Le feste sono lì per terminare, siamo reduci (ditemi che è un siamo e che vale anche per voi) di mangiate epocali e di pomeriggi passati con i parenti davanti a qualcosa di più di un ben di Dio. Ma manca la Befana e, diciamolo con franchezza, l’ultima domenica prima di cominciare la famosissima dieta di Lunedì-prossimo.
Sono stata a Parigi. E sono tornata. Da Parigi si torna diversi ma questo ve lo racconto poi.
Natale sta arrivando e mi sembrava poco carino non continuare il nostro discorso sulle torte delle feste: dopo il Profiteroles e il Saint Honorè, secondo me ci stava benissimo un bel Mont blanc, dolce maestoso, intenso, ricco, che sembra quasi ispirare la stucchevolezza..e poi invece no.
Solo per due giorni, un sabato e una domenica. Ma sono due mesi che aspetto e non reggo più l’attesa. Vorrei poter dire che starò lì per molto più tempo ma per ora mi accontento. Devo farlo.
Sarà perché è passato un periodo in apnea, sarà perché al capo devi dire che c’è un problema e contemporaneamente portargli la soluzione, sarà che lui è tranquillissimo e tu non dormi per trovarla, quella soluzione. Sarà che non c’è più tempo per te, quando i tuoi figli hanno tutto il tempo per loro, ed è giusto che sia per loro. Sarà che ogni tanto si vorrebbe scoppiare senza sapere cosa ne verrà fuori. Niente, con grande probabilità.
Sarà che per caso ascolti alla radio questa canzone, e non ne capisci neanche una parola ma guardi il video e ti basta. E sarà che inizi a sentirla per un mese intero, sempre, sulla metro, per imparare quelle parole che hanno il suono che fa per te. Se incontrate una a Roma con le cuffie e che canta in francese, non abbiate dubbi, sono io.
E poi c’è il Bataclan. E i morti in Siria. Che la testa s’è fermata solo per un minuto. Ma il cuore no, quello continua per fatti suoi e allora si va, perché c’è Parigi, e il Louvre, e l’Orsay, e Proust, e Oriane Guermantes, e Albertine, e Romain Gary, e Conticini, e Michalak, e Chris Adam, e Yann Couvreur, che sembra che le nuove generazioni di pasticceri francesi li scelgano prima in base a sguardo e prestanza, poi per il grado di genialità.
C’è mia figlia che mi dice “ti prego non andare dai terroristi” e io che rispondo “ti prego, non chiedermelo”.
E allora vado, anche se per poco.
E torno, con la testa più là che qua perché non riesco neanche a spiegarlo cosa sia Parigi per me.
Poi, magari, provo a spiegarlo.
E pensando a Parigi, ecco i Kipferl di Felder (già, c’è anche lui) che fa a Natale; un po’ classici e un po’ no, con l’aggiunta di un cucchiaino di Pandan, appena arrivato da Singapore grazie ad un’amica, che vorrebbe il Pandan come il nuovo petite robe noir delle ricette di questi giorni. E l’avrà.
E i kipferl sono di una bontà inenarrabile. Fateli e passerete delle piacevoli serate ad attendere Natale.
Ingredienti
Procedimento
I dolci delle feste sembrano interessare non solo me, ma tanti di voi. E molti mi hanno chiesto: quale sarà il prossimo, dopo il profiterole?
Eccolo qui, il Saint Honoré. All’italiana e di Iginio Massari. Intendiamoci, io amo quello francese, con la pasta sfoglia, le composizioni moderne, e tutto… ma questo, da quando l’ho visto nel video di Sweety (manifestazione che ancora rimpiango), ce l’avevo sul groppone. Dovevo farlo a tutti i costi. A noi italiani piace il Saint Honoré con il pan di spagna (qui potete trovare un po’ di informazioni sul pds) ed è uno dei dolci più venduti in pasticceria.
A dire la verità, quando ho controllato la ricetta e il numero di uova, nonostante non sia certo una che fa economia sugli ingredienti, ho deglutito (giusto un po’). Ma poi ho pensato all’hashtag #fattianchetucazziaredamassari (che Santin merita l’applauso): chi sono io per farmi cazziare mentre sono a casa e non eseguo pedissequamente una ricetta del Maestro? Meglio farmi cazziare se e quando un giorno farò un corso serio con lui. Almeno lì, la soddisfazione sarà totale.
Dicevo, nell’ultimo post, che ho la ricetta di biscotti irrinunciabili. Bisogna ringraziare tutti insieme la Martha Stewart, per questi chocolate crinkle cookies: morbidi, fondenti al morso, con una bella crosticina croccante ma molto sottile, che hanno lo spiacevole effetto collaterale di farsi mangiare uno dopo l’altro. E intendo proprio uno- dopo-l’altro.
Da qualche anno c’è la grande mania, mia compresa, di fare regali di Natale che siano non solo fatti in casa ma rigorosamente di stampo cibesco. Biscotti, in particolare. Se non ci sono barattolini o sacchettini di biscotti, non li vogliamo. E, bene inteso, la prossima ricetta riguarderà proprio quelli, perché ultimamente ho fatto dei biscottini irrinunciabili ma la ribellione quest’anno è stata forte: non regalini ma più dolci delle feste per tutti.
Una crostata semplice, di quelle da fare senza stare a riflettere troppo, da mangiare la domenica pomeriggio, magari una domenica di autunno, che però sembra estate, ma non importa. In autunno una fetta di crostata e una tazza di tè ci stanno sempre bene.
Mi avanzavano delle cose e mi sembrava un delitto non usarle. Così son venuti fuori due dolci, diversi, uno con carattere più moderno e uno più rustico, ma che mi son piaciuti molto entrambi. D’altronde, mi piace vincere facile, se i resti in questione sono la frolla e la riduzione di vino rosso del dolce d’autunno di Santin.
Raramente riduco le dosi indicate dai pasticceri, semplicemente perché il congelatore esiste e mi tiene lì le parti che avanzano, permettendomi di comporre un dolce con una velocità che altrimenti non sarebbe possibile. A volte mi dite: per fare quel dolce ci vogliono due o tre giorni. Assolutamente sì, a meno che non abbiate congelate le basi e allora il discorso si velocizza, o almeno si velocizza di una giornata!
Il dolce del sabato. Nasce così quest’ultima passione per Bachour. Ho questo libro stupendo, Bachour – Simply beautiful, dove il dolce al piatto regna sovrano. E allora che potevo fare, se non pensare di fare un dolce ogni sabato?
La panna cotta, ovvero quel dessert che si prende il sabato sera con gli amici nel pub di turno. Solitamente servito in un bicchiere e coperto di cioccolato o confettura o, nel peggiore dei casi, servito direttamente nel contenitore di alluminio usa e getta, o almeno a me è sempre capitato così.