“..siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita».
Una delle frasi più conosciute di Shakespeare e una delle più belle, a mio parere. Usata e abusata, anche dalle pubblicità, resta di fatto una soave e nostalgica descrizione della nostra vita.
Poi non venitemi a dire che il destino non ci mette lo zampino…..
Guardavo, al solito, quelle della banda dell’MT e all’improvviso viene fuori che il libro mensile su cui discutere è Il Gattopardo. Per una che ha quel libro sul comodino e che negli ultimi due mesi si sta facendo una cultura su timballi , Monsù e cucina sette-ottocentesca…parlare di quel libro è un invito a nozze. Come se questo non fosse sufficiente, in una discussione Marina, l’autrice di questo sito, dice che lei comprende benissimo la titubanza del Principe Salina a ballare con Angelica perché le danze ottocentesche sono molto faticose. Lei lo sa bene perché le pratica.
AUGURI DI BUON NATALE!!!!
Che queste feste possano portare a tutti noi serenità, gioia e amore.
In questi giorni siamo stati “travolti” da influenza, febbre, tanto lavoro …etc etc.. e non ho potuto cucinare tutto quello che avrei voluto (solo quintali di Cantucci di Stefano Spilli a vari gusti per comodi regalini home made…) ma spero di rifarmi durante le ferie!
Una serata un pò diversa e molto piacevole, quella che ho trascorso al MAXXI per l’ultimo incontro di MAXXI in web, serie di interviste/serate con 10 professionisti, elementi di spicco delle arti contemporanee e della creatività italiana a tutto campo, dall’architettura alla fotografia, dall’arte alla cucina. E il 15 Dicembre l’ospite era Moreno Cedroni, mentore del concetto dell’immortalità del cibo, ovvero della creazione di grandi ricette e della conservazione a lunga scadenza di cibi e aromi.
Eravamo rimasti qui e in particolare ad una iniziativa che è venuta in mente a lei: “perchè non facciamo un post a blogger unificati per ricordare il Santa Lucia?”. Bell’idea, ho pensato! Un post libero, in cui ognuno secondo il suo modo di essere e secondo quello che ha da dire, può raccontare quello che vuole e stringere un filo ideale con la Fondazione. E quale giorno migliore che proprio quello di Santa Lucia, per festeggiare?
Sabato 3 Dicembre, come aveva anticipato Lydia, ci siamo ritrovati alla Chiesa Valdese in Piazza Cavour a Roma, per l’annuale vendita di benifecenza. Era la prima volta che ci andavo e quando sono arrivata ho trovato ad accogliermi il sorriso luminoso di Lydia (che indossava una delle sue fantastiche collane!) e la dolcezza di Giovanna, anche lei in splendida forma! E finalmente, dopo anni di racconti, ho conosciuto Roberto Potipo e i suoi mitici panettoni artigianali (uno è finito direttamente a casa mia, non potevo non comprarlo no???).
Questo dovrebbe essere un blog di cucina o giù di lì. Dovrei parlare di ricette, di viaggi e incontri gastronomici, di prodotti buoni e scoperte e perchè no, anche di quello che combinano i miei due piccoli manigoldi.
Invece, con cadenza abbastanza regolare mi ritrovo a stare davanti alla tastiera cercando di capire cosa scrivere e se sia giusto usare il blog per far questo. Sinceramente non dovrei, magari è noiso e magari se una persona cerca una ricetta non deve certo ritrovarsi a leggere dell’ennesimo problema della sanità italiana. Però lo faccio perchè amo mio figlio come ogni mamma sa e non ho più altri mezzi per rendere visibile questo problema. Telefonate, mail, lettere e manifestazioni non sono sufficienti. Le istituzioni non rispondono..troppa fatica forse. La rete invece sì. In questa occasione non conto neanche le mail che ho ricevuto quindi scusatemi ma devo riapprofittare di voi e della vostra pazienza.
La scorsa settimana mi chiamano dalla fondazione Santa Lucia ( l’ospedale dove mio figlio, di 6 anni, fa una fisioterpia riabilitativa per cercare di migliorare, per quanto possibile, l’esito di una grave compressione midollare con cui è nato (oltre svariate altre cose ma tralascio)) e mi dicono che c’è una riunione il sabato successivo. Riunione importante. Bene, il sabato è arrivato e sono andata a sentire cosa avessero da dirci. La direzione della fondazione ci ha comunicato che, per mancanza di liquidità, il 31 Dicembre tutta l’ospedale, le palestre e gli ambulatori chiudono. Non si va avanti, a meno di un intervento tempestivo della Regione Lazio nei prossimi 20 giorni, intervento promesso da mesi e sancito anche da giudizi del Tar.
Ma io cosa devo raccontarvi? Che molti genitori cominciavano il loro intervento così “salve sono la mamma di Giulio, un bambino seguito qui da 8 anni…” “salve sono il papà di Alessia che frequenta il Santa Luica da 6 anni…”? Li ho invidiati. Sì perchè il mio piccolo il Santa Lucia lo frequenta solo da 2 anni. Solo. E in 6 anni anni di vita ha cambiato 4 posti, ha cambiato 4 fisioterapiste e 4 equipe mediche. Alla chiusura di un centro ci siamo già passati. Come siamo passati dalla ricerca di una struttura dove andare, dalla preoccupazione di non trovare posto, dalla speranza di essere chiamati. Io so cosa c’è al di là del Santa Lucia. Sapete che esiste anche una gerarchia nelle difficoltà di trattamento delle malattie? Non tutte le malattie sono codificate, tanto da poter dire “se in questa asl non va andiamo in un’altra”. Quando perdevamo un centro, decine di persone a dirmi..” guarda io conosco una fisioterpista in gambissima”. Solo chi non conosce le malattie rare può dire una cosa del genere…e in fondo è bello che la maggioranza della gente non le conosca. Purtroppo con certe malattie non sai bene come intervenire, non sai come agire e se, dopo anni, trovi la terapia che sembra funzionare, quella con cui tuo figlio passa dal gattonare a malapena al camminare con un deambulatore, allora è con quel team che deve stare e nessun altro.
E non è carità se me lo permettono. C’è qualcosa che si chiama diritto alla salute, salute che lui non ha e che cerchiamo di fargli recuperare il più possibile. Dal 31 Dicembre questo non è più concesso, a lui, come a centinaia di bambini e adulti le cui situazioni sono gravi. Tra l’altro le asl della zona hanno già fatto sapere di non essere in grado di occuparsi di loro.
In tutto questo, non solo la Regione deve milioni e milioni di euro ma la asl di roma c manda a dire che non riconosce un certo numero prestazioni e chiede quindi alla Santa Lucia (erroneamente ) 460.000 euro. Io sono un funzionario pubblico, lavoro al ministero della Difesa e mi occupo anche di contratti e all’inizio colleghi bravi, esperti e irreprensibili mi hanno spiegato che quando si tratta la Cosa Pubblica bisogna agire, da norma di legge, come un Buon Padre di Famiglia. Ho sempre trovato questa espressione di una saggezza unica e cerco io stessa di applicarla quotidianamente. Ora, dove sta il buon senso del padre di famiglia nel chiedere dei soldi ad una fondazione quando la regione deve una quantità di fondi spaventosa? Ma come si fa solo a pensarla una cosa così.
Sia chiaro una cosa: non sono qui per sbandierare la gravità della situazione di mio figlio e smuovere qualcuno a compassione. Non mi piace farlo. Vorrei tenere la parte più dolorosa della mia e della sua vita più riparata possibile. Il fatto è che non posso neanche fare questo, perchè se non faccio risaltare questa notizia lui rischia di non avere più la possibilità di migliorare. Invece di starmi “solo” a preoccupare della sua salute, della sua malattia e della sua felicità devo preoccuparmi di sbattere la testa da una parte all’altra per farlo curare. Perchè lo scrivo qui? un pò per rendere conto a tutte le persone che mi hanno scritto e aiutata, un pò perchè spero che spunti un’idea, una soluzione, che la notizia arrivi a chi di dovere. Ovviamente noi genitori da adesso in poi partiremo con delle diffide o sorta di class action (anche se in italia ancora non è previsto…) ma a noi interessa risolvere il problema a breve.
Io convivo da anni con una tristezza svilente…sono adulta, lo affronto o almeno faccio quello che posso. Ma NON posso e NON voglio permettere che mio figlio acquisisca anche questo. Già dovrà affrontare molte prove difficile, oltre a quelle quotidiane che fa. E’ un pò di anni che a Natale c’è sempre un motivo per non godersi il periodo festivo. Quest’anno poi, dopo questa riunione, abbiamo cominciato un mese prima. Non so come sarà il prossimo Natale. Vorrei far vedere una cosa anche se mi costa molto (se qualcuno avesse intenzione di parlare di strumentalizzazione, sappia che quello che sto strumentalizzando è il dolore mio e quello di mio figlio quindi ritengo di essere libera di farlo). Nel video seguente lo vedrete camminare come lui sa fare. Posso con molto orgoglio dire che è forte, determinato e intelligente. A scuola è molto bravo pur dovendo fare le cose con una concentrazione superiore a quella dei suoi pari di 10 volte. In questo periodo la domanda ricorrente è “mi segni a calcetto? io voglio giocare come tutti gli altri”. A Calcetto non ci può andare ma si sta impegnando per escogitare un modo tutto suo per giocare a calcio usando il carrellino..sposta il pallone usando tutti i mezzi che ha. E’ bello da vedere. Per me commovente forse, concedetemelo, ma bello. Senza quel carrellino crolla, perchè le gambe non lo reggono ma col suo “inseparabile compagno” vorrebbe andare in capo al mondo. Magari qualcuno dalla regione gli viene a spiegare che questo è il massimo che può pretendere dalla sua vita, perchè miglioramenti per giocare a calcetto dal 31 Dicembre non potrà farli più.
L’ultimo numero di Bibenda, la rivista per gli appassionati del mondo del vino, fa seriamente riflettere. Parla di un tema a me molto caro, quello dell’olio extravergine di oliva e quando l’ho letto ho tirato un sospiro…di sollievo no ma di soddisfazione. Erano anni che pensavo certe cose e finalmente vederle scritte anche da qualcuno competente del settore mi ha fatto piacere. Non mi ha consolato, dato l’argomento ma mi ha fatto molto piacere.
Sandro Vannucci racconta di una sua visita sul campo (cioè in supermercato) per cercare di capire un pò cosa gira intorno al mondo dell’olio. Bottiglie messe senza ordine, con confusione, sistemate nè per prezzo, nè per tipo, tantomeno per marca o per regione. Esiste qualcosa che si chiama diritto di scaffale.. e non lo sapevo. In pratica un supermercato viene pagato perchè posizioni un certo tipo di olio in una certo modo. E poi ci sono i prezzi, Olio di oliva a 3-4 euro, prodotto con la Piqual (l’oliva più diffusa in Spagna). Ci sono poi quelli tra i 5-7 euro, con etichette che indicano “miscele di oli comunitari”. Nascosti bene ci sono anche gli oli italiani, non meglio identificati: per esempio un olio col nome di un lago umbro e imbottigliato a Latina…la tracciabilità resta comunque un miraggio.
A me succede spesso di ascoltare persone che, con l’aria di chi la sa lunga, ti spiegano che comprano l’olio extravergine di oliva a 3 euro e che in pratica chi spende di più lo fa
a) perchè è un pò scemo e si fa fregare
b) perchè paga solo il nome famoso e nulla più.
Ecco..io personalmente questi discorsi non li reggo. Perchè? Molto onestamente, la crisi c’è per tutti e spesso oggi una famiglia fa sacrifici per far quadrare i conti e deve risparmiare sulla spesa. Benissimo, vale per la maggioranza di noi. Su alcune cose mi devo accontentare altre proprio non le compro. Però non dico che compro a un prezzo stracciato olio extravergine di oliva, perchè i miracoli non li fa nessuno. Per guardagnarsi quel nome, un produttore italiano serio, investe sui raccolti, sulle tecniche, sul materiale, sulle strutture. Studia, si aggiorna, fa una spremitura ad arte e sceglie le olive con criterio. C’è un lavoro enorme dietro. E un lavoro così non può costare poco. Impossibile. Anzi, per essere precisi, un olio non costa: vale. Magari ne compro meno, sto più attenta al resto ma non è giusto dire che un olio da 3 euro è equivalente a uno da 15, per rispetto di chi lo produce applicando tutto ciò che la legge prevede. E’ una questione di etica intellettuale.
Anche il secondo articolo di Bibenda mi ha molto colpito, per varie ragioni a dir la verità. E’ di Lamberto Sposini (che ora è ricoverato al Santa Lucia…ve lo volevo solo ricordare e gli faccio i miei più sinceri auguri di guarigione). Sposini produce un olio extravergine di oliva..ma non è in vendita. Lo produce per se e i suoi familiari e amici. Dice che non può permettersi di venderlo perchè, per come lo produce lui, dovrebbe costare 20 euro.. e si indigna perchè a suo parere oggi c’è poca educazione alimentare. In un mondo dove tutti cominciano a conoscere i fagioli speciali di quel paese sperduto o il salame prodotto in piccolissima quantità in un posto sconosciuto, la maggioranza di noi bistratta l’olio che è l’elemento fondamentale per la riuscita di un buon piatto oltre che base fondamentale della cucina italiana. Come quando in tv, dove si cucina ormai 24 ore su 24, si conclude una ricetta con la frase “un filo d’olio a crudo” senza dire nulla su quale olio, quale profumi, quale origini…. E’ vero, Sposini ha ragione. Forse dovremmo coccolarlo un pò di più, l’olio extra vergine d’oliva perchè è davvero il nostro oro quotidiano.
In questo periodo mi sto facendo una cultura: Letteratura? Filosofia? Storia? no…cibo naturalmente (tanto per cambiare) :). Vi pare che potevo lasciar passare questo periodo senza approfondire argomenti seri come pane, dolci, focacce, brioche e così via???? E allora vai col tour gastronomico: se in Francia è di moda il viaggio organizzato per esplorare le case produttrici di Champagne non posso fare io il pane-di-grano- duro-tour?
La cosa bella del vivere in un paese è che bene o male conosci un pò tutti. Quindi sai perfettamente quale negozio ha un buon pane, chi fa dei dolci tradizionali con ingredienti genuini, chi produce mozzarelle fantastiche e così via. Come tutte le famiglie del sud, qui a Sapri noi siamo dotati di un mumero di parenti ragguardevole, per non contare compari e comari dei miei nonni e gli amici vari (compagni di scuola, vicini di casa, etc. etc.). Insomma, c’è una specie di piccola rete che collega il paese. E sono proprio contenta che fra i parenti stretti siano presenti quelli che hanno prodotti buoni, talmente buoni da essere pubblicizzati dal Gambero Rosso, Slow Food, varie trasmissioni culinarie etc. Uno di questi, è il forno di Clotidle Zicca.
Mia nonna usava fare la “lista” delle persone da andare a trovare non appena noi nipoti arrivavamo dalla città! Clotilde e sua sorella Palmira avevano un posto speciale per lei…erano sempre fra le prime! Mi ricordo che ne parlava non solo con affetto ma con tanta stima: lei era una cuoca provetta e quindi riconosceva in loro il talento e la passione per il pane, per i dolci e tutti i prodotti da forno! Una passione in comune così non poteva che unirle molto! E poi andarle a trovare voleva sempre dire qualche brioche regalata, un pò di pane o di pizza calda, un cornetto a mezzanotte assicurato.., diciamo che si univa l’utile al dilettevole. Ora mia nonna non c’è più ma io in quel forno ci vado sempre e continuerò a farlo.
Ultimamente ho riscoperto, grazie alle pazienti spiegazioni del figlio di Clotilde, Marco (che insieme al resto della famiglia si occupa della forneria) Il Pane del Pescatore. “U Pane ri pescatori” ha un’antica ricetta un tempo molto diffusa proprio presso gli abitanti della costa. Un pane che aveva una lunga durata e che quindi era adatto ad essere portato nei lunghi viaggi in mare. La storia vuole che nasca dall’abitidune dei pescatori di cuocere le alici sulla marmitta calda della barca e di mangiarle, una volta cotta, col pane di grano duro. L’impasto è costituito da farina di grano duro, acqua, sale, lievito naturale, alici sotto sale, olive verdi e nere. I tempi di lievitazione variano secondo stagione: d’inverno occorrono circa qauttro ore, d’estate 90 minuti. La cottura avviene in forno alegna per un’ora e 40 minuti a 245°. Clotilde mi ha assicurato che è un pane che dura tranquillamente una settimana e che è ottimo tagliato a fette, bruscato e mangiato, per esempio, con una zuppa di polpo.
Ho visto tanti altri prodotti: il pane di grano duro, la pizza ripiena, le ciambelle prosciutto e formaggio, il pane di kamut, le freselle del pescatore e le brioche sapresi. Quest’ultime mi hanno colpito per la ..ehmm… forma! Mio padre conferma che da piccoli loro se le mangiavano sempre, e costavano 30 lire (se considerate che un gelato veniva 10 lire…) .Era un dolce della domenica! Nella prima foto..indovinate un pò qual è la brioche in questione? E’ buonissima e molto morbida… ottima col gelato..ma io me la mangio così, in purezza. E dopo questo angolo di ricordi, vi lascio un pò di foto (non rendono giustizia alla bontà di quei prodotti..quindi se siete curiosi, non vi resta che passare da queste parti!)