglia dire mangiare tutte le domeniche della propria infanzia e giovinezza orecchiette, maccheroncini, purè di fave, peddica, pane di patate, cacio ricotta, etc etc..? Lo so, è un duro lavoro ma qualcuno deve pur farlo :)!
Mia nonna è veramente un personaggio fuori dal comune: è la memoria storica della famiglia, ma anche la memoria di un mondo lontano che, grazie ai suoi racconti, sembra sempre vicinissimo. Fortunatamente, lei racconta spesso le cose che accadevano 70 anni fa! Mi racconta dei trulli, del suo amato padre e della sua mamma (presa fra un anno di gravidanza e uno di allattamento!), dei suoi 10 fratelli e sorelle, delle cose accadute durante il fascismo, delle piccole disavventure quotidiane che, con 10 piccoli scatenati che scorrazzavano in una masseria, erano all’ordine del giorno e lei, essendo la sorella maggiore, era quella che si occupava dell’organizzazione di tutto e della soluzione dei problemi. Dai suoi racconti viene sempre fuori un amore per la terra e per gli animali che a volte, faccio quasi fatica a comprendere, per quanto è intenso. Sono passati 70 anni ma ancora descrive quella bella gallina padovana che girovagava nel pollaio, alta e imponente e che faceva tante uova. Un giorno, un fratello e una sorella più piccola di mia nonna, avevano deciso che volevano vedere la gallina fare le uova. Mia nonna però, aveva detto loro che avrebbero dovuto aspettare il giorno seguente, perchè le aveva già fatte e non se ne prevedevano più. Sapete com’è, la voglia di sperimentazione scientifica dei miei futuri zii era tale, che decisero di “forzare” un pò quella povera gallina. Il lavoro non deve essere stato per niente semplice, dato che una teneva la gallina e l’altro aveva deciso di andarsi a prendere direttamente nel” luogo di origine” il famoso ovetto fresco. La via fisica per arrivare all’uovo che percorse mio zio e lo scempio che fecero di quel povero animale, ve lo lascio immaginare. Mia nonna ha ancora gli occhi lucidi quando lo racconta… parla ancora di quella gallina con affetto. Affetto per niente condiviso, credo, dai suoi ultimi padroncini, dato che della punizione per aver fatto un danno all’animale, all’amministrazione familiare e non ultimo, per aver disobbedito si occupò personalmente la sorella maggiore in carica ( e con certezza posso dire che la gallina ricevette giustizia).
La bella iniziativa di Ornella, “i pasticciotti ammodovostro“, mi ha dato modo di ripensare a tutte queste cose..e non potevo esimermi dal cucinare un bocconotto ( Ornella parla più dei pasticciotti leccesi ma poi vira anche sui bocconotti martinesi e siccome io sono spudoratmante di parte, faccio il bocconotto martinese ammodomio, che poi è parente strettissimo del pasticciotto leccese!).
RICETTA: BOCCONOTTO MARTINESE English version
Ingredienti
Per la frolla:
Per la crema pasticcera (ho modificato di poco la ricetta indicata da Ornella di Paola D’Onofrio)
Per il ripieno e per decorare
Procedimento
Impastare nella planetaria lo strutto e lo zucchero, aggiungere le uova, l’acqua e le farine miscelate con l’ammoniaca (si può fare tranquillamente anche a mano). Formare una palla e mettere a riposare in frigo per almeno due ore. Intanto, preparare la crema: sbattere i turoli con lo zucchero, aggiungere la vaniglia, il pizzico di sale, l’amido e il latte e la panna riscaldati quasi a bollore. Cuocere a fiamma lenta finchè non si rapprende. Formare i pasticciotti. La forma classica sarebbe ovale ma io avevo solo lo stampo rotondo. Imburrare gli stampini (serve a rendere croccante la base della frolla), stendere la frolla, con un coppasta circolare tagliare dei cerchi, sistemarli negli stampi e bucherellare il fondo. Riscaldare il cucchiaio di marmellata al microonde e passarne un velo sul fondo del pasticciotto con un pennello (serve sia ad impermeabilizzare il fondo che a ricordareil gusto dell’amarena). Mettere un bel cucchiaio di crema pasticcera, sistemare un’amarena al centro e coprire con un dischetto di frolla la sommità del pasticciotto. Spennellare con il bianco d’uovo e mettere a cuocere in forno caldo a 180° per 25 minuti.
Un suggerimento molto importante di Ornella, è quello di far freddare i bocconotti a testa in giù, una volta sformati (così si evita la formazione di cavità all’interno del dolcetto). Questo suggerimento lo adopererò anche in altre tartellette ripiene (vedi quelle salate con la ricotta, quelle con le mele, etc..).