…più sono tecniche, meno ingredienti hanno più questi devono essere di qualità. Mai detto fu più vero che per la pasta alla Gricia (o Griscia). Questa “antesignana della matriciana” a Roma è famosissima, tant’è vero che non solo i turisti ma i cittadini stessi la scambiano per un tipico piatto romano. In realtà viene da Grisciano, un comune di Accumuli, vicino ad Amatrice e considerando che Amatrice è entrata a far parte del Lazio solo nel 1927, quando nacque la provincia di Rieti, sarebbe più corretto dire che questa pasta è abruzzese.
Negli ultimi giorni ho avuto molti regali e tante sorprese. Sono molto felice quindi di poter cominciare questo post, il primo del blog rinnovato, con ringraziamenti che, con un po’ di commozione, è impossibile non fare. Grazie ad un’amica tanto preziosa quanto brava, che con pazienza e generosità mi ha aiutata , supportata e sopportata nell’idea di cambiare l’aspetto del blog e ha ottenuto un risultato che non avrei nemmeno sperato. A Rossana devo molto… quanto sia brava in termini di cucina è risaputo ma lei è soprattutto una bella persona e sono fortunata ad averla conosciuta. Davvero grazie Ros… per tutto… gentilezza, dolcezza e prefessionalità come le tue sono cose rare da trovare, figurarsi poi tutte insieme e tutte nella stessa persona!
Maria Carolina d’Austria, tredicesima figlia di Maria Teresa D’ Asburgo, sposò nel 1768 Ferdinando I di Borbone, per rafforzare l’alleanza austriaca con la Spagna, governata dal padre di Ferdinando, Carlo III. In realtà ne lei era la sposa designata (doveva essere la sorella maggiore, che morì prematuramente di vaiolo) ne lui doveva essere l’erede al trono essendo terzogenito ma una serie di circostanze sfortunate li portarono alle nozze: lei bella, colta, raffinata e figlia di una delle donne con più senso politico della storia, lui con un’educazione rozza, poco curata, non bello (per il suo naso a forma di bolla era famoso per essere chiamato Re Nasone), abbastanza indolente ma di buon senso. Oggi diremmo una coppia malassortita, che ebbe però 18 figli (di cui solo 7 viventi) e che portò numerose riforme nel Regno (come la revoca del divieto delle associazioni massoniche), seguendo l’inclinazione di Maria Carolina verso l’Assolutismo Illuminato.
Maria Carolina prese in mano le redini del Regno, soprattutto dopo la nascita del primo figlio maschio (una clausola del Matrimonio, voluta da Maria Teresa, prevedeva che la regina entrasse nel consiglio di Stato dopo la nascita dell’erede al trono) . La Regina viene anche considerata una femminista ante litteram, essendo la promotrice del Codice Leuciano, in cui si prevedeva grande attenzione al ruolo della donna, tanto da sancirne l’uguaglianza con l’uomo. Non fu molto popolare, forse perchè il suo scopo era quello di trasformare il Regno in una base nel Mediterraneo per l’Austria o forse perchè tutte le riforme e le leggi non erano per il popolo ma per la sua ambizione.
Perchè vi parlo di Maria Carolina? Perchè questa donna è una figura fondamentale (e inconsapevole) per la storia e la tradizione della cucina italiana e in particolare per la cucina campana e siciliana. Infatti, quando si sposò, Carolina introdusse con insistenza i cuochi francesi, simbolo di eleganza e ricchezza, all’interno della corte borbonica, dando impulso all’ingresso della figura del Monzù nella case di tutti i nobili del regno. Il Monzù (Monsù in siciliano..e ne riparleremo), traduzione dialettale di Monsiuer, era molto più di un cuoco. Aveva un ruolo riconosciuto all’interno della casa, come artista che aumentava il prestigio della famiglia. L’arrivo del Monzù e delle ricette della cucina francese diede avvio alla fusione dei capisaldi della cucina d’oltrealpe con la tradizionale cucina campana e siciliana, con i risultati che noi fortunati possiamo gustare ancora oggi.
La storia dei Monzù è per me davvero interessante. Se penso al Monzù, il primo piatto (o capolavoro che dir si voglia) che mi veine in mente è il Timballo di pasta: ricco, succulento e esteticamente appagante rappresenta benissimo la necessità di stupire gli ospiti di una cena nobile. Ne parlavo poco tempo fa con Luciano Pignataro e gli ho chiesto una ricetta che ritenesse affidabile. Lui mi ha gentilmente inviato una nota di Raffaele Bracale, nota in cui è riportata una ricetta che non mi aspettavo : un timballo (o timpano) di pasta in bianco, senza sugo e con molte verdure, patate e formaggio. Dovevo provarlo e questo è il risultato. Vi lascio la ricetta anche perchè mi sembra adattassima per queste feste di inzio anno. Tra le cose molto interessanti che scrive su questo timpano con ragù di ortaglie, Raffaele Bracale conclude la sua nota con una frase”
“Mangia Napoli, bbona salute! E scialàteve!”
E per me quello “scialateve” è bellissimo!Ha un mondo di significato dietro, come spesso accade alle parole dialettali napoletane! E’ usatissimo nella famiglia di mio padre e lo uso anche io …diciamo che mangiando questo timballo l’espressione più adatta è “mi sto scialando”!
RICETTA: IL TIMBALLO ALLA MANIERA DEL MONZU’ (versione campana)
Ingredienti (per 6 persone)
Procedimento
In una pentola alta unire olio, aglio, carote, patate e zucchine mondate ed affettate. Aggiungere cipolle , sedano, basilico ed una presa di sale grosso. Lasciate stufare il tutto per circa venti minuti.Alla fine unire il macinato, bagnare con una tazza da tè d’acqua bollente e lasciar cuocere per altri quindici minuti; aggiustare di sale e pepe rimestando benissimo. Lessare molto al dente la pasta in acqua salata (pugno di sale grosso) ed aggiungerla allo stufato di ortaglie e manzo cosí ottenuto. Aggiungere i cubetti di salame, rimestare e mantecare a mezza fiamma con due cucchiai di burro ed il formaggio pecorino grattugiato finemente. Verniciare ed ingranire con un po’ di burro e con il pane grattugiato fondo e parete di uno stampo alto a calotta sferica, formare un primo strato di pasta condita ed aggiungete uno strato di fiordilatte o di provola a fettoline; formare un secondo strato di pasta condita,pressare un poco la pasta e spolverizzare di pane grattugiato, aggiungere alcuni fiocchetti di burro ed infornare in forno caldo a circa 180° per 15/20 minuti, lasciare gratinare per qualche minuto prima di servire ben caldo.
Vini: Corposi vini rossi campani (Solopaca, Aglianico, Piedirosso,Campi Flegrei d.o.c., Taurasi), stappati un’ora prima di usarli, possibilmente scaraffati e serviti a temperatura ambiente (Se Luciano avesse, per il vino, ulteriori suggerimenti sarò lieta di aggiungerli… :D )
E infatti…ecco la proposta di Luciano per il vino : Exultet 2006 di Quintodecimo o il Vigna della Congregazione 2005 di Vigna Diamante!!!!
Oggi è l’8 Dicembre…quindi casa mia si trasforma in una specie di casa di aiutanti di Babbo Natale e si decora tutto, si tirano fuori palline, festoni, candele, coccarde tutto rigorosamente rosso/oro/verde e si fa somma attenzione a che non ci sia una stanza in cui manchi qualche cosa natalizia. Normalmente facciamo anche l’albero..anche se quest’anno non ho idea di come farlo, data la presenza del cucciolo di cui vi avevo parlato!
Certe ricette nascono in maniera particolare e proprio per questo sono quelle a cui tieni di più. Si comincia con un’idea, poi c’è un suggerimento, poi si continua, si chiede se va bene, cosa ne pensi, come faresti e questo sì, questo no…. Bello creare una cosa unica da idee diverse, da pensieri che si completano. Non capita spesso ma quando capita ne sei contento…specialmente se poi il risultato è buono.
Come per questo risotto. Un risotto con le mele…ho preso spunto da una ricetta trovata su un giornale e ho chiesto consigli per modificarla! Ed è stato tutto un “io farei così” “davvero? non sono convinta però..” “si guarda, il burro, usa il burro..”. Ognuno ha i suoi consulenti :)….poi se, come nel mio caso, sono bravissimi si è moolto fortunati perchè è divertentissimo stravolgere qualcosa e crearne di nuove.
Il caso (?) vuole che in questi giorni sia un gran parlare di mele, per ragioni diverse però. Penso a Steve Jobs. A quello che ha detto nel suo discorso a dei ragazzi appena laureati, che hanno la vita davanti. Penso a quanto le sue parole siano commoventi e soprattutto giuste….penso a quanto andrebbero seguite e a come sarebbe la vita se se ne applicassero solo una parte.
“Stay Hungry. Stay Foolish” dice Jobs. E ha ragione….lascio qui parte del suo discorso (la traduzione è presa da qui)..lo faccio per me. E per chi avrà voglia di farle proprie.
“…….Il vostro tempo è limitato, per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro. Non fatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario.
Quando ero un ragazzo c’era una incredibile rivista che si chiamava The Whole Earth Catalog, praticamente una delle bibbie della mia generazione. E’ stata creata da Stewart Brand non molto lontano da qui, a Menlo Park, e Stewart ci ha messo dentro tutto il suo tocco poetico. E’ stato alla fine degli anni Sessanta, prima dei personal computer e del desktop publishing, quando tutto era fato con macchine da scrivere, forbici e foto polaroid. E’ stata una specie di Google in formato cartaceo tascabile, 35 anni prima che ci fosse Google: era idealistica e sconvolgente, traboccante di concetti chiari e fantastiche nozioni.
Stewart e il suo gruppo pubblicarono vari numeri di The Whole Earth Catalog e quando arrivarono alla fine del loro percorso, pubblicarono il numero finale. Era più o meno la metà degli anni Settanta e io avevo la vostra età. Nell’ultima pagina del numero finale c’era una fotografia di una strada di campagna di prima mattina, il tipo di strada dove potreste trovarvi a fare l’autostop se siete dei tipi abbastanza avventurosi. Sotto la foto c’erano le parole: “Stay Hungry. Stay Foolish.”, siate affamati, siate folli. Era il loro messaggio di addio. Stay Hungry. Stay Foolish. Io me lo sono sempre augurato per me stesso. E adesso che vi laureate per cominciare una nuova vita, lo auguro a voi.”
Non avevo certo pensato ad un piatto con le mele per ricordare Steve Jobs, ci mancherebbe….ma per come è nata questa ricetta, per l’idea un pò fuori dal normale, perchè siamo affamati di cibo e di amore, e si è folli tanto da seguire il proprio cuore…. mi sembra adatto, in questa giornata, aver cucinato qualcosa di questo tipo!
RICETTA: RISOTTO ALLE MELE E PANCETTA AFFUMICATA
Ingredienti
Procedimento
In una casseruola, far fondere il burro, unire il riso e la pancetta. Far tostare bene il riso e sfumare col vino bianco e, appena asciugato, bagnare con il brodo poco alla volta, mescolando tra un’aggiunta e l’altra. Nel frattempo, sbucciare la mela e tagliarla a pezzetti, saltarla in una padella antiaderente per 3-4 minuti. Tagliare il pane a dadini piccoli e tostarlo in una padella dove si è fatto precedentemente sciogliere un pò di burro. Cinque minuti prima di terminare la cottura, aggiungere le mele e, infine, regolare di sale.
L’idea della monoporzione era imprescindbile da questo risotto :) quindi ho usato un coppapasta per formare un cilindro di riso, metterci sopra il pane tostato e due fettine di mele per decorazione.
Mi è stato fatto notare che ultimamente ho una “lievissima” propensione per il viola. Notizia falsa e tendenziosa..semplicemente perchè ho una vera e propria fissazione col viola! Stoffe, piatti, foto, pure vestiti va…mi capita tutto viola! Il mio colore preferito è l’azzurro ma per questo periodo non se la deve prendere se il mio mondo è violetto. Immaginate voi che faccia ho fatto quando lei mi scrive dicendomi che ha possibilità di farmi avere delle patate violette! Ho scritto “sì le voglio” senza neanche aver finito di leggere la mail..le dovevo avere/vedere/cucinare. C’è una ragazza, Giovanna, davvero molto carina, che le produce in piccole quantità in un paesinodella provincia di Piacenza..le ha trovate in un mercatino francese e ha deciso di coltivarle per passione! Qui un pò di notizie su questi tuberi dall’aspetto fantastico!
Dopo essermi messa d’accordo con Giulia, il fatidico giorno ho preso La Pasionaria e, complice il ritiro delle patate violette, le ho fatto affrontare il primo viaggio in metro. La sua reazione al viaggio è stata lapidaria:
“Non mi piace il treno, mi piace il fulman. Ora vojo andà a casa a dindolare il papuccetto” . Traduzione: “non mi piace la metro, preferisco il pullman (che poi il pullman non l’ha mai preso..). ora vorrei andare a casa a dondolare il mio pupazzatto preferito nella sua culla”.
Preso l’oggetto del desiderio..che ci ho fatto? Prima di tutto le ho guardate: bellissimeeee! Ditemi voi se non hanno un colore fantastico. Al che, dopo i racconti di Giulia, sono stata presa dal sacro fuoco della cucina tuberesca e ho fatto, nell’ordine:
RICETTA: STRUDEL ALLE PATATE VIOLETTE E FIOCCHI DI LATTE
Ingredienti
Per lo strudel
Per il ripieno
Procedimento
Mettere la farina a fontana in una scodella, mescolare con il sale, versare l’aceto, l’olio e l’acqua (fate attenzione che ne serve pochissima), mescolare prima con un cucchiaio e poi continuare con le mani; formare una palla e spennellarla con uno strato sottile di olio, farla riposare sotto una scodella riscaldata per almeno mezz’oretta (io ho usato la platenaria all’inizio). Grattugiare le patate e la cipolla grossolanamente, regolare di sale aggiungere noce moscata, mescolare bene. Tirare la pasta su di un panno infarinato molto sottilmente, cospargere con pangrattato i due terzi della pasta tirata, spalmare con un po’ di olio la parte restante, adagiare le patate, i fiocchi di latte. Chiudere lo strudel rotolandolo e finendo con la parte senza ripieno, foderare una teglia con carta da forno e mettere lo strudel sopra con l’aiuto del panno. Infornare in forno preriscaldato a 180° e cuocere finché non prende colore (il mio è stato un’oretta)
La sperimentazione è solo all’inizio…anche se ho paura di finirle troppo in fretta..però devo dire che mi piacciono molto..e non solo per il trendissimo colore ma proprio per gusto!
Ecco qui i risultati:
Ero impegnata a cucinare, dato che avrei avuto ospiti ed ero anche abbastanza rilassata perchè in quel momento i due furfantelli non si stavano picchiando, non si facevano dispetti e non tentavano complicate mosse di kung fu ai danni l’uno dell’altro: stavano semplicemente giocando ognuno per i fatti propri. Ho approfittato cercando di prepare più cose possibili un pò in anticipo per la sera..e neanche mi sembrava vero che non mi chiamassero da circa 10 minuti. Infatti, regolare come un orologio La Pasionaria fa “mammaaaa, mi dai l’acqua??? però lasciamela sul tavolo e non guardare, la prendo io”. Ecco, sono stata ingenua. Io ero contenta che venisse a prendersi l’acqua senza fare storie…così non dovevo neanche allontanarmi troppo dalla cucina. Riempito il bicchiere, l’ho posato sul tavolo, mi sono accertata che lo prendesse e ho continuato a cucinare. Dovevo immaginarlo che non poteva essere così facile.
Dopo 10 minuti di altro dorato silenzio (che, giuro, non mi pareva vero) arriva lei con il suo sorrisetto e mi dice:
“mamma, ho innaffiato il giardino”
L’affermazione, fatta da una bimba di 3 anni, era straordinaria. Ancor più straordianria se consideriamo che noi non abbiamo un giardino. Dopo un mio silenzioso profondissimo mea culpa e un’alzata degli occhi al cielo, le ho chiesto:
“quale giardino?”
” Vieni, che ti faccio vedere”. Mi ha presa per mano e mi ha portato sul luogo del delitto. Il giardino altro non era che il pavimento davanti alla finestra. Poi siccome evidentemente trovava che anche il divano fosse arido, aveva innaffiato anche quello. Non accontendasi di un così piccolo spazio verde, aveva proseguito bagnando tutto il tappeto di fronte al divano. Il fratello, pregustando la molto probabile mega-rimproverata, mi dice (con una grossa punta di soddisfazione) “ha preso le bolle di sapone, ci metteva un pò di acqua e buttava, un pò di acqua e buttava, un pò di acqua e buttava..” Il concetto era chiaro e lo scopo di prendersi il bicchiere d’acqua senza farsi vedere anche. Quindi, oltre a un giardino ben irrigato, avevamo anche un pavimento, un divano e un tappeto pieni di sapone. L’ideale, quando si hanno ospiti.
Abbiamo, o meglio ho, ripulito tutto e poi mi sono ridedicata alla ricetta, che, credetemi, meritava. L’ho presa, dal sito di Luciano Pignataro: come scova ricette buone lui, nessuno!
RICETTA: IL MEZZO PACCHERO CON TOTANI, PATATE E COZZE di Angelo D’Amico
Ingredienti (per 4 persone)
Procedimento
Preparate una salsa di totani: prendete una casseruola, fate un soffritto d’aglio, peperoncino, prezzemolo e adagiatevi subito i totani prima che il tutto possa bruciare. Sfumate con un po’ di vino bianco, lasciate evaporare ed aggiungete i pomodorini tagliati in quattro. Aggiustate di sale q.b e ultimate la cottura. Aprite separatamente le cozze con olio e aglio, sgusciatele e tenetele da parte con la loro acqua. Preparate intanto le patate tagliate a cubetti da sbollentare leggermente in acqua e sale. Adoperate una padella alta ed ampia, spadellate le patate con aglio e timo, aggiungete la salsa di totani, le cozze e mantecate il tutto con i paccheri che avrete cotto al dente. Servite ben caldo guarnendo il piatto con foglioline di timo e qualche cozza.
Ognuno ha le sue passioni: nonno Giancarlo (mio suocero) è appassionato di tutto ciò che è natura, bosco e mondo animale. In particolare, appena il tempo, la stagione e gli eventi metereologici lo permettono, va a raccogliere funghi e spesso torna con veri e propri tesori micologici: i porcini! Chi sono io per non incoraggiare tale passione????? :) In fondo quei porcini bisogna consumarli: è un duro lavoro ma qualcuno deve pur farlo! Quando torna dalle sue gite con il cestino carico di funghi, la frase che ci attendiamo con ansia è sempre quella: “ho trovato i porcini!”. Ieri pomeriggio ho ricevuto una telefonata di mio marito, in codice, “mio padre ha trovato i porcini, vedi tu”: il codice decifrato era “stasera funghi per cena!“! Che altro potevo fare se non mettermi a pensare a qualche piatto a base di funghi?
Io con i porcini amo il classico : tagliatelle, oppure risotto. Qualche tempo fa però, ho provato un abbinamento su cui non avrei scommesso: tagliatelle al cacao (home made) con funghi porcini, mirtilli e pancetta. Voi direte che sono matta..ma vi assicuro che l’unione dei funghi porcini con i mirtilli è particolare ma davvero buona: sembra di sentire tutti i profumi del bosco, fra l’asprigno dei mirtilli e l’intensità dei funghi! Ho voluto farne una versione con i ravioli, per variare un pò (giuro che sono abbastanza integralista con i porcini in generale ma ogni tanto sperimento, abbiate pazienza!) ! In questo caso specifico bisogna condire bene i funghi (io ho messo poco sale, uffa..) perchè il ripieno con la ricotta potrebbe coprire un pò il gusto. Non ultimo, il piatto ha dei colori molto belli! Prima della ricetta, un consiglio: spesso con i ravioli si ha il problema della conservazione. Se li si prepara troppo prima, il centro del raviolo si ammolla, il bordo rimane più duro e in cottura tutto questo si avverte. Una nuova blogger (nuova per modo di dire, considerando l’esperienza e la sua meticolosità :) ), ci racconta come fare per evitare tutto questo: la sbianchitura della pasta fresca. Il post è molto bello, interessante e istruttivo, ve lo consiglio!!! In bocca al lupo a Teresa per la sua nuova creatura, che già mi piace molto per argomenti e discussioni!!! Io sarò sempre lì a seguirla!!!
RICETTA: RAVIOLI AI MIRTILLI CON PORCINI E PANCETTA
Ingredienti
Per la pasta fresca
Per il ripieno e il condimento
Procedimento
Preparare la pasta all’uovo: mettere la farina a fontana, le uova al centro e cominciare a mescolare con la forchetta. Impastare bene con le mani e poi coprire e mettere a riposare per un’ora. Nel frattempo mescolare la ricotta, i mirtilli e regolare di sale. Tirare la sfgolia e poi depositare il ripieno, magari aiutandosi con la sacca, in mucchietti distanziati MA SOLO SU META’ della pasta. Poi ripiegare l’altra metà su quella su cui si è sistemato il ripieno e poi tagliare i ravioli: in questo modo, si fa prima e si evita che la pasta si secchi. (mi raccomando, far uscire bene l’aria rimasta con le mani e sigillare la pasta). Mettere sul fuoco l’accua a bollire. Nel farttempo, tagliare a fette sottili i porcini. Scaldare l’olio evo in un pentola, mettere i porcini per un minuto (io questi freschi li cuocio davvero pochissimo) e aggiugere la pancetta (ordine del salumiere di fiducia: anche questa pancetta calabrese andava solo scottata quindi l’ho messa giusto alla fine!) Bollire i ravioli, scolarli e ripassarli in padella con il condimento. Versarli nel piatto e servirli. Nota personale? Io ho spruzzato un pò di cacao amaro sul piatto!
Usufruire del servizio postale, in una città come Roma, non è cosa da poco. File interminabili, litigate nonstanti i numeri d’ordine, malumori contro la lentezza del personale e delle persone davanti (d’altronde si sa che quello lento è sempre davanti a noi, è una delle leggi di Murphy più comuni!). Spesso accade che, per tentare di ovviare a tutto questo, vada alla posta del paesino vicino: abitando in estrema periferia, mi posso almeno permettere il lusso di scegliere fra fila in città e fila in paese! In generale, la posta al paese vicino ha un ordine di grandezza di caos nettamente inferiore a quella del mio quartiere e quindi, per spedizioni, raccomandate, bollettini e via dicendo sta diventando la filiale preferita. Siccome però c’è sempre l’eccezione che conferma la regola, quel giorno c’era una bella fila anche lì: dovevo spedire un pacco e avevo a carico La Pasionaria! Una combinazione tremenda, come avrei avuto modo di verificare in seguito! Il tempo passava e sinceramente non sapevo più cosa fare per trattenerla: fortunatamente, ha pensato lei a creare diversivi!
Ha infatti cominciato a parlare di un argomento che ultimamente sta molto a cuore sia a lei che al fratello più grande:
“Mamma, io ho il pisel…” “No!” ho risposto prontamente “sai bene che quella è la parte di Albertino!”
Sono molto fiera di affrontare, con i miei figli, l’educazione sessuale senza eccessivi tabù: cerco di applicare le moderne teorie, per evitare complessi e qualsivolglia turbe o imbarazzi su un fattore naturale e normale, etc. etc.. Da Freud in poi dovremmo pur aver imparato qualcosa (ed è per questo che durante la mia seconda gravidanza Albertino andava in giro a raccontare di “Oguli” e “spermazoi” vari…mai una cicogna e un cavolo hanno varcato le soglie di casa mia..o meglio, il cavolo solo per essere mangiato :) ) Il” piccolo” problema è che come al solito, ai figli tu gli dai un dito e loro si prendono il braccio e pure la gamba! Infatti a questo punto, La pasionaria ha cominciato a spiegare ad alta voce, di quale parti anatomiche fossere dotate lei e il fratello, con precisione quasi scientifica e nessun imbarazzo (tranne quello mio, crescente..). Al che, il pubblico era ormai conquistato. Una signora con aria indulgente ha esordito dicendo “Beata gioventù, sarebbe bello essere così ingenui” e un signore si è addirittura lanciato in una battuta “Eh beh, l’importante è avere le basi fondamentali”, stimolando la comune ilarità, tranne che la mia. Meno male che nel frattempo era giunto il mio turno: dovevo solo spedire il pacco e contavo sulla rapidità. Contavo male, dato che, avendo scaricato dal sito ufficiale delle poste il modulo di invio per posta celere, la gentile impiegata era ovviamente andata in tilt: non sapeva che fare e ha cominciato a rimproverarmi di non aver usato il vecchio modulo a penna. A quel punto era una questione di principio! Non intendevo spedire quel pacco se non col mio modulo e quindi la dipendente ha cominciato a telefonare a tutte le filiali in un intorno di 5 km per farsi spiegare al telefono come fare. Nel frattempo, La Pasionaria continuva a spiegare con dovizia di particolari le differenze anatomiche fra maschi e femmine, tanto che ormai i vari signori mi guardavano con sospetto!. A tutto questo si è aggiunta la sua improvvisa voglia di cantare l’Inno d’Italia (si sa che a casa mia i 150 anni dell’Unità hanno avuto grande rilievo): prima fa una piroetta e poi attacca:
“Frateelli, L’Italia, L’italia s’è dettta, dell’ellmo di cipio s’è INCINTAAA la tettta!”
Ora, io lo so che questo è il suo modo di cantare l’inno e che quelli sono errori non voluti. Certo è che sentire che si è INCINTA la Tetta dopo il discorso di prima, sembrava quantomeno sospetto, ancor più che la manigolda bimba, si è messa a ripetere in continuazione solo questa frase, pur sapendo a memoria tutta la canzone. Io ovviamente stavo litigando con la dipendente ma quando mi sono accorta degli sguardi, ormai di disapprovazione, delle altre persone, ho tagliato corto, ho spedito il pacco e mi sono beccata anche un ” e la prossima volta usi mezzi tradizionali…..”
Personalmente non credo molto nell’ingeniutà dei bimbi piccoli, men che meno in quella dei miei. Appena saliti in macchina, la portarice sana di “ingenuità” scoppia in una risatina e mi fa “hai fatto una figuraccia…”. E lo sapevo che dovevo parlare di cicogne e cavoli…ormai il danno era fatto, quindi mi sono semplicemente diretta, insieme al bagaglio di teoria moderne sul come non creare tabù ai bambini, verso il miglior Norcino della zona: come dire, almeno affoghiamo tutto nel cibo!
Quel norcino lì, una sorta di paese delle meraviglie per appassionati di salumi, maiali & co. vende anche una cosa buonissima: la crema di lardo e guanciale! La vende anche a differenti gusti: basilico, rosmarino, tartufo, olive e chi più ne ha più ne metta. Questa crema, ottima sulle bruschette e sulla pizza bianca, ho deciso di provarla su una semplicissima pasta che facciamo solitamente quando abbiamo fretta. L’ha resa cremosa e saporita! Non dietetica ma adattissima al bel pic nic sul balcone che abbiamo improvvisato al volo, rigorosamente tutto colorato e in plastica! (Questa azienda fa cose molto carine e mi sbizzarrirò un pò con i loro prodotti)
RICETTA: TAGLIATELLE ALL’ABRUZZESE CON CREMA DI LARDO E GUANCIALE AL BASILICO
Ingredienti:
Procedimento
In una padella con i bordi alti, mettere un pò di olio evo e lascia soffriggere la cipolla rossa tagliata sottile. Aggiungere la pancetta e far rosalare per bene (ma senza seccarla). Nel frattempo, cuocere la pasta nell’acqua bollente, scolarla e versarla nella teglia. Aggiungere una bella manciata di pecorino e un cucchiaio di crema di guanciale (se non l’avete potete fare anche senza..è solo un cremoso tocco in più). Aggiungere il basilico fresco (e a chi piace anche la salvia) e rigirare sul fuoco per un minuto o due, fino a far amalgamare tutti gli ingredienti. Servire ben caldo.
P.S.: perchè all’Abruzzese? non lo so, l’abbiamo sempre chiamata così!!!!
Ci sono delle ricette che leggi e ti colpiscono subito! Può essere per l’aspetto, per il sapore che immagini, per i colori che ha il piatto. Quando ho visto questa pasta praticamente ho deciso all’istante che l’avrei fatta (scavalcando tutti i piatti della mia to-do-list). Mi piaceva l’idea di un grande classico, come l’aglio e olio, rivisitato da una chef molto bravo (Raffaele Vitale) e reso accattivamente da quegli straccetti di mozzarella di bufala: non posso farci nulla, per la mozzarella di bufala si possono fare follie! Ricordo un mio collega napoletano a cui raccontai che una persona che conoscevo congelava abitualmente la mozzarella di bufala (confesso che con il fior di latte mi capita…ma con la bufala nooo): lui, da buon napoletano, si fece il segno della croce e mi rispose “Gesù mio, la mozzarella di bufala nel congelatore?? Neanche nel frigo va!” E giù un altro segno della croce come a chiedere perdono del “peccato culinario” commesso da qualcunaltro!
C’è stata una bella manifestazione a Paestum, Le strade della Mozzarella. Purtroppo me la sono persa, ma mi sono ripromessa di andarci il prossimo anno. Incontri così dovrebbero esserci più spesso…dato che poi vengono fuori, per esempio, primi come questo e anche molto di più. Qui si uniscono pochi ingredienti ma buoni, che danno vita ad un primo inaspettato, a maggior ragione perchè pensi di sapere tutto sulla pasta aglio e olio…evidentemente tutto non so! Inoltre mi è piaciuta molto la modalità di cottura della pasta: finire di cuocerla quasi “risottata” in padella, con il condimento del sugo e con l’acqua di cottura (io ho usata l’acqua scolata dai broccoletti). Secondo me dà un aroma molto buono.
Vi lascio la ricetta:
RICETTA: SPAGHETTI AGLIO E OLIO IN ACQUA DI BROCCOLI E STRACCETI DI MOZZARELLA
Ingredienti (per 4 persone..da noi per due!!!!)
Procedimento per acqua di broccoli:
Lessare i gambi e le foglie di broccoli, scolarli e pressarli in un setaccio fino ad eliminare tutta l’acqua di cottura., passarli quindi in un mixer unendo un filo d’olio extravergine d’oliva e un pizzico di sale, fino ad ottenere una salsa fluida e brillante. In un padellino soffriggere aglio, olio e peperoncino ed aggiungerlo alla salsa precedentemente ottenuta.
Per il sugo
Mettere sul fuoco una padella a bordo alto, con olio, aglio a fettine, peperoncino e gambi di prezzemolo, fino a far imbiondire l’aglio. Lessare la pasta in abbondante acqua salata, a cottura molto al dente, mantecarla nella padella con il sugo aggiungendo acqua di cottura (ho usato metà anche l’acqua scolata dai broccoletti) e continuare a cuocere mescolando continuamente con una pinza da cucina, fino ad ottenere l’emulsione dell’olio con l’amido della pasta .
Comporre il piatto:
Sistemare a specchio l’acqua di broccoli in un piatto fondo e con la pinza arrotolare a nido gli spaghetti, aggiungendo il sugo ottenuto e l’aglio croccante. Decorare con una foglia di prezzemolo e gli straccetti di mozzarella.