Dove eravamo rimasti? Eravamo rimasti che quest’estate, poco prima di tornare a Roma (e per poco prima intendo proprio pochi minuti prima di partire) ero in Puglia, per la precisione a Ceglie, nel Bar Centrale a rifornirmi di Biscotti Cegliesi e dolcetti vari di una bontà infinita. Ero lì che guardavo quelle meraviglie e da brava adepta di Gente del Fud, chiedevo il permesso di poter segnalare sul sito questi prodotti, quando il signore dopo di me mi fa ” Permette? Perchè non inserisce anche i bocconotti martinesi del Bar Tripoli, nella versione ricotta e pere? Sono una poesia” . I bocconotti martinesi sono una vecchia conoscenza, almeno nella versione crema e amarena…ma ricotta e pere???? Considerando che la torta ricotta e pere è uno dei miei dolci preferiti, non è che potessi far passare questa notizia bomba senza darle la giusta importanza..ma stavo veramente partendo e quindi ho dovuto, molto a malincuore, non fare la prova provata della poesia di dolcetti.
Però la notizia si era ben sedimentata. Fatto sta che fra una cosa e l’altra non ci avevo più pensato, finchè qualche giorno fa, cercando tutt’altro, ho letto il commento di una persona che era stata a questo benedetto Bar Tripoli e che tesseva le lodi dei bocconotti ricotta e pera. Eh no. Questa era una vera e proprio provocazione. Questa volta mica potevano farla franca. Posto che un giretto dalle parti di Martina Franca era in quel momento impossibile, ho deciso di riprendere la sperimentazione lanciata da Ornella e di provare i bocconotti ricotta a pere…ammodomio s’intende :D ! Non ho idea di come siano gli originali (e dovrò aspettare un bel pò prima di poterli verificare) ma questa versione mi è molto piaciuta quindi i bocconotti ricotta e pere entrano di diritto a far parte della mia personale lista dei desideri dolciferi.
RICETTA: BOCCONOTTI RICOTTA E PERE
Ingredienti
Per la frolla:
Per il ripieno
Procedimento
Impastare nella planetaria il burro ( temperatura ambiente) e lo zucchero, aggiungere le uova, l’acqua e le farine miscelate (si può fare tranquillamente anche a mano). Formare una palla e mettere a riposare in frigo per almeno due ore. Tagliare le pere a tocchetti, mettere un pò d’olio evo in una pentola, aggiungere le pere, lo zucchero e il limoncello e far cuocere a fiamma bassa. Le pere richiedono una cottura abbastanza lunga: tireranno fuori un bel pò di liquido. In genere spengo quando quel liquido si è assorbito ed è rimasto solo la composta di pere. Mentre le pere cuociono, setacciare la ricotta, aggiungere i 100 gr di zucchero e mescolare bene. Riporre nel frigo. Quando le pere si sono raffreddate, riprendere la frolla, stenderla e riempire degli stampini per i bocconotti con la frolla. Depositare sulla base di frolla uno strato di ricotta, aggiungere una cucchiata di pere e chiudere tutto con un cerchio di frolla del giusto diametro. Mettere in forno caldo a 180° per 45 minuti (a me è servito questo tempo ma regolatevi col vostro forno). Importante: una volta pronti, far riposare a testa in giù il bocconotto caldo fino a completo raffreddamento (serve sia per evitare bolle d’interne che per ottenere una superficie piatta). Spolverare con zucchero a velo..e buona poesia!
E’ arrivato l’autunno..almeno così dicono. Sì, perchè riescono ad alternarsi giorni in cui sono chiusa in casa e mi muoio dal freddo (tipo adesso) e giorni in cui mettersi una maglietta a maniche corte è anche troppo esagerato, dato il caldo che fa! Però per me è arrivato, per forza…perchè questo significa riesumare, finalmente, i libri con ricette che d’estate non si possono fare, i libri con ricette di castagne, zucca, zuppe varie..e soprattutto i libri sul cioccolato. Oggi quindi era obbligatorio riprendere in mano il libro di paul&young, Avventure al cioccolato e provare una delle sue ricette! Mi è simpatico Paul…saranno i suoi capelli rossi, il foulard al collo e la sua smodata passione per il cioccolato ma finora ho sempre apprezzato le sue invenzioni e prima o poi passerò in almeno uno delle sue cioccolaterie a Londra! Giusto per guardare, un’occhiatina al volo..neanche uno dei suoi truffle, giuro (con le dita incrociate).
Oggi poi, questa ricetta qui, era perfetta: prugne viola, cannella, chiodi di garofano e cioccolato….sì, per inaugurare la stagione autunnale ho pensato che andasse benissimo! Uno di quei dessert della consolazione, una specie di coccola..a volte serve davvero.
ah..una novità proprio autunnale è che un Gatto non meglio identificato, di un mese e mezzo, manto mielato e occhioni azzurri gira indisturbato in casa e passa a fare fusa ogni volta che qualcuno gli capita a tiro (tranne per La Pasionaria..che gli mette una paura assurda :) ). Come sarà entrato non lo so! :) Magari vi aggiorno prossimamente..voglio capire che intenzioni ha!
RICETTA: PRUGNE ARROSTITE ALL’ARANCIA IN CONSOMME’ DI CIOCCOLATO FONDENTE
Ingredienti
Per il consommè
Procedimento
Lavate e asciugate le prugne, dimezzatele ed eliminate i noccioli, Mettetele a bagno per una notte in una ciotola col porto, la cannella, il succo d”arancia, lo zucchero e i chiodi di garofano. Preriscaldate il forno a 190° C. Scolate le prugne, disponetele sul dorso in una teglia con carta da forno e fatele cuocere per 15 minuti ( io per 20-25 minuti). Nel frattempo versate il liquido di macerazione in una casseruola e fatelo ridurre a metà su fuoco dolce. Toglietelo dal fuoco e filtrate per eliminare le spezie. Per preparare il consommè, portate a ebollizione 300 ml di acqua con lo zucchero, frullatela velocemente con il cioccolato e aggiungete lo sciroppo di prugne, amalgamando con cura.
Disponete le prugne in una ciotola poco profonda con il consommè caldo e la scorza d’arancia sopra.
Certe ricette nascono in maniera particolare e proprio per questo sono quelle a cui tieni di più. Si comincia con un’idea, poi c’è un suggerimento, poi si continua, si chiede se va bene, cosa ne pensi, come faresti e questo sì, questo no…. Bello creare una cosa unica da idee diverse, da pensieri che si completano. Non capita spesso ma quando capita ne sei contento…specialmente se poi il risultato è buono.
Come per questo risotto. Un risotto con le mele…ho preso spunto da una ricetta trovata su un giornale e ho chiesto consigli per modificarla! Ed è stato tutto un “io farei così” “davvero? non sono convinta però..” “si guarda, il burro, usa il burro..”. Ognuno ha i suoi consulenti :)….poi se, come nel mio caso, sono bravissimi si è moolto fortunati perchè è divertentissimo stravolgere qualcosa e crearne di nuove.
Il caso (?) vuole che in questi giorni sia un gran parlare di mele, per ragioni diverse però. Penso a Steve Jobs. A quello che ha detto nel suo discorso a dei ragazzi appena laureati, che hanno la vita davanti. Penso a quanto le sue parole siano commoventi e soprattutto giuste….penso a quanto andrebbero seguite e a come sarebbe la vita se se ne applicassero solo una parte.
“Stay Hungry. Stay Foolish” dice Jobs. E ha ragione….lascio qui parte del suo discorso (la traduzione è presa da qui)..lo faccio per me. E per chi avrà voglia di farle proprie.
“…….Il vostro tempo è limitato, per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro. Non fatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario.
Quando ero un ragazzo c’era una incredibile rivista che si chiamava The Whole Earth Catalog, praticamente una delle bibbie della mia generazione. E’ stata creata da Stewart Brand non molto lontano da qui, a Menlo Park, e Stewart ci ha messo dentro tutto il suo tocco poetico. E’ stato alla fine degli anni Sessanta, prima dei personal computer e del desktop publishing, quando tutto era fato con macchine da scrivere, forbici e foto polaroid. E’ stata una specie di Google in formato cartaceo tascabile, 35 anni prima che ci fosse Google: era idealistica e sconvolgente, traboccante di concetti chiari e fantastiche nozioni.
Stewart e il suo gruppo pubblicarono vari numeri di The Whole Earth Catalog e quando arrivarono alla fine del loro percorso, pubblicarono il numero finale. Era più o meno la metà degli anni Settanta e io avevo la vostra età. Nell’ultima pagina del numero finale c’era una fotografia di una strada di campagna di prima mattina, il tipo di strada dove potreste trovarvi a fare l’autostop se siete dei tipi abbastanza avventurosi. Sotto la foto c’erano le parole: “Stay Hungry. Stay Foolish.”, siate affamati, siate folli. Era il loro messaggio di addio. Stay Hungry. Stay Foolish. Io me lo sono sempre augurato per me stesso. E adesso che vi laureate per cominciare una nuova vita, lo auguro a voi.”
Non avevo certo pensato ad un piatto con le mele per ricordare Steve Jobs, ci mancherebbe….ma per come è nata questa ricetta, per l’idea un pò fuori dal normale, perchè siamo affamati di cibo e di amore, e si è folli tanto da seguire il proprio cuore…. mi sembra adatto, in questa giornata, aver cucinato qualcosa di questo tipo!
RICETTA: RISOTTO ALLE MELE E PANCETTA AFFUMICATA
Ingredienti
Procedimento
In una casseruola, far fondere il burro, unire il riso e la pancetta. Far tostare bene il riso e sfumare col vino bianco e, appena asciugato, bagnare con il brodo poco alla volta, mescolando tra un’aggiunta e l’altra. Nel frattempo, sbucciare la mela e tagliarla a pezzetti, saltarla in una padella antiaderente per 3-4 minuti. Tagliare il pane a dadini piccoli e tostarlo in una padella dove si è fatto precedentemente sciogliere un pò di burro. Cinque minuti prima di terminare la cottura, aggiungere le mele e, infine, regolare di sale.
L’idea della monoporzione era imprescindbile da questo risotto :) quindi ho usato un coppapasta per formare un cilindro di riso, metterci sopra il pane tostato e due fettine di mele per decorazione.
Ora che sono passate più di due settimane, posso dirlo con una ragionevole certezza: Albertino frequenta la prima elementare e La Pasionaria il primo anno della scuola dell’infanzia . Con altrettanto ragionevole orgoglio, posso anche dire che hanno fatto un buon inserimento, che le maestre sono tanto brave da farmi guardare con terrore alla lista dei giorni in cui la scuola resterà chiusa, che hanno fatto subito amicizia…insomma, le premesse perchè si possa dire “va tutto per il meglio” ci sono.
Per loro due, ci sono. Il problema ovviamente sono io. Vorrei sapere chi è il genio del male che ha inventato le riunioni per eleggere il rappresentante di classe: venendo da parecchi anni di nido, scuola dell’infanzia di uno, arinido dell’altra..so che queste riunioni mi sfiancano..ma ogni anno ci casco e ci vado. Ebbene, queste accolte di genitori hanno il potere di farmi sentire la mamma più snaturata del mondo: esco presto dal lavoro (provocando i soliti rimbrotti del capo), arrivo in classe trafelata 1 minuto e mezzo prima che cominci la riunione, mi siedo sulle sedioline dei bambini (e con i tacchi alti l’immagine è agghiacciante), con mega borsa-del-lavoro regalatami alla laurea (pesantissima che ancora devo capire che ci metto dentro), vestita un pò come una hostess dell’Alitalia perchè tanto la mattina dell’elezione capita sempre una riunione importante e quindi neanche prendermi un giorno di ferie o tornare a casa prima per indossare un paio di jeans. E lì trovo tutte le mamme e i papà, sereni, sorridenti che scherzano fra loro. Si conoscono tutti, rigorosamente. Anche se è il primo giorno di scuola, loro si possono raccontare aneddoti degli anni precedenti, conoscono le maestre a mena dito e sanno pure le date dei compleanni dei bidelli. E’ chiaro che già sanno quando ci sarà la gita scolastica, gli accessori didattici necessari ai loro figli e pure le date in cui sono state affittate tutte le sale del circondario per festeggiare i compleanni. Ovvio che sanno tutti benissimo come procedere all’elezione del rappresentante di classe, anzi, già sanno chi è, che farà e posseggono il numero del cellulare per andarsi a mangiare una pizza insieme. Io, non conoscevo nessuno (e scusatemi, ma essendo la prima elementare in una nuova scuola..mi sembra pure abbastanza normale ma lasciam perdere..), non avevo idea di chi fosse la persona che si proponeva come rappresentante di classe e alle maestre davo rigorosamente del lei (anche perchè, pur giovani e carine, sempre maestre sono e per parlare alla riunione faccio presente che ho alzato il ditino dicendo “maestra scusi posso parlare”..che poi mi volevo sotterrare…).
Quando è giunto il momento delle consultazioni, le maestre sono uscite e hanno chiuso la porta, lasciandomi fra un mare di sconosciuti che fra loro si conoscevano benissimo. Vedevo che chiacchieravamo amabilmente e, dovendo fiondarmi all’altra riunione, quella della classe della Pasionaria, ho timidamente chiesto “ehmmm..che si fa?”, “ora votiamo” mi ha risposto una mamma con una certa aria di sufficienza come a dire mi sembra ovvio, che siamo venute a fare. Non avevo ancora capito che il problema fosse la scelta del presidente e del segretario..cioè di quei poveri sfortunati che restano lì fino alla fine delle elezioni. Ho sempre guardato con terrore a questi ruoli, figuriamoci se mi proponevo io…ma la mancata conoscenza in questo caso aiuta…non me lo hanno neanche proposto. Il marito della candidata rappresentante e la mamma-amica-da-sempre hanno assolto a questo compito con gioia. Non avendo intenzione di rimanere oltre il necessario (tenete presente che era passata un’ora e mezza) mi sono fatta avanti e ho chiesto “posso votare?” “certo…aspetta che ti prendo il biglietto”. Io non sapevo il nome della mamma che si candidava, quindi ho barato e ho chiesto al papà vicino, che sembrava impacciato almeno quanto me. Lui ha suggerito a bassa voce (sia mai che qualcuno se ne accorgesse) e il risultato è stato che sono riuscita a scrivere male pure il nome dell’unica rappresentante di classe…come mi ha fatto notare la scrutatrice. “oddio e se me l’annullano???” l’ho pensato per un attimo ma poi, con pazienza, mi hanno fatto cambiare la lettera sbagliata e ho messo nella scatola il mio bigliettino. A quel punto mancavano solo dieci minuti alla fine dell’elezioni nella scuola della Pasionaria, al che ho preso armi e borsona e Albertino col suo carrellino e la scena era questa: io e lui in mezzo alla strada, lui seduto sul carrellino perchè la strada non era abbastanza liscia e non ce la faceva da solo e dovevo spingerlo, io che portavo la borsa mia (metterò una pochette per andare a lavoro, lo giuro), lo zaino suo di Ben Ten e la busta preziosa con i cedolini dei libri, le liste varie e i moduli per la mensa da riempire..e io che, con con i tacchi alti lo spingevo più velocemente possibile in mezzo alla strada. Ho ringraziato il cielo che sono passate solo una pio di persone..che effettivamente mi guardavano stralunate..ma erano poche, lo ammetto. In compenso Albertino rideva come un matto e mi ha detto “mamma ma che stai a fa?”.
Arrivati davanti all’asilo, pardon, scuola dell’infanzia, gli ho detto, “scendi, seguimi come puoi e andiamo a votare”…mancavano 5 minuti….sono stata fortunata, di altri genitori non c’era traccia quindi potevo votare subito. Stavolta per non sbagliare avevano scritto direttamente il nome vicino alla postazione di voto ma evidentemente non dovevo ispirare fiducia dato che la mamma segrataria di turno ma ha detto con un gentile sorriso : “mi raccomando, scriva bene”. Va beh..comunque ce l’ho fatta e se tutto va come deve..se ne riparla il prossimo anno.
In macchina Albertino mi ha raccontato che a merenda un suo amico aveva pane e marmellata e che la voleva pure lui…una richiesta più che ragionevole, quindi la domenica dopo mi sono data alla marmellatificazione… Avevo delle pesche bianche, l’ultimo residuo di questa lunghissima estate, e una delle marmellate provate è stata quella di pesche bianche e un tocco di lavanda.
P.S.: io non uso la pectina ma mi dicono che è molto utile…voi che fate? la usate? Mi raccontate per favore?
RICETTA: MARMELLATA DI PESCHE BIANCHE E LAVANDA
Ingredienti
Procedimento
Sbucciate le pesche, privatele del nocciolo e taglietele in pezzi. Riunitele in un contenitore , conditele con il succo di limone e lo zucchero, mescolate e coprite. Lasciate riposare in frigo 6 ore. Scolate la frutta e tenetela da parte e portate a ebollizione il succo che si sarà formato. Lasciate sobbillire per 5 minuti e unite le pesche e cuocete per circa 15 minuti. Aggiungere i fiori di lavanda (non troppi mi raccomando) e versare nei vasetti sterilizzati. Chiudeteli e fateli raffreddare capovolti.
Quando torno dalle ferie, arrivo a casa carica dei regali gastronomici (sempre graditissimi!) che mi fanno i vari parenti. Siccome solitamente l’ultima tappa del viaggio estivo coincide con un soggiorno in Valle d’Itria, il mio bagagliaio è normalmente carico di prodotti pugliesi provenienti direttamente dai terreni e dai giardini dei nostri zii e cugini (olio, marmellata, pomodori, formaggi vari, friselle, taralli, etc etc).
Quest’anno però ho avuto un inconveniente: mi hanno regalato 5 grappoli d’uva. Eh, direte voi, e allora? buona l’uva..te la mangi e via. Si dà il caso però che quella fosse uva Italia. Io non so se ce l’avete presente ma vi posso dire che con 5 grappoli avevo 13-kg-di-uva-dico-13. Mi spiace non averla fotografata perchè era uno spettacolo! Grappoli immensi, sui 60 cm e acini grossi più o meno come palline da ping pong e non è una battuta! Bellissima da vedere, indubbiamente, ma purtroppo questa super uva ha, come tutta l’altra uva normale, la brutta tendenza a deperirsi. Non sapevo veramente come fare! Un pò l’ho mangiata, un pò l’ho regalata (a malincuore), un pò l’ho messa nella grappa e con i restanti 5 kg? Puglia per Puglia, mi è venuto in mente che io solo lì mangio una marmellata che mi fa impazzire: la marmellata di uva bianca…e che marmellata sia. La ricetta l’ho presa da qui (così come quella per l’uva nera sotto grappa)..diciamo che ho fatto un mix fra il primo e il secondo tipo. Avendo quindi un pò di barattoli di marmellata, oggi ho provato a fare dei dolci che mangio spessissimo d’estate. Hanno una pasta fatta solo con farina, olio e vino bianco e un ripieno di marmellata (che può essere di uva, fichi, amarene, ciliege, etc etc). La ricetta me l’ha passata mia zia Giovanna e quindi la ringrazio molto perchè l’ho trovata ottima. Come per molti dolci tradizionali, ogni famiglia ha la sua ricetta personale (mia zia ne ha anche più di una..) ma ho provato questa e l’ho trovata buona!
RICETTA: FAGOTTINI DI MARMELLATA DI UVA BIANCA
Per la marmellata:
Ingredienti
Procedimento
Far cuocere a fuoco moderato, senza aggiunta d’acqua, l’uva ben matura unita allo zucchero. Mescolare spesso e lasciar cuocere fichè avrà preso la giusta consistenza. Se la si desidera meno grumosa, passarla al minipiemer e poi metterla calda nei vasi sterilizzati, chiuderli e capovolgere il barattolo. Lasciare in questa posizione fino a completo raffreddamento.
Per i fagottini
Ingredienti
Procedimento
In un pentolino, scaldare l’olio e il vino fin quasi a bollore. Versare son cautela culla farina e impastare fino ad avere un impasto omogeneo (io l’ho fatto con la planetaria, usando la folgia). Far riposare l’impasto finchè diventa a temperatura ambiente. Stendere l’impasto, ritagliare dei cerchi di circa 8 cm di diametro, riempire con la marmellata d’uva una metà del cerchio, ripiegare a metà e chiudere il fagottino. Ricoprire una teglia di carta forno, poggiare i fagottini e cuocere per 45 minuti a 170°-180° (dipende un pò dal forno..)
Avete presente i discorsi fra chi è andato in ferie all’estero e racconta di viaggi avventurosi, costosi, emozionanti , etc. etc e chi risponde sconsolato “eh..io sono andato solo al mio paese d’origine”, avendo un’espressione che è un misto d’invidia e vergogna? Ecco…io faccio parte delle persone che vanno, rigorosamente ogni anno, nel paese (o meglio, nei paesi, nel mio caso) d’origine. La differenza è che ho sempre un’espressione sognante e l’entusiasmo di rivedere certi posti. Perchè? Beh, di Sapri vi ho parlato fino alla sfinimento quindi vi risparmio. L’altra zona (quella di origine di parte di mammà) è una cosuccia da nulla, una zona che proprio non si distingue: la valle d’Itria. Abbiate pazienza, ma se uno va in piscina vicino alla casa in campagna della nonna e la villa del vicino confinante è quella di sopra, mi spiegate come si fa a rimanere indifferenti? L’Italia è meravigliosa tutta e questa è una certezza ma, consentitemelo, certe zone sono al di fuori di ogni catalogazione. Dove le trovate case così?
E fosse solo quello! Quando vado in Puglia conto di:
Non sarà proprio come visitare una città straniera ma sinceramente non mi lamento (se non fosse per la totale mancanza di copertura che ci impedisce di usare cellulari e usufruire di internet…noi siamo in mezzo al triangolo delle Bermuda della rete mobile..vi prego fate qualcosa!). Nel quadrilatero fra Ostuni, Martina Franca, Cisternino e Ceglie Messapica si rischia di perdersi fra le bellezze del territorio, l’arte, la storia e (manco a dirlo) la gastronomia tanto che, prima di prenotare una vacanza da quelle parti, bisogna essere sicuri di avere un ottimo motivo per tornare a casa! Quest’anno siamo andati alla Sagra delle Orecchiette di Caranna (contrada di Cisternino) (non ci ero mai stata prima, forse perchè, avendo una nonna pugliese, mangio orecchiette tutte le domeniche da quando sono nata.. :) ), Albertino è riandato allo Zoo Safari di Fasano, portandosi dietro un cobra di gomma, un cappello con tutti gli animali e il racconto delle dita messe nel naso di una giraffa/ cammello (non ho capito quale dei due), La Pasionaria ha mangiato tutto quello che poteva mangiare e anche di più (vedi foto post precdente), dedicandosi con passione a cercare di capire se preferisse il pane di patate (la peddica, in dialetto), il pane di Matera, la focaccia pugliese, i nodini di martina Franca e..non ultimo…le orecchiette che..tadannnnn…quest’anno ho imparato a fare! Ho preso la storica decisione: non si poteva perdere una tradizione così, quindi mi sono messa vicina a mia nonna e , con metodo, ho cercato di applicare il movimento che, in teoria, era perfettamente chiaro nella mia mente! In teoria, certo. Ho fatto un intero vassoio, mentre mia nonna ne ha fatti 4, e la forma delle mie orecchiette era un pò…naif…ma sono orgogliosissima (se non fosse che mia madre ridacchiava del loro aspetto..anche se poi se l’è mangiate eccome).
Consigli se passate da quelle parti?
Non vi perdete gli agriturismi e le masserie in genere (l’Agriturismo Grotta di Figazzano lo garantisco!…e questa pure, anche solo per una visita ) e, se tenete al vostro palato, non mi perderei il Biscotto Cegliese, i Dolcetti Mandorle e Fichi (non ve lo posso dire cosa sono) e gli Spumoni (il famoso gelato… ve ne parlerò meglio!), il tutto al Caffè centrale di Ceglie a Corso Garibaldi 22. Poi, se passate dalle parti di Pascarosa, mia nonna e suoi parenti hanno sempre scorta di prugne “cuore di donna” (si chiamno così…non è bellissimo???), fichi, mele cotogne, mandorle… ve ne offro un pò, volete?
P.S.: da bravi rabdomanti internettiani, abbiamo trovato vicino casa un punto in cui compariva una tacca..a volte anche due! Vi mostro il mio internet point personale!
Ci provo, incessantemente e con tenacia…ma, a parte la schiacciante superiorità numerica di due figli contro una mamma, devo riconoscere che loro sono indubbiamente dotati di forze superiori alle mie. Me la fanno sempre. Ammettiamolo: Mimì e Cocò sono due ribaldi e furfantelli che, in un modo o nell’altro, non solo si fanno perdonare tutto ma mi mettono in quello stato di grazia, chiamiamolo pure di giuggiolamento materno per cui la punizione/ comportamento severo/disciplina ferrea spesso vanno beatamente a farsi friggere.
In questi giorni si sta consumando una piccola battaglia della serie: “vadiamo quanto ci mettiamo per far esurire mamma” e si stanno comportando egregiamente: le fila sono serrate, i due fanno comunella per litigare il più possibile sulle peggiori stupidaggini che un adulto possa immaginare (solo un adulto però…. per i bambini litigare su chi debba sedersi più vicino ad un plasma di 52 pollici è essenziale, sia mai che si dovesse vedere poco). Ll’adulto medio si imbestialisce a sentirsi chiamare con una frequenza di 3 volte al minuto (per ciascun figlio, per un totale di 6 volte a minuto) e per di più, quando gli viene in mente di guardarli in cagnesco, uno dei due se ne esce con la frase: “che sei arrabbiata con me? lo vedo da come metti la bocca!”. Il senso di colpa che mi assale è vergognoso.
Io sinceramente resisto. Insomma, è mio dovere cercare di educarli e siccome vengo accusata dal parentado di essere o troppo remissiva o troppo severa a seconda dell’argomento educativo, cerco almeno di salvare la faccia con loro e, nella migliore tradizione, quando la situazione diventa ingestibile, urlo la frase che ogni buona mamma impara essere quella giusta, netta e definitiva :” adesso chiamo papà”. Per ora funziona. In futuro chissà. Ma la vera domanda è: ai bambini fanno un corso specifico? come fanno a imparare queste cose?
L’altra sera avevamo previsto la solita fuga domenicale dal caldo afoso della città e la meta era altrettanto solita: noi andiamo a Frascati! Cittadina deliziosa, allegra e fresca..iresistibilmente fresca. Si trova nel cuore dei Castelli Romani e la sera è una salvezza..anche se è presa d’assalto da tutti i romani..ma fa niente! Adoro lo “struscio” vacanziero anche se non sono in vacanza! Poi per frascati ho un debole, quindi ci vado sempre volentierissimo! A differenza del solito però ci ero arrivata piuttosto nervosa perchè Albertino e la Pasionaria avevano dato il meglio di loro durante un litigio quindi non stavo un granchè quanto a disposizione d’animo e avevo deciso che non si meritavano gelati/ricordini sulle bancarelle, giostre o robe varie. Niente di niente, dovevano assumersi le loro responsabilità. Poi arrivati lì, mentre scendiamo dalla macchina Albertino mi guarda, mia abbraccia e mi dice: “tu sei più bella di tutte le mamme”. Hummm…ho cominciato a sentirmi un cane ma dovevo resistere, mica potevo cedere così. Avevo detto niente e niente sarebbe stato. Poi, mentre guardavamo le bancarelle ho deciso che almeno potevo chiacchiarare con i miei pargoli, e così Albertino, dalla sua carrozzina-ufo (quella sera era troppo stanco per il carrellino) si è messo a leggere tutte le insegne dei negozi che vedeva. Faceva un ottimo spelling, da esserne proprio fieri per i suoi 5 anni. Ari-hummmmmm..magari una cosetta piccola gliela potevo pure comprare….no, e altrimenti che senso ha una punizione? Poi, ingenua come sono, gli ho fatto la solita domanda scema (e pericolosa) che un genitore fa con frequenza regolare ” a chi vuoi più bene tu?”
Lui ci pensa 10 secondi e mi fa “Fra tutte le mamme voglio più bene a te. Fra tutti i papà voglio più bene a papà. Fra tutti i nonni voglio più bene a..(e qui non avrete mai la sua risposta per mia pace: lo sappiano da subito i nonni che leggono). Fra tutti gli zii voglio più bene a (..stesso discorso, niente risposta..resterà un mio segreto! :P)” E non ancora soddisfatta ho domandato ” e fra tutti questi qui?” “fra tutti questi qui vinci sempre tu“
Ho deciso di comprare a lui e Cocò (per par condicio) un animale di legno: una balena e un micio. Insomma, con che cuore potevo riportare a casa quei due senza nulla? In fondo è scientificamente dimostrato che l’eccessiva severità non fa ottenere i migliori risultati. Poi si vedeva lontano un miglio che quel bimbo aveva un’intellegenza notevole (o, quantomeno, un’ottimo gusto in fatto di mamme).. sì sì. Però il gelato no…non potevo mica esagerare. Il punto su qualcosa dovevo tenerlo. Peccato che io e mio marito abbiamo fatto cambio bimbi: io mi sono presa per mano la Pasionaria e lui andava in giro con Albertino, tanto le bancarelle l’avevamo superate e stavamo passeggiando per la via centrale. A un certo punto mi accorgo che lei si era fermata. Era in mezzo alla gente, col visetto completamente reclinato verso l’alto e la bocca un pò aperta e sorridente. “Che fai?” le ho chiesto (questo maledetto vizio di fare domande me lo devo togliere!). Lei tira su piano piano il suo ditino e lo punta verso l’alto, spostando il piccolo braccio (un pò alla E.T.-telefono casa ma senza nessuno con cui congiungere il dito). Senza spostare il viso di una virgola ride e mi dice “io guardo il cielo”. Era deliziosa. Una bimbetta biondina e riccioluta che camminava a testa in su fra un mare di persone guardando il cielo con un sorriso..e nel cielo non c’era nemmeno una stella. La mia “guardatrice di cielo” era felice di guardarlo , purtroppo, e io questa cosa la facevo spessissimo da piccola (e non solo da piccola) quindi capico molto bene come si sentisse.
Coppetta alla nocciola per lui, coppetta al cioccolato e stracciatella per lei, cono cocco-cioccolato e panna per mio marito e fragole per me. La disfatta. Appunto. Ma come si fa?
La ricetta di oggi nasce da due cose: la prima è che mentre tornavamo alla macchina Albertino si è messo a gridare di gioia nel vedere le palme altissime che ci sono a Frascati e dire tutto felice ” mamma, mi sembrano gli alberi dell’estate” (alias palme con i relativi frutti: gli ananas) e dal fatto che dovevo terminare la scorta di latte di cocco (dopo la terza ricetta col cocco e affini giuro che poi non ne uso più per un pò)
RICETTA: MAIALE AL LATTE DI COCCO, ZENZERO E ANANAS
Ingredienti
Procedimento
Versare il burro chiarificato in un tegame. Infarinare leggermente i pezzi di maiale e versarli nella pentola. Far rosolare per un paio di minuti e rigirare bene ogni pezzo. Versare il latte di cocco e far cuocere a fiamma bassa. Dopo una decina minuti e quando si è pressocchè asciugato il latte di cocco, aggiungere i pezzi di anas, lo zenzero e il sale. Lasciar cuocere per altri 5 minuti. Servire caldo o tipiedo.
Di cose in rete se ne trovano tante, poi nel settore culinario-gastronomico ancor di più! Cose indubbiamente particolari, innovative eccentriche, etc etc… questa però, confesso l’ignoranza, non l’avevo mai sentita: il burro di cocco! Voi direte..ehhhhh figurati lo sanno tutti! Io no e quindi quando l’ho visto da lei, sono rimasta un pò interdetta….e con la voglia irresistibile di provarlo! Neanche a farlo apposta, mia madre mi ha regalato un pò di farina di cocco da smaltire, vi pare che potevo deludere le aspettative di smaltimento??? :) E che burro sia! Effettivamente ne viene poco nonostante abbia usato una certa quantità di cocco…ma mi sono divertita troppo! E così mi sono ritrovata ben 40 gr, dico 40, di burro di cocco da utilizzare!
Non contenta, avevo della panna fresca che mi chiedeva insistemente di che morte dovesse morire! Pensando ad una mousse, l’ho messa nella mia planetaria a farla montare ben bene..se non fosse che faceva un gran caldo. E allora? e allora, siccome è praticamente matematico che mentre cucini ricevi la telefonata che aspetti da due giorni e che non ti fanno, il telefono ha squillato proprio mentre montavo la panna. Ho incautamente risposto e girato l’angolo…e alla fine della telefonata mi sono ritrovata non la panna montata..ma un bel pò di burro fatto in casa (come spiegava Paoletta). Beh, adatto per la mousse non era… e dato che l’occasione fa l’uomo ladro e la donna pasticcera :)…ho pensato bene di fare una torta con il burro homemade: quello di cocco più quello vaccino! Dovevamo andare a trovare dei nostri cugini che volevano farci vedere la loro nuova casa…e quindi andarci senza una tortina , anche se preparata in fretta e furia, mi sembrava bruttissimo!!!! Loro sono quelli che già si sono goduti un’intera cena con la mia tendina-da-campeggio light box montata sul tavolo della sala da pranzo, per fotografare i vari piatti! Che avranno pensato quando ho preso la torta e ho chiesto al padrone di casa le travi, le foglie di ulivo e i tronchi che stava utilizzando per sistemare il giardino..a puro fine fotografico???? Secondo me non ci invitano più! Ma il legno mi piace troppo..lo confesso! E così approfitto e faccio loro tanti auguri per la nuova bellissima casa (con un giardino pieno di angoli da fotografare..stay tuned!!!)
RICETTA: CROSTATA CON BURRO DI COCCO, PESCHE SATURNINE, LATTE DI COCCO E MARMELLATA DI FRUTTI DI BOSCO
Ingredienti
Per la frolla
40 gr di burro di cocco fatto in casa
160 gr di burro di latte vaccino fatto in casa
200 gr di farina 00
50 gr di farina di cocco
1 uovo
100 gr di zucchero
scorza di limone grattugiata
Per il ripieno
4 pesche saturnine (dette anche tabacchiere) grandi
80 gr di latte di cocco
120 gr di marmellata di frutti di bosco
3 uova
100 gr di farina 00
50 gr di farina di cocco
Procedimento
Prepariamo la frolla nel solito modo e, dopo il riposo in frigo, rivestiamo uno stampo da crostata da 24cm. Diamo una quindicina di minuti di cottura in bianco.
Mescoliamo tutti gli ingredienti, tagliamo a pezzi e le pesche. Sistemiamo i pezzi di pesche sulla base e versiamo nel guscio di frolla ed inforniamo a 180° per ca. 30’ (prova stecchino). Viene una cremina slegata molto morbida e delicata! Lasciamo raffreddare, poi sformiamo e decoriamo a piacere con zucchero a velo (nel mio caso non l’ho messo)
Quel momento arriva, prima o poi, per tutti i genitori e coinvolge, col suo carico emotivo, nonni, zii, cugini e nipoti: il saggio di fine anno. Il saggio di fine anno è una di quelle tappe della vita di un genitore che non si dimentica, un pò come la prima volta che il proprio figlio va a una festa di compleanno di un amichetto e cose simili.
Quest’anno per Albertino non era certo il primo saggio..ma era un saggio speciale, un pò perchè era l’ultimo della scuola materna (pardon, scuola dell’infanzia), il che voleva dire varco di quella grande autostrada che è la scuola materna, un pò perchè il saggio raccoglieva non solo le cose imparate durante l’anno ma tutto ciò che era stato fatto per il 150° dell’Unità d’Italia. In realtà, il tema l’ho scoperto proprio durante il saggio, ma avrei dovuto capirlo da alcuni piccoli indizi dei mesi precedenti. Infatti da qualche tempo, mentre eravamo in macchina (mi accorgo solo ora di quante volta io racconti dei nostri viaggi in auto: difficile prescendire da questo in una città come Roma :) ), Mimì esordiva con canzoni un pò spiazzanti. Di solito lo si sente canticchiare “…Eh già, io sono ancora qua”, “Nella cittàààààà c’è il cuore di un’istrice” per finire con “il meglio deve ancora venireeeee”. Ero rimasta quindi un pò sorpresa nel sentirlo cantare perfettamente :” Funiccolì funiccolàààà jamme jamme jà funiccolì funiccolààà”. L’avevo interpretato come il solito influsso di mia madre (affezionatissima a tutte le canzoni napoletane). Certo è, che mi era parso un pò strano sentirlo intonare “Romagna mia Romagna in fiore, tu sei la stella tu sei l’amore” e il massimo quando a squarcia gola si esibiva in “oi vita, oi vita mia, oi core e chist’ core”. Ma ai miei tentavi di indagare..rispondeva ” è un segreto”.
Poi è arrivato il giorno del saggio e ho capito: la palestra era addobbata con un grandissimo tricolore ed era un tripudio di bandierine e palloncini bianchi, rossi e verdi. Noi genitori e parenti eravamo come al solito emozionati e armati di macchinette fotografiche, telecamere e flash, che neanche negli studi di Cinecittà Due. Dalla musica salterellante si capiva che l’entrata dei bambini era giunta: eccoli lì i piccoli patrioti, equamente divisi con la maglietta verde (i nostri colori), quella bianca e quella rossa. La maestra Lucia, dopo il benvenuto, ci ha spiegato che in questo saggio i bambini avrebbero cantato tante canzoni dedicate al 150° dell’ Unità d’Italia. Al via quindi con l’immancabile Inno d’Italia (tutti in piedi e mano sul cuore), senza scordare “E’ la bandieraa del tricoloreeee è la più bella” (d’altronde noi, come potremmo?) e passare alle altre ma prima le maestre hanno tentato una cosa temeraria: hanno diviso i maschietti da una parte e le femminucce dall’altra. Temeraria perchè a quel punto sono venute fuori tutte le tipologie di bambini canterini: c’era quello che si muoveva come un rapper, qualsiasi fosse la canzone, quello che irrimediabilmente batteva le mani fuori tempo, quello che faceva tutti i movimenti giusti ma sulla canzone sbagliata e quello che, al massimo, faceva su e giù con la testa. Il più divertente era un bimbo con l’aria sperduta che si guardava attorno come a dire “ma io che ci faccio qui?” mentre tutti cantavano. Il problema dei cori alternati maschi-femmine è che, in queste occasioni, viene fuori l’enorme differenza fra mondo maschile e mondo femminile. Non c’è gara: le femmine erano più intonate, più precise, più tutto insomma. In particolare, c’era un gruppetto di 8 bambine fantastiche, una sorta di “congregazione dello zecchino d’oro”: tutte esattamente coordinate non solo con le maestre ma anche fra di loro. Movimenti perfetti, canzoni a memoria, mani dietro la schiena e su e giù della testa che Mariele Ventre ne sarebbe stata fiera. Erano talmente professionali che neanche sorridevano, sia mai avessero perso la concentrazione. I maschietti ci provavano ed erano anche carini…ma appena le femmine entravano in azione si sentivano i vari parenti dire : “eh..con le femmine non c’è niente da fare” (un pò come dire “non ci sono più le mezze stagioni” e “si stava meglio quando si stava peggio”). Il bello era che si adattavano ad ogni stile: a Romagna mia si muovevano a tempo di mazurca, a funiculì funicolà riuscivano a mimare una tarantella e una di loro ha pure preso il tamburello in mano (ritmo alla Tullio De Piscopo). Nei maschietti c’era un miscuglio di stili e durante Romagna Mia ho visto qualcuno muoversi come Eminem..ma giuro che faceva folclore!
Albertino, dico la verità, era un pò svogliato: strano, perchè lui adora cantare. Ma alla fine della giornata si è giustificato con un ” a mà..e non ne potevo più delle canzoni, sempre prove sempre prove e sempre co sta chitarra” ( parlava in romano solo per entrare meglio nel ruolo del patriottico capitolino). Finite le canzoni delle varie regioni d’Italia è giunto il momento della consegna dei diplomi: prima hanno tutti indossato un bellissimo tocco da diplomato, dello stesso colore della maglietta e poi si sono messi in fila per classe, per ricevere il sospirato “pezzo di carta”, viatico per l’ingresso alle elementari! La chiamata della prima appartenente alla congregazione dello zecchino d’oro è stata memorabile: spinta dalle altre, con aria simile all’attrice che riceve un oscar con l’espressione sorpresa di una che “ma proprio io”???” si è avvicinata alla direttrice e si è fatta fotografare senza fare una piega e con un sorriso alla Julia Rogers. Dopo un pò tutte le bimbe avevano ricevuto il diploma, si congrutulavano fra loro ma ecco che… no…orrore, l’ultima, prima di giungere al suo posto, era rovinosamente caduta a terra. L’ho vista quasi cedere al pianto..ma lei, incoraggiata dalle altre, si è ripresa ed è filata al suo posto, tranquillizzata da quella che, si vedeva, era il capo carismatico (la suonatrice di tamburello). I maschietti certe volte non sapevano neanche dove guardare, figurarsi tornare al posto loro…ma in fondo avevano 5 anni ( si sa..i 5 anni femminili corrispondono almeno ai 10 maschili). Non nascondo la commozione nel vedere il Mio albertino in piedi, col carrelino, tenere il suo diploma! Sì, stava diventando grande. Alla fine del saggio, gli ho chiesto cosa volesse (un piccolo premio se lo meritava). Prima ha citato il giocattolo con l’eroe dei cartoni animati del momento e poi mi fa seriamente: ” e poi mi fai un happy hour?”
Io all’età sua non sapevo cosa fosse un “hour”, figuriamoci un “happy“..ma erano altri tempi. E allora…Happy hour sia! Ho pensato ad un happy hour esotico, per festeggiare in maniera un pò moderno-chic!!!!
RICETTA: DRINK DI MELONE, PAPAJA E LATTE DI COCCO CON SCAMPI
Ingredienti
Procedimento
Frullare il melone giallo, la papaja (la qualità “formosa” è eccezionale) e 300 gr di latte di cocco. Scavare il melone giallo e tenerlo da parte. Bollire due minuti gli scampi. Versare il drink nel melone e decorare con gli scampi. Buon Happy hour!!!
“Questo è davvero un posto magico”.
Così mi spiegava Eugenio Cioffi, parlando del suo agriturismo, della sua azienda, del suo ficheto. E lo diceva con orgoglio e con affetto, con la convinzione di chi ha rinunciato un posto in Germania da ricercatore per dedicarsi, insieme alla sua famiglia, a riportare un luogo (la terra di suo padre) e un prodotto al loro giusto riconoscimento. Più conosco il Cilento e più lo amo, forse anche grazie a chi, con preparazione e impegno, sta portando avanti progetti belli per la propria terra. Ho conosciuto Eugenio grazie ad Enzo Crivella (guardate cosa racconta di lui Luciano Pignataro) che me ne ha parlato dicendo “quello è un genio”. Di Enzo mi fido, perchè è un amico, è uno che ama profondamente il suo lavoro e ha una passione verace per i prodotti del Cilento…infatti ho passato, durante le vacanze pasquali a Sapri, un bellissimo pomeriggio. La mia visita all’agriturismo Muriké nasce dalla voglia di conoscere meglio un prodotto tipico della mia zona di origine: il fico bianco del Cilento. Ho mangiato molte volte alla Chocolathera, un gelato eccezionale e dei dessert raffinati, fatti con questo frutto e volevo saperne un pò di più. E allora concedetemi di fare un pò di pubblicità progresso, spontanea e sentita :)!
E non è che debba impegnarmi molto per fare pubblicità: le poche foto, fatte al volo (e mentre Mimì e Cocò si lamentavano come al solito..ma lasciamo perdere) mostrano da sole che cosa si trova incastonato fra le montagne di Morigerati e Sicilì, attraversato dal fiume Bussento. Eugenio non riesce a staccarsi da questo posto e dalle sue marmellate e ci credo. “Sue” perchè le fa proprio lui, con cura (addirittura eliminando la buccia) e competenza! Il fico bianco del Cilento essiccato gode della Denominazione di origine protetta, la polpa è pastosa, di colore giallo ambrato ed è molto dolce, con semi piccolissimi (quindi adattissimo ai dessert, per mia grande gioia!). L’agriturismo Murikè è in piena fase di sviluppo e da giugno sarà pronto..e vi assicuro che tornerò per andare a provare queste famose marmellate (bisognerà aspettare l’estate, ahimè!). Ci sarà la possibilità di visitare direttamente l’opificio e di degustare lì le marmellate ed i vari prodotti: dal produttore al consumatore insomma!
E che il posto sia magico, lo dimostra anche un bellissimo “padrone naturale” che vi accoglierà nell’area dell’agriturismo: ditemi voi se questo ulivo millenario non è splendido!
Per un pò di storia e di notizia sul fico, sulle sue caratteristiche e sul luogo di origine, potete andare a leggere qui, per esempio! Ma senza dubbio la cosa migliore sarebbe venire a vedere dal vivo e farsi un giro in questa zona..anche solo per venirsi a prendere un pò di questa magia!