Leibniz, chi era costui? Leibniz era un filosofo, matematico, inventore, scienziato, etc. etc. …e l’ho sempre odiato! Per me, alle superiori, era solamente quel filoso che occupava una decina di pagine fra Pascal e Voltair e che era diventato famoso per il fatto di asserire che viviamo nel “migliore dei mondi possibili”. Questa cosa proprio non mi andava giù. Diciamolo, era un pò squinternato e il suo unico merito era aver ispirato il gustosissimo libro di Voltaire, Candido, che raccontava le avventure di Candido e del suo maestro Pangloss, che lo istruiva in “teologocosmoscemologia“. Non mi spiegavo come mai lo avessero sistemato nello stesso libro in cui erano spiegati (con abbondanza di pagine) Cartesio e Kant (rispettivamente 50 e 110 pagine)…e pensavo che dopo il 4° anno non lo avrei più incontrato. Mi sbagliavo. Non faccio in tempo a frequentare le prime lezioni di analisi alla facoltà di Ingegneria, che subito la Prof presenta la Serie di Leibniz. Sarà stata una chiusura mentale ma proprio non la capivo. Era antipatica, al contrario di tutte le altre serie (tipo quelle di Taylor), indubbiamente più gentili e per bene. “E non ti preoccupare” mi dicevano i compagni “con tutto il programma immenso che abbiamo, non la incontri più!”. Ci speravo, almeno fino allo scritto di Analisi: 5 quesiti, 4 conosciutissimi e l’ultimo…..LA SERIE DI LEIBNIZ. Non poteva essere. Niente, non ci fu verso, l’ho sbagliata. Meno male che poi all’orale andò bene! Alla fine ero contentissima sia perchè avevo superato l’esame e sia perchè ero convinta che non avrei più sentito parlare di Leibniz. Mi precipitai a casa con un grosso buco nello stomaco e decisi di preprarmi un bel piatto di pasta, con quello che avevo a disposizione: penne rigate , tonno in scatola, pomodorini, mozzarella! In quel momento, presi, mischiai tutto e decisi di mangiarmi due etti di pasta filante alla faccia del seriosissimo Leibniz! In effetti feci un guazzabuglio ma fu tale la soddisfazione che quella è diventata la pasta di ogni fine esame.
Tempo fa mi è ricapitata sotto mano la dimostrazione della serie di Leibniz e, nel panico generale, mi sono accorta che mi sembrava abbastanza sensata. La capivo. Sono diventata squinternata pure io????
RICETTA: PASTA CON POMODORI PACHINO, TONNO E MOZZARELLA
Ingredienti
2 hg di pasta Garofalo, penne ziti rigate n. 70
2 hg di pomodorini pachino
1 scatoletta di tonno sott’olio
1 mozzarella
olio evo
sale
aglio
Procedimento
Far bollire l’acqua e buttare la pasta. Nel frattempo, mettere in una pentola un pò d’olio, uno spicchio d’aglio e qundo è ben caldo, mettere i pomodorini tagliati a metà dalla parte dell’interno (questo non lo facevo ai tempi dell’università, l’ho imparato da Antonia di Gennarino :) ) e lasciarli cuocere qualche minuto, senza muoverli. In questo modo, formeranno una lieve crosticina all’interno. Aggiungere il tonno sgocciolato e spezzettato, far cuocere un altro minuto e spegnere. Tagliare la mozzarella a dadini. Scolare la pasta, versarla nella pentola con i pomodori e il tonno, versare sopra i dadini di mozzarella e saltare in padella per un minuto (o finchè non si scioglie leggermente la mozzarella).
Ah, dimenticavo: in tutti gli altri esami, mi madre me la cucinava qualche minuto prima che tornassi, così avevo solo il tempo di riscaldarla e via!!!!
Questa pasta non l’avrei mai postata (tonno e mozzarella….mi ucciderete) ma quando ho visto il contest di Il Pomodoro Rosso sulla pasta degli studenti, beh… non potevo non inviarla! :)
“papà..tu mi fai ridere dalle risate…”
Così ieri scherzava Mimì con mio marito, in una tranquilla serata familiare. Tv accesa, loro due stesi sul tappeto mentre io ero al pc e la Pasionaria svolgeva l’attività che più aspetto durante tutta la giornata: dormiva!!!! In televisione all’improvviso arriva una pubblicità che fa alzare la testa al papà-combattente-bakugan egli fa esclamare: “guarda , le Girelle! lo sai che da piccolo me le mangiavo sempre??? Erano buonissime!” Potevo lasciarmi sfuggire l’occasione???io ci vado anozze con queste cose! ” Ma lo sai che ho trovato la ricette per farle a casa???te le cucino!” La faccia di mio marito era quasi disperata:” No ti prego! Basta! compriamole”. In pratica, non ne può più di cose fatte in casa! Sarà che ormai dopo i sofficini home made, le torte della domenica, l’estratto di vaniglia, la pasta, il pane, i cornetti…si è stufato e vuole un’insanissima merendina industriale. Dove ho sbagliato? Eppure sto cercando di applicare alla dispensa di casa mia la lezione imparata su gennarino e che riguarda La Lista delle cose che non esistono. In pratica, una persona che vuole cercare di riguardare la proprio salute e il proprio palato, dovrebbe evitare certi cibi industriali che possono far male perchè fatti con ingredienti non del tutto genuini: questa è una delle prime cose che ho imparato frequentando il forum. All’inizio sorridevo sempre e prendevo la cosa con ironia..lo consideravo quasi uno scherzo. Pian piano però, la lista, partita con due o tre elementi, si è allungata e, soprattutto, si è inserita nella mia testa col risultato che, quando giro fra i banchi del supermercato.. è un vero dramma: guardo con amarezza i pacchi di merendine, le scatolette di latta, i preparati industriali (quelli comodissimi e che una volta stazionavano nel mio frigo)…se passo dai congelati poi, l’amarezza diventa fortissima. Il problema è che tempo fa nel mio frigo qualche cosa di pronto per l’esigenza dell’ultimo minuto c’era..ora non più! peccato che, di esigenze dell’ultimo minuto invece ce ne siano sempre in quantità e a volte non so che cucinare! Tanto è vero che qualche cubo malefico (vedere lista seguente) vi confesso che c’è..si nasconde bene ma c’è..perchè la minestrina serale fa sempre la sua figura con i bimbi di età inferiore ai 10 anni. Dopo la confessione di essere una mamma sciagurata e una moglie rompiscatole, vi faccio vedere la famosa lista nera: mi aspetto ingiurie, occhi sbarrati e proteste (riporto la lista da Gennarino):
Lo so… il mondo senza alcune di quelle cose potrebbe non avere senso..ma putroppo ho letto le etichette con i rispettivi ingredienti e oramai il danno è fatto! C’è da dire che non sono una integralista e che qualche volta, a rotazione, quei prodotti finiscono nella mia cambusa (si mimetizzano e poi spuntano fuori nei momenti del bisogno)! ma è meglio non dirlo in giro!
Il fatto è che quella lista mi fa stravolgere le ricette che vedo. Per esempio, su un giornale c’era la foto di un bel timballo, guscio di pasta sfoglia, anelletti, noci, panna…ho tutto??? Hummm..la pasta sfoglia ce l’ho, ma è quella industriale, quindi leggo gli ingredienti e che trovo??La sostanza lipidica industriale, ovvio! Valutando che la mezz’ora a disposizione non fosse sufficiente per preparare la pasta sfoglia homemade, ma volendo fare a tutti i costi quel primo, ho deciso di puntare, come guscio, su una classica pasta frolla (in fondo tanti timballi del sud vengono fatti così). La panna ..no, la evitiamo. Che mi rimane? Gli anelletti non ce li ho, e mi faccio andar bene la pasta maritata! insomma…quello che vedete è ciò che è venuto fuori!
RICETTA: TIMBALLO IMPERIALE
Ingredienti
Procedimento
Nella planetaria, impastare lo strutto con lo zucchero (lo strutto dà una particolare morbidezza alla frolla), aggiungere l’uovo, il sale e l’acqua fredda e infine la farina. Mettere a riposare in frigo per almeno 2-3 ore. Se non avete la planetaria va benissimo anche fatto a mano. Passare al mix l’aglio, l’olio, le noci, il parmigiano, il sale e un pizzico di pepe fino ad ottenere una crema. Lessare la pasta al dente (basteranno 6-7 minuti di cottura), conditela con pesto di noci, con i piselli e con i tuorli delle uova precedentemente sbattuti. Incorporare gli albumi montati a neve. Foderare una teglia con la pasta frolla, aggiungere la pasta condita e mettere in forno a 180° per 25-30 minuti.
Con questa ricetta partecipo al contest di Farina, lievito e fantasia Frutta in pentola
La mia mamma, da piccola, mi leggeva sempre il Corrierino delle famiglie. Credo di non averla mai ringraziata abbastanza! Mi divertivo un mondo ad ascoltare le avventure della famiglia Guareschi, le trovavo buffe e divertenti, con uno sguardo ironico sull’educazione e sul rapporto fra genitori e figli che ha dato un posto speciale a questo libro nella mia personale biblioteca!
Non avrei mai pensato però, che a distanza di anni, mi sarei trovata dentro casa Albertino e la Pasionaria redivivi. I miei due figli, come dico io Mimì & Cocò, che sono certa di aver fatto io (perchè, giuro, ero presente al momento del parto), hanno solo un’età diversa (cinque e due anni) rispetto ai due protagonisti guareschiani, ma hanno lo stesso carattere forte, le stesse battute pronte e pungenti e soprattutto lo stesso sguardo di chi sta studiando il proprio genitore per capire bene che giudizio darne. Per quanto mi riguarda, ancora devo capire se mi sento più Giovannino o Margherita..so solo che guardo con molta più comprensione alle tragicomiche avventure di Guareschi-padre.
Ora, il fatto è che i miei Albertino-mimì e Pasionaria-cocò, con i loro giudizi e comportamenti, condizionano spesso le mie ricette e quindi è difficile per me escluderli dal racconto di come qualcosa nasca o si modifichi. Mimì, è quello che fin da piccolo mi ha fatto penare per farlo mangiare. Ha cominciato col consumare un terzo di ogni poppata e ha continuato con le storie quotidiane che accompagnano ogni colazione e cena ( il pranzo, fortunatamente, è questione scolastica, anche se mi dicono che a scuola poi tante storie non ne fa …). Cocò no. Lei mangia tutto e con gusto. Passa dal pranzo, alla merenda, allo spuntino, all’happy hour e alla cena senza soluzione di continuità e Dio solo sa perchè continui a essere snella (o forse, il fatto che lei non cammini ma corra è responsabile di tale stato di grazia fisico).
Ieri avevo passato una parte del pomeriggio a prepare le taglietelle per questo piatto e i piselli per il condimento. Quando siamo tornati a casa tutti insieme, la scena che mi si è proposta è stata questa. Albertino-mimì arriccia subito il naso e fa “mamma, cos’è quest’odore di piselli???? dammi subito un tappo !”. Ha passato poi i 10 minuti successivi a chiedere insistemente un tappo che doveva infilare non so bene dove per non sentire quell’odore (considerate che lui i piselli li mangia…). La Pasionaria-cocò non ha fatto una piega, anzi ha subito chiesto, e consumato, un biberon di “lattuscio“, dato che alla cena ancora mancava il considerevole tempo di mezz’ora. Lei, è nata già adulta. Il commento che più spesso mi riportano è “si vede proprio che è femmina”. Da che si dovrebbe vedere, esattamente, è difficile da spiegare. Fatto sta che spesso, per bloccare la mia onnivora figlia, che vorrebbe mangiare alimenti magari non adatti a bimbi di due anni, non trovo di meglio che dirle che certe cose non sono adatte a lei e mi sento rispondere “io so ganne” (io sono grande!). Poco tempo fa, entrai in camera sua e trovai, come al solito, l’esplosione delle scatole dei giochi. “Metti in ordine” “No. Io so piccola” “Prima in cucina eri grande e ora sei piccola?” ” Per mettere apposto so piccola. Per la pappa so ganne“. Aveva ragione. Tutto dipende dal sistema di riferimento e, come ingegnere, non potevo che condividere. Poi però, siccome sono un genitore, era mio preciso compito negare quell’evidenza e quindi non ho trovato niente di meglio che risponderle con un ” Mica possiamo fare due pesi e due misure. O sei grande o sei piccola. Metti in ordine”. Lei ieri, dopo la cena-adatta-ai-bimbi, ha voluto anche le nostre tagliatelle e le ha gradite (“pure i piscelli“), nonstante la presenza del curry, che credevo l’avrebbe fermata. Ho pensato quindi di poterle proporre con ragionevole tranquillità :)
Ricetta: tagliatelle al salmone con piselli, gamberi e curry
Ingredienti
Procedimento
Per le tagliatelle, tritare finemente il salmone affumicato fino a ridurlo quasi in crema. Mettere in una terrina le uova, il salmone e la farina e impastare bene. Se fa fatica ad amalgamarsi, aggiungere due cucchiai di acqua fredda. Stendere bene l’impasto (ho usato prima il mattarello e poi l’Imperia, ma si stendeva facilmente) e tagliare le taglietelle. Metterle ad asciugare (mi manca uno “stendino” per taglietelle e mi sono inventata un pò di tutto..). Per il condimento, cuocere i piselli come fate normalmente (ho persino evitato di mettere la cipolla, che mi piace tanto, per accontentare mimì..ma, voi che potete, fatelo!). In una padella adatta per spadellare, cuocere velocemnte, in un filo d’olio, i gamberetti. Aggiugere la quantità di piselli desiderata e regolare di sale. Cuocere in abbondante acqua salata (ne ho messo un pò meno del solito data la presenza del salmone) le tagliatelle. Scolarle e spadellarle insieme ai gamberi e ai piselli. Aggiungere una spolverata di curry.
Con questa ricetta partecipo al contest controcorrente di Alessandro (lo so, sono entrata nel loop dei contest: giuro che per un pò smetto!)
Avete presente quando si apre il frigo e si scova qualche alimento che sta lì da qualche giorno, in attesa di sapere di quale morte debba morire, un ingrediente in genere neanche troppo costoso e di origini “volgari”? E voi siete lì, che decidete di cucinare al volo un piatto con gli avanzi, rendendolo in qualche modo presentabile?
Ebbene, non è questo il caso. Nel senso che avevo degli in gredeinti che mi attendevano, questo sì..ma tutto erano tranne che umili!
L’altra sera, la fatidica domanda spesso ripetuta:
“Che ti faccio per cena?”
Solita risposta da parte di mio marito:
“La carbonara” (come a dire, ovvio..che altro può uscire da quella pentola?)
Rapido calcolo e rispondo “non ho il guanciale!”..altrettanto cambio di espressione di mio marito, da giuliva a depressa, accompagnata da “ah..”
Poi penso a quel bel salame di cinghiale comprato in una gita a Capalbio (praticamente la patria del cinghiale) e al tartufo che custodisco gelosamente e faccio un’altra domanda:
“Ti va bene se mi invento qualcosa?” L’espressione nuovamente giuliva mi ha fatto capire la risposta!
D’altra parte, perchè bisogna inventare un piatto solo con avanzi? e chi l’ha detto che la carbonare non sia un piatto abbastanza nobile da essere arricchito con ingredienti speciali?
E così è nata una carbonara in abito da sera! Confesso che mi sono sentita un pò Csaba della Zorza! :)
Ricetta: Carbonara con salame di cinghiale e tartufo
Ingredienti:
Procedimento:
Mentre cuoce la pasta, mettere in una terrina un uovo, un pò di pecorino, il pepe e sbattere bene. Tagliare il salame a tocchetti e farlo saltare leggermente (per un minuto) in un padellino con un pò di olio. Agiungerlo al composto di uova e formaggio. Scolare la pasta, voltarla nella terrina con il condimento e rigirarla velocemente. Versare tutto nel piatto di portata e condire con delle lamelle di tartufo grattate al momento (che profumo…).
Chi l’ha detto che un buon piatto di pasta debba essere per forza ricco di calorie e farci sentire in colpa per almeno un paio d’ore dopo averlo consumato?
Ci sono dei primi che per un romano fanno parte della tradizione…di più, sono parte integrante della vita culinaria giornaliera! Appartengono alla propria famiglia e al proprio angolo dei ricordi, perchè non c’è bimbo romano che tornando da scuola e arrivando a casa dalla nonna, non abbia trovato a tavola, almeno una volta alla settimana, piatti come la carbonara o la matriciana. Ovviamente questo vale per chi ha nonni con origini romane o quantomeno laziali, altrimenti, come nel mio caso, si può spaziare dalle “orecchiette con le cime di rapa” a “lagane e ceci”!
In ogni caso, non si può dire di essere stati a ROma se non si sono provati, nell’ordine, carbonara, matriciana e cacio & pepe!
E di quest’ultima vorrei parlarvi! Uno dei piatti migliori che conosca, tanto semplice nella composizione degli ingrdienti quanto buono…ma, ahimè, terribilmente maltrattato. Il problema è che la pasta cacio e pepe si descrive da sola. E’ fatta semplicemente da 3 ingredienti:
Ultimamente si trovano nei ristoranti del centro, quelli fatti apposta per ricevere i turisti, piatti di cacio e pepe ricchi di burro, di olio…e di dado (giuro che mi hanno detto anche questo). Non voglio fare la purista della situazione ma perchè cambiare le origini di un piatto che nasce dal popolo, che aveva la capacità di creare una cremina gustosa utilizzando solo la giusta quantità di acqua e pecorino per condire un piatto di pasta, introducendo grassi che non sevono e che modificano irreparabilmente il sapore?
Oltretutto, in un tempo in cui si sta sempre attenti alla linea e i dietologi sono i dottori che più pesano sul budget dedicato alla sanità, questo è un piatto splendido!
E allora mangiamoci questa pasta con vero piacere e senza il minimo rimorso!!
La tecnica di cottura l’ho imparata da Paoletta, però l’ho modificata sedcondo la marca di pasta che uso io e la quantità di pecorino che preferisco!
Ricetta: Pasta Cacio e Pepe
Ingredienti:
STOP
Procedimento:
mettere tutta l’acqua nella pentola e portare a bollore.
Immergere i vermicelli e aggiungere il sale grosso (poco).
Dato che quello che crea la cremosità insieme al formaggio, è l’amido presente nella pasta (che finisce poi nell’acqua), la filosofia del procedimento è quello di cuocere la pasta senza scolarla alla fine (e mantenendo quindi tutto l’amido), aggiun gere all’ultimo minuto il formaggio e il pepe, tirare un pochino e servire. In questo modo si crea una cremina molto buona, senza alcuna necessità di olio e burro, ma basata solo sulla giusta quantità di acqua! Ovviamente il pepe va messo secondo il proprio gusto e la quantità di acqua va sperimentata in base alla marca della pasta e al tempo di cottura!
Con questa ricetta partecipo al contest Lagostina di Semi di Papavero!