Humm il tempo è tiranno (e cattivo) e credo che questa è l’ultima che riesco a fare. Credo. Intendo l’ultima torta salata per l’MTC di questo mese che Flavia ha eletto a mese della brisée di Michel Roux, un argomento a mio parere bellissimo.
Vivendo in una città come Roma, il tempo da trascorrere in macchina ogni giorno è parecchio, l’ho già detto in svariate occasioni, e spesso mi ritrovo a dover intrattenere i miei figli mentre aspettiamo ad un semaforo, mentre si libera un incrocio, mentre si sfoltisce una fila. Si sa, normale amministrazione. Nulla di strano. Da quando son nati e quindi, da quando sono frequentatori del traffico romano, è’ venuto di conseguenza il fatto di inventarsi giochini vari, pur di far passare il tempo ai due occupanti i sedili posteriori della mia auto (che ahimè..mi ha abbandonato! Lo dico ufficialmente: addio mia bella compagna di avventure, a cui devo una lunga e assidua frequentazione del meccanico vicino casa).
Da quando mio marito ed io abbiamo conosciuto queste persone, la nostra vita è cambiata tantissimo. Dopo che qualcuno ci ha mostrato il mondo del buon cibo e del buon vino…nulla è stato più lo stesso. A cominciare dal fatto che mio marito, col tempo, è diventato sommelier e che fa parte del gruppo della Delegazione dell’AIS dei castelli romani, guidata dal bravissimo Fabrizio Gulini, che organizza, fra le altre cose, degustazioni, incontri ed eventi. Il mondo del vino è decisamente pericoloso. Perchè? Perchè una volta entrati, si viene catturati da un fascino irresistibile e irreversibile, da cui difficilmente ci si può staccare. Personalmente sono molto orgogliosa del fatto che mio marito sia sommelier, anche se ammetto che difficilmente lo seguo, dato che non bevo (ebbene sì!). In compenso mi piace moltissimo sentire tutti i profumi e gli odori del vino, quindi non è raro trovarmi a roteare maldestramente il bicchiere cercando di captare quegli straordinari segnali che i sommelier sanno interpretare con tanta maestria. Quando, qualche tempo fa, mio marito mi disse che la Domenica successiva avrebbe avuto un evento a Velletri, ho risposto con il solito, “va bene”, dando per scontato di rimanere a casa, se non che aggiunse, con molta tranquillità, “la giornata sarà dedicata al carciofo alla matticella”.
Non mi è parso vero: avevo sempre sentito parlare del carciofo cotto in questo modo particolare, ma non ne sapevo un granchè! Quando ho capito che c’era la possibilità di assaggiare vari piatti a basi di carciofo e soprattutto, vedere come veniva cotto, nella migliore tradizione degli imbucati ho chiesto di poter partecipare. Ho fatto non bene, benissimo: è stata una giornata splendida, interessante, golosa e ricca di informazioni.
Premetto che questa non è pubblicità nel senso convenzionale del terminale: non è il mio lavoro e non ho la competenza per farlo. Posso però parlarvi delle persone che ho incontrato, delle cose che ho visto e di quello che ho imparato, della passione della gente per un prodotto e della bontà di alcuni piatti. Allora sì, in questo senso faccio pubblicità. Posso raccontarvi che, nelle campagne di Velletri, c’è un posto che non ti aspetti, un’azienda produttrice di vino che si chiama La Luna Del Casale. La proprietaria mi ha spiegato che il nome è dovuto al fatto che si vede una Luna meravigliosa che condiziona ogni fase della loro esistenza. Sono partiti dall’acquisto di un casale diroccato e una piccola vigna e ora hanno una azienda giovane, avviata e una elegante location. Non posso dirvi molto sulla qualità del loro vino perchè non l’ho assaggiato. Ma scommetto sull’amore e sulla cura che ci metteno nel produrlo, dato che hanno dato il nome dei loro figli, Alessandro e Sara, a due dei loro vini..e il terzo vino, Sebastiano, è in arrivo. Con delle premesse così, un’azienda può solo crescere bene. Posso anche raccontarvi della bellissima visita alla vigna fatta con l’enologo (che è anche il proprietario). Ho imparato molte cose, nel giro di poco tempo. Difficile spiegarle tutte..vi consiglio di visitare una vigna! Però posso dirvi, con grandissima soddisfazione, che ho capito il motivo scientifico per cui i sommelier dicono che in un vino sentono l’aroma di lampone, di amarena, piuttosto che di gomma o di pane! Pensavo fosse un codice massonico..e invece c’è la spiegazione! Deve essere bravo l’enologo se poco ci è mancato che mollassi tutto per dedicarmi a coltivare la vite :)
Posso ancora raccontarvi di due persone speciali, Daniela e suo padre, Franco Salvatori. La prima, gentile e disponibile è anche un ottima cioccolataia (” in te vedo una grossa cioccolata” le ha detto una cliente appena l’ha incontrata). A Franco devo dire grazie per la pazienza con cui mi ha raccontato del carciofo alla matticella, della sua storia e per avermi mostrato come si cuoce. Abbiamo parlato per più di un’ora. Nei tempi passati, era usanza piantare una pianta di carciofo (qualità romanesco, ovviamente) alla fine di ogni filare di vite e i contadini, al termine della mattina di lavoro facevano colazione cuocendo i carciofi su una brace fatta dai legni dell’anno precedente, le matticelle appunto. Questo si ripete ogni anno, a Velletri, e spero che la tradizione non vada mai perduta. Il carciofo si condisce semplicemente con olio, aglio e mentuccia e, quando la brace è pronta, si inserisce per 2/3 circa nella brace fumante. Quando il fumo diminuisce in maniera evidente, vuol dire che l’olio del condimento ha bagnato troppo il punto in cui si trovano i carciofi ed è giunto il momento di spostarli: uno a uno e rigorosamente a mani nude. ” Cuocere il carciofo alla matticella è semplice e come tutte le cose semplici è difficile”: così mi ha detto Franco. Dopo un’ora circa il carciofo è pronto. Pensate che sia sufficiente? No, perchè bisogna anche saperlo mangiare. Normalmente va messo su una fetta di pane, dove deve cadere quel pò di olio rimasto. Si tolgono le foglie esterne più dure e bruciate, poi, man mano che si sfoglia, si comincia a mangiare la parte del carciofo vicino all’attaccatura, finchè si giunge a poter mangiare il carciofo totalmente morbido. E’ un sapore difficile da scrivere. Forse perchè si viene anche caricati da un’attesa spasmodica: il profumo del carciofo cotto sulla matticella comincia presto a spandersi e voi siete lì, ipnotizzati a guardarlo cuocere e a chiedervi quando sarà pronto. Vale la pena aspettare. Oltre ad aver assaggiato il mio primo carciofo alla matticella, ho gustato i vari piatti preparati dallo staff, fra cui, udite udite, il gelato al carciofo e mentuccia! Ebbene sì, ci hanno fatto anche il gelato, ed era davvero fresco e buono. In generale il carciofo è considerato inabbinabile, una sorta di croce per tutti i sommelier ma evidentemente qualcosa si può fare.
E quando si ha la fortuna di poter gustare il vino sotto il consiglio di un sommelier, conviene sempre farlo, perchè dietro quei gesti eleganti, il modo particolare di versare il vino, di farlo roteare, di sentire bene i profumi, non c’è la voglia di impressionare ma c’è tutta una cultura e una spiegazione che rende il bere il vino una esperienza per il palato. Mandare giù un bicchiere dietro l’altro non ci rende dei buoni bevitori ma solo delle persone distratte che, forse, maltrattano un pò il gran lavoro che c’è dietro la sua produzione.
Ho conosciuto poi Anita, giovane wedding planner con grande entusiasmo: mi sono innamorata subito dei suoi tulipani! Ditemi voi se non arricchiscono la tavola e la rendono speciale!
Vi confermo che ho trascorso una splendida giornata perchè sono tornata a casa sorridendo..anche se, forse il mio sorriso era in parte dovuto , complici quei ragazzacci dell’AIS, al dolcissimo Pedro Ximenez che mi hanno fatto assaggiare e più di una volta (e vi posso giurare che dentro ci ho sentito un odore intenso di fichi!!!)