Qui c’è lo zampino di alcune amiche un po’ matte. Matte per la pasticceria ( e forse un po’ in generale e per questo mi piacciono :) ).
Insomma, ci piace molto quel genio luminoso di Amaury Guichon. La prima volta che vidi Amaury, anni fa, fu durante la trasmissione francese “qui sera le prochain grand patissier”: edizione mitologica, in cui uscirono fuori altri talenti del calibro di Yann Menguy, per dire.
Era già bravissimo allora ma di strada ne ha fatta tanta e oramai è il pasticcere che sperimenta l’uso degli attrezzi più disparati per riuscire a fare le sue decorazioni (trapano amore mio. E se vedrete i suoi video, capirete il perché).
Vostro onore, signore della giuria, ho diritto ad una difesa e scelgo di difendermi da sola, come dilettante barra amatoriale della pasticceria, questa nobile arte.
Sì, signori della giuria. La verità è che noi l’amiamo e chi ama compie spesso azioni di getto ma senza cattive intenzioni, non potrete non convenirne.
Ho scoperto i dolci del medio oriente e della Persia grazie ad una cara amica e ancora ringrazio la mia buona stella per questa fortuna. Grazie a Rossana mi si è aperto un mondo incredibile. Poi devo dirlo, ho studiato i libri di Ottolenghi, provato vari dolci (ma’amul e NAAH NOKHODCHI), parlato con persone del luogo: insomma, il danno è fatto. Metteteci anche che sono follemente dell’acqua di rose e il quadro è completo. Quando mi capita di usare l’acqua di rose in un dolce, so già che mi sarà difficile staccarmene (e infatti non riesco).
Sono stata a Parigi. E sono tornata. Da Parigi si torna diversi ma questo ve lo racconto poi.
Natale sta arrivando e mi sembrava poco carino non continuare il nostro discorso sulle torte delle feste: dopo il Profiteroles e il Saint Honorè, secondo me ci stava benissimo un bel Mont blanc, dolce maestoso, intenso, ricco, che sembra quasi ispirare la stucchevolezza..e poi invece no.
Solo per due giorni, un sabato e una domenica. Ma sono due mesi che aspetto e non reggo più l’attesa. Vorrei poter dire che starò lì per molto più tempo ma per ora mi accontento. Devo farlo.
Sarà perché è passato un periodo in apnea, sarà perché al capo devi dire che c’è un problema e contemporaneamente portargli la soluzione, sarà che lui è tranquillissimo e tu non dormi per trovarla, quella soluzione. Sarà che non c’è più tempo per te, quando i tuoi figli hanno tutto il tempo per loro, ed è giusto che sia per loro. Sarà che ogni tanto si vorrebbe scoppiare senza sapere cosa ne verrà fuori. Niente, con grande probabilità.
Sarà che per caso ascolti alla radio questa canzone, e non ne capisci neanche una parola ma guardi il video e ti basta. E sarà che inizi a sentirla per un mese intero, sempre, sulla metro, per imparare quelle parole che hanno il suono che fa per te. Se incontrate una a Roma con le cuffie e che canta in francese, non abbiate dubbi, sono io.
E poi c’è il Bataclan. E i morti in Siria. Che la testa s’è fermata solo per un minuto. Ma il cuore no, quello continua per fatti suoi e allora si va, perché c’è Parigi, e il Louvre, e l’Orsay, e Proust, e Oriane Guermantes, e Albertine, e Romain Gary, e Conticini, e Michalak, e Chris Adam, e Yann Couvreur, che sembra che le nuove generazioni di pasticceri francesi li scelgano prima in base a sguardo e prestanza, poi per il grado di genialità.
C’è mia figlia che mi dice “ti prego non andare dai terroristi” e io che rispondo “ti prego, non chiedermelo”.
E allora vado, anche se per poco.
E torno, con la testa più là che qua perché non riesco neanche a spiegarlo cosa sia Parigi per me.
Poi, magari, provo a spiegarlo.
E pensando a Parigi, ecco i Kipferl di Felder (già, c’è anche lui) che fa a Natale; un po’ classici e un po’ no, con l’aggiunta di un cucchiaino di Pandan, appena arrivato da Singapore grazie ad un’amica, che vorrebbe il Pandan come il nuovo petite robe noir delle ricette di questi giorni. E l’avrà.
E i kipferl sono di una bontà inenarrabile. Fateli e passerete delle piacevoli serate ad attendere Natale.
Ingredienti
Procedimento
Da qualche anno c’è la grande mania, mia compresa, di fare regali di Natale che siano non solo fatti in casa ma rigorosamente di stampo cibesco. Biscotti, in particolare. Se non ci sono barattolini o sacchettini di biscotti, non li vogliamo. E, bene inteso, la prossima ricetta riguarderà proprio quelli, perché ultimamente ho fatto dei biscottini irrinunciabili ma la ribellione quest’anno è stata forte: non regalini ma più dolci delle feste per tutti.
Che poi, ci ho fatto anche il pain au chocolat. Croissant francesi nel vero senso della parola, ovvero tanto burro e una crosticina che lascia il segno, almeno nel mio cuore. I Croissant dietetici e buoni non esistono, quindi inutile stare ad inventarsi cose strane: se si vuole un croissant tanto vale non stare a sottilizzare sulla quantità di burro, che qui, per inciso, fa la sua parte.
Il libro di Ottolenghi e di Sami Tamimi è qualcosa in più di un libro di cucina. Intanto, riconosciamo a Jerusalem il fatto di avere due autori. Io Ottolenghi lo amo, ma Tamimi se lo scordano un po’ tutti ed è un peccato. Lo capisco; quando parlo di Jerusalem, lo chiamo “il libro di Ottolenghi” ma tant’è: lo hanno scritto in due.
Delle intenzioni ho detto, e delle coincidenze pure. Non mi resta che raccontarvi il seguito di questo mio viaggio a Parigi. Viaggio fatto in tanti sensi. Uno di questi, quello puramente fisico.
Secondo giorno: metto in moto la famiglia. Oramai anche i bambini se ne sono fatti una ragione: mamma deve andare al luogo dei suoi sogni. Ancora pregustavo il ricordo del sapore degli eclair de genie, che mi dirigevo con un sentimento che era un misto di venerazione, gioia e timore verso Rue du Bac.
Natale, tempo di feste, panettoni, lenticchie e torroni.
In Italia è difficile pensare al Natale senza il torrone bianco e friabile alle mandorle o quello tenero alle nocciole. O, per i golosi inguaribili, al cioccolato e nocciole, con tutte le varianti del caso. Siamo talmente abituati a gustarlo che tendiamo a pensare che sia cosa solo nostra. E forse, dal punto di vista della qualità, lo è (con un pizzico abbondante di campanilismo).