Come si finisce un anno, che magari è stato difficile, pesante, da dimenticare etc etc? E come se ne inizia uno nuovo, che sogniamo bello, appassionante, pieno di cose da ricordare?
Come si passa da un sentimento di stanchezza e pressione ad uno di rinascita e forza?
Ma con un party di capodanno all’insegna della luminosità, naturalmente :)
Contro il logorio della vita moderna, lo scintillio ci salverà.
E a prescindere dal tono scherzoso o dalla battuta, non starei a sottovalutare l’impatto che qualche ora di puro divertimento, sfavillio, buon cibo e buona compagnia possano avere sul nostro animo.
E fu sera e fu mattina e la cena della vigilia, passò. Sono finiti quindi i nostri preparativi? No perché subito arriva il pranzo di Natale.
Non ho scoperto il segreto di viaggiare nel tempo e non sono andata improvvisamente avanti. Parlo solo delle tre tavole per il master mtc: quella country è già passata, ora resta òla tavola elegante e il buffet.
Appena l’ho saputo, ho pensato che fosse il Master più bello del mondo, quello edito da MTC sulla mise en place.
E non solo mi se en place, ma un compendio di come gestire una festa, dal menù, alla tavola, al dress code, agli inviti, il tutto sotto la guida di Caterina Reviglio Sonnino, Elisa Baker, Alessandra Gennaro.
I pomeriggi delle vacanze estive. Ma anche i pomeriggi del sabato delle vacanze di Natale. Me li ricordo ancora, pietra miliare della mia giovinezza. Non so voi ma io li passavo, causa suggerimento insistente di mia madre, guardando le commedie sentimentali italiane degli anni ’50 e ’60 e ‘70 e alla fine ne sono stata totalmente presa. Tutti, me li guardavo: Gianni Morandi e Laura Efrikian (lui che canta “fatti mandare dalla mamma” e io che sogno qualcuno che davanti a scuola, dalle suore, faccia altrettanto con me); Caterina Caselli e Laura Efrikian, che vinceva la palma di sfigatissima dell’epoca, su ogni film e a ogni latitudine (e “Perdonoperdonoperdono” che sognavo di cantare in qualche remota manifestazione a qualche sconosciuto ragazzino); Rita Pavone e la sua zanzara (e io che invidiavo il collegio femminile pur andando dalla suore, e quindi non si capisce il perché della mia invidia).
Ho visto questa ricetta di Iginio Massari in una puntata di “Dolcemente con…”, trasmissione condotta dal nostro Black Santin. Amore a prima vista. Sarà per la descrizione di Massari, che la presentava come il dolce della nonna (o della mamma) da mangiare la Domenica, con quel sapore antico che non è facile ritrovare oggi, che ho pensato subito di inserirla di diritto fra i dolci per le feste.
E, credetemi, è da far festa ovunque e comunque, con un dolce così.
Ho scoperto la meringata relativamente da poco tempo, ovvero da quando, due anni fa, sono andata al raduno del fan club di Massari. Durante la cena come dolce ne venne servito uno candido come la neve, la meringata di Iginio Massari: shock.
E dire che me ne avevano sempre parlato. Io lo snobbavo un po’ e non riesco a capirne il motivo.
Errori di gioventù, non può esserci altra spiegazione. Comunque, dopo quella sera, la meringata è entrata di diritto nei miei dieci dolci preferiti. Il giorno dopo poi, eravamo in Pasticceria Veneto, e mi ricordo lo sguardo di tenerezza che lanciavo alle meringate sparse nel locale.
Sono tornata a casa con la voglia di provare a rifarla, perché non poteva essere che non la provassi
Siamo seri: ma l’Mtc poteva lasciarvi senza un libro da regalare prima di Natale? Alessandra Van pelt Gennaro non se lo sarebbe mai potuto perdonare, su, non scherziamo. Ed ecco qui che arriva la quinta fatica dei miracoli, a giudicare dai venduti dei libri precedenti. Non solo: volete sapere l’argomento del libro? Le lasagne. Una cosa che l’italica penisola sbrodola mugugnii di soddisfazione
Annunciazio’ annunciaziò: è arrivata la pizza del 2017, e non c’è dubbio che sarà la più amata da critica e pubblico.
Ma andiamo per ordine.
Ho una cara amica, che spesso vado a trovare. Cara amica sotto moltissimi aspetti, certamente, ma uno fondamentale è la comune passione gastronomica. Noi siamo quelle che si danno appuntamento di tre mesi in tre mesi per andare a magiare ciò che ci riconcilia col mondo. E la pizza di Franco Pepe è una delle cose che più assolve a questo compito.
Cara Mai, abbi pazienza: siccome le ricette sono belle lunghe, mi concederò solo poche parole di introduzione ed evito di dirti quando ti apprezzi e quanto sia stata felice della tua scelta (va be, non l’ho evitato).
La Mai, per questo mese dell’mt challenge, ha avuto l’idea (strepitosa) di presentare le tapas, o meglio tre tipi di quelle che noi chiamiamo tapas: tapas, pinchos e montaditos. Come se ciò non fosse sufficiente, insieme ad Alessandra ha deciso che queste tapas dovessero avere un tema, un filo conduttore a legare il tutto.
La tartelletta non è per tutti. E’ la verità.
Di tartellette, variamente farcite, potrei fare scorta. E’ quel tipo di dolce consolatorio di cui non posso fare a meno e per questo motivo mi trattengo dal prepararne quanti tipi vorrei, capitemi.
E’ il concetto espresso da questo tipo di dolce, che mi fa impazzire: il segreto. Il fatto di nascondere, di celare qualcosa che però intravedi e che intuisci possa essere gustoso. Per questo dico che non è per tutti. C’è chi vuole un dolce che si veda subito, che si capisca, che si esponga prima di essere morso. C’è chi apprezza un dolce che è un rischio perché devi assaggiarlo per capire com’è.
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