Questa volta doveva essere vintage, che più vintage non si può.
Vista la ricetta proposta da Marina per questa mese, mi è venuta improvvisa voglia di quelle decorazioni che faceva mia nonna, che ricordo da lontano e che avevano, su di me, l’effetto di pieno stupore.
Il sartù di riso, ecco la ricetta proposta per questo mese per l’Mtc.
Sweety è appena passato e ancora devo riprendermi dalle emozioni. Ci metterò un po’ ma poi vi racconto come è andata: per me, per le finaliste, per il pubblico, per i giudici. Per tutto insomma. Sono felice, nonostante il meccanismo sia tutto da oliare … ma le premesse sono talmente buone che dire “ne vale la pena” è poco.
A parte queste due cosette da nulla :), volevo prima di tutto dare spazio alla gara di una che è responsabile di avermi fatto fare tre tipi di gnocchi in una giornata: quelli rustici, quelli un po’ più snob e quelli pieni di sé ma con un’anima.
Non è che sia impazzita e che mi sia data alla presentazione di piatti minimal. Cinque gnocchi nel piatto sono davvero pochi, lo so. Ma noi abbiamo fatto uno gnocchi tour de force, per riuscire a provare tutte le versioni proposte da Anna Rita. Capitemi: tre tipi di gnocchi, di cui uno ripieno, le porzioni dovevano per forza essere, diciamo, moderate.
E allora ecco la seconda versione per l’mtc di questo mese.
Settembre è arrivato e, neanche a dirlo, si ricomincia con l’mtc. Che questo mese ha un tema che per me è peggio di una droga: gli gnocchi.
Io li amo. Ma tanto proprio. E su questo blog ogni tanto fanno capolino.
Quindi l’immensa felicità di sapere che Anna Rita avesse proposto gli gnocchi, neanche la potete immaginare.
Che l’estate sia fonte, per me, di situazioni tragicomiche, lo sapevamo.
Non so, mi accadano sempre cose (cose che fanno i miei figli) che capire se ridere o piangere, o ridere e piangere, già sarebbe un bel progresso.
Il leitmotiv di quest’anno è stato che la piccola di casa tanto più piccola non è. Lei, La Pasionaria, ha compiuto otto anni. Si avvicina pericolosamente alla soglia dei dodici, che ogni genitore di figlie femmine sa essere uno dei momenti più drammatici della vita. Ma mancano ancora quattro anni e voglio godermeli.
E, a dire la verità, io ci riesco piuttosto bene, perché quest’anno mi sono fatta tante di quelle risate che mai avrei immaginato.
Dunque, l’antefatto era che l’anno scorso La Pasionaria e Albertino si erano fatti un nutrito gruppo di amici e amiche che vedevano la sera al parco, fra un giro in altalena e un nascondino veloce. La cosa interessante era la presenza di due gemelli, che chiameremo convenzionalmente Carlo e Francesco. Tali gemelli assurgevano a prediletti de La Pasionaria, che le prime sere tornava a casa molto sconsolata dichiarando che non sapesse scegliere fra l’uno e l’altro. La vita è dura, rispondevo io.
Alla fine dell’estate sembrava che la preferenza fosse stata accordata a quello che convenzionalmente chiameremo Francesco, tanto è vero che, sotto lo sguardo di un preoccupatissimo padre, ogni tanto lei e lui giravano nel parco mano nella mano. Ma l’estate finì presto e facemmo finta di non vedere.
Quest’anno, appena arrivati lei ha subito cominciato a sporgere la testa, a guardare i ragazzini che passavano ma di Carlo e Francesco neanche l’ombra. E questo per quasi tutta la vacanza. Ma, a due giorni dalla fine, quello che convenzionalmente chiameremo Francesco, appare a cavallo della sua bicicletta pronunciando un romanticissimo “oh ciao, dai che domani ci vediamo”.
La pasionaria si gira e mi guarda. Mi guarda e sorride imbarazzata. La guardo e sorrido e basta. Il padre mi guarda e non sorride affatto. “Dai su, che sono bambini, lui ha dodici anni”. La cosa non deve averlo tranquillizzato dato che un ringhio sottile ma deciso usciva dalle sue labbra.
Comunque, mancavano solo due giorni e saremmo andati via.
Il giorno dopo, di pomeriggio, mio marito (che convenzionalmente chiameremo Il padre) esce per sbrigare alcune commissioni. Io ero a casa con i bambini e stiravo le cose da mettere in valigia (sì, lo so, non mi dite niente). Suona il citofono e vado a rispondere con una certa curiosità, dato che non aspettavo nessuno. “Siamo venuti a trovare La Pasionaria”,mi dicono due voci in coro. Non Albertino, badate bene, ma proprio La pasionaria.
“Prego, salite”. E che altro potevo fare? In effetti ai miei tempi difficilmente avrei suonato al citofono di un mio amico. E se proprio, avrei chiesto gentilmente il permesso di poterci parlare. I gemelli invece si sono praticamente autoinvitati a casa nostra, con il proposito di venire a trovare una Pasionaria che, capita la portata della visita, ha tirato su la testa, si è rimessa il cerchietto, ha aperto la porta ed è volata giù per le scale ad accoglierli. E io non vedevo l’ora che tornasse il padre.
I gemelli sono saliti e sono stati accolti in cucina. Mentre li faceva passare, lungo il corridoio lei si è girata sibilandomi un “faccio tutto io”.
Il tutto comprendeva versare tre bicchieri di aranciata e riempire altri tre bicchieri di gelato (roba che la sera per farle mettere in ordine qualsiasi cosa, sono lotte). Loro erano lì, che facevano battute mediamente cretine, mentre lei rideva con precisione matematica. E io non vedevo l’ora che tornasse il padre.
Questo desiderio è stato esaurito perché ho sentito una chiave aprire una porta.
“abbiamo ospiti” ho detto io come benvenuto. Allo sguardo interrogativo ho risposto “Carlo e Francesco, sono venuti espressamente a trovarla”.
Lo sguardo del Padre, signori miei, mi ha ripagata di tutti i dolori del parto. Orrore e sconcerto. Tanto più orrore e sconcerto quando ha saputo che al prediletto Francesco Lei aveva offerto (in più) il suo pacchetto di patatine preferite e che aveva fatto tenere il suo gatto in braccio.
Ma nulla a confronto dello sguardo successivo. E’ stato tutto molto veloce. I tre hanno deciso di giocare a nascondino: Carlo avrebbe contato e loro due si sarebbero nascosti. Nel momento in cui io mi affannavo a spiegare al Padre che avevamo ospiti, La pasionaria e Francesco scappavano nella stanza dove si trovava Albertino (a giocare con play station). Scappavano talmente veloci che, evidentemente, avevano la necessità di tenersi per mano e sono praticamente andati a sbattere contro il Padre che si è messo di lato in tempo per: a) lasciarli passare e b) vedere la scena.
I due volano in camera mentre il Padre si gira con occhi spiritati e mi dice, muovendo solo la bocca, scandendo bene e facendo uscire un filo di voce “si davano la mano!!”
Sono scoppiata a ridere, non potevo resistere. Gongolavo. “io non le ho mai fatte queste cose” “e che le deve fare lei???”
La risata compulsiva aveva preso il sopravvento. La Pasionaria ora si trovava sul balcone e giocava a carte con Francesco mentre iL padre infilava la testa per guardare lei che, contemporaneamente, mi l faceva segni di sparire. Il tenore dello sguardo e delle parole di mio marito ricordava tanto una scena di Bad boys.
Cosa dovrei raccontarvi di più? Che si sono salutati con un bacio sulla guancia? Che la sera si sono rivisti alle giostre e che lui ha invitato lei a salire sul retro della bicicletta, ricevendo un secco no da parte del Padre, il quale asseriva che erano giochi pericolosi? Che sulla via del ritorno, dopo tale rifiuto, lui ci ha seguiti in bici, raccontando di come avesse fatto saltare la corrente del nuovo cinema, riuscendo a staccare gli interruttori? Di come Il Padre abbia commentato “Pure un teppista” con i soliti occhi spiratati?
No, vi racconterò del nostro piatto dell’estate,argomento meno spinoso e più utile alla gola!
Dunque, il sugo all’Imperatora. Mia madre fa questo sughetto da tanti anni, e cioè da quando lo vide su un di quei vecchi ricettari che girano in tutte le case italiani, quelli di carta non troppo bianca, senza figure e al massimo con qualche disegno mal fatto. Ma con ricette di sicura riuscita. Nessuno di noi riesce a trovare quel libro o a ricordarsi come si chiami e quindi perdonatemi se non posso essere più precisa nella citazione. Ma sappiate che p farina del sacco altrui.
Ho sempre pensato (con un grande sforzo di fantasia) che il nome imperatora fosse collegato all’ alloro presente. Poi metteteci anche la presenza della cannella e il senso della cucina rinascimentale c’è.
Con questo sugo potete condirci della pasta secca o della pasta fresca, la classica con acqua e farina (io ho usata quella). A casa mia ci sono due partiti: quelli che terminano con pecorino (i più, fra cui io) e quelli che rifiniscono con parmigiano. Continuo a sostenere che un buon pecorino sia la morte sua.
Ingredienti
Procedimento
Mancano davvero pochissimi giorni, avevo un altro formato di pasta straordinario, una mozzarella di bufala dop appena arrivata a casa e la notizia di essere entrata fra i tre finalisti dell’altro contest: potevo non fare un altro piatto per il concorso de Le strade della Mozzarella sulla pasta?
Dai, no!
Come dicevo nel post delle lagane e ceci, la proposta di questo mese della Vitto mi ha entusiasmato: minestroni e zuppe. Nel primo post ho presentato un piatto legato allì’origine della mai famiglia, quello che mi faceva spesso mio nonna e che lasciava un’aria con una densità specifica diversa, ovvero con una densità dilagane e ceci. Chiunque abbia avuto una nonna o una mamma che cucinava zuppe e minestre, sa di cosa parlo.
Qui ho fatto una zuppa che ricorda, ancora una volta, il Cilento, anche se modificato qualcosa della ricetta originaria.
Esiste una versione di minestrone con fagioli e castagne, a cui ho pensato di aggiungere una verdura, come il cavolo nero e un po’ di salsiccia , per renderlo un piatto unico.
La fetta di pane semplice o bruscata è sempre un piacevole accompagnamento. Non ho voluto mettere pasta perché con le castagne mi sembrava completo così.
Per dovere di cronaca, (perché se c’è un dovere, è di cronaca) ho fatto la prova del nove (perché se c’è una prova, è del nove). Era una bella porzione di zuppa, per una che si apprestava ad una bella dieta depurativa post Natale, allora ho chiamato il fratello minore, il ventisettenne di casa, quello che ogni tanto fa le sue incursioni su questo blog, l’ho messa in un contenitore e gli ho detto di mangiarla calda con un crostino. Bene, il ragazzo è venuto a casa, l’ha presa e se nìè andata.
Dopo un po’ mi ha mandata un messaggio su wa, in cui mi diceva che era molto buona (no, lui ha usato ben altre espressioni, che non mi azzardo a presentare alle vostre delicate orecchie) e non solo: subito dopo mi è stato mandato un messaggio audio dei suoi amici, tutti entusiasti della zuppa.
Un gruppo di ventisettenni, con tanto di cappelli new era (ho anche imparato questa cosa), con qualche tatuaggio sparso, magari davanti alla play station, che si mangia la zuppa di fagioli e castagne e mi dice pure che è buona.
Miracoli dell’mtc.
Con questa ricetta partecipo all’mtc di Gennaio!
Ingredienti
Procedimento
Non potete immaginare la mia felicità quando ho saputo che la Vitto aveva nuovamente vinto l’mtc.
Punto primo: è di una simpatia travolgente. Incarna tutto ciò che un genovese deve essere, belin nel parlare compreso.
Punto secondo: è l’autrice di una delle gare dell’mtc che ho amato di più. Ovvero quella sua Pasqualina, torta che rimane fra le mie preferite
Punto terzo: sapevo che avrebbe tirato fuori una gara di sostanza.
Questo è periodo, chi mi segue lo sa. E’ il periodo in cui riesco a dedicarmi a uno dei pochi contest cui posso ( e voglio fortemente) partecipare: il contest de Le strade della Mozzarella.
Manifestazione che amo nel profondo, cui sono stata due volte, arrivata in finale una e vinta un’altra…e cui spero ardentemente di partecipare, perché davvero ne vale la pena. E’ lì che ho conosciuto gli chef che ora amo di più, e i pizzaioli che amo di più, oltre al fatto di fare perennemente scorta di mozzarella di bufala campana DOP ogni volta che vado, ma non divaghiamo!
Tre giorni alla boscolo Etoile Acdemy mi hanno insegnato tante cose, anche se in poco tempo. E allora ho provato a metterle in ordine, sia dentro di me che per iscritto. E questa è una cosa.
La seconda è che è arrivata, subito dopo, la nuova ricetta dell’mtc di questo mese, ovvero i raieu co-u tuccu di Monica e Luca del blog Fotocibiamo e pensare di fare una ricetta che tenesse conto delle indicazioni che si possono assumere in quel poco tempo, è stato un tutt’uno. Sicuramente sono indicazioni semplici, che molti già sapranno. Ma io ho pensato di condividere per dare una mano a chi, come me, è amatoriale nel senso vero del termine!