Quel momento arriva, prima o poi, per tutti i genitori e coinvolge, col suo carico emotivo, nonni, zii, cugini e nipoti: il saggio di fine anno. Il saggio di fine anno è una di quelle tappe della vita di un genitore che non si dimentica, un pò come la prima volta che il proprio figlio va a una festa di compleanno di un amichetto e cose simili.
Quest’anno per Albertino non era certo il primo saggio..ma era un saggio speciale, un pò perchè era l’ultimo della scuola materna (pardon, scuola dell’infanzia), il che voleva dire varco di quella grande autostrada che è la scuola materna, un pò perchè il saggio raccoglieva non solo le cose imparate durante l’anno ma tutto ciò che era stato fatto per il 150° dell’Unità d’Italia. In realtà, il tema l’ho scoperto proprio durante il saggio, ma avrei dovuto capirlo da alcuni piccoli indizi dei mesi precedenti. Infatti da qualche tempo, mentre eravamo in macchina (mi accorgo solo ora di quante volta io racconti dei nostri viaggi in auto: difficile prescendire da questo in una città come Roma :) ), Mimì esordiva con canzoni un pò spiazzanti. Di solito lo si sente canticchiare “…Eh già, io sono ancora qua”, “Nella cittàààààà c’è il cuore di un’istrice” per finire con “il meglio deve ancora venireeeee”. Ero rimasta quindi un pò sorpresa nel sentirlo cantare perfettamente :” Funiccolì funiccolàààà jamme jamme jà funiccolì funiccolààà”. L’avevo interpretato come il solito influsso di mia madre (affezionatissima a tutte le canzoni napoletane). Certo è, che mi era parso un pò strano sentirlo intonare “Romagna mia Romagna in fiore, tu sei la stella tu sei l’amore” e il massimo quando a squarcia gola si esibiva in “oi vita, oi vita mia, oi core e chist’ core”. Ma ai miei tentavi di indagare..rispondeva ” è un segreto”.
Poi è arrivato il giorno del saggio e ho capito: la palestra era addobbata con un grandissimo tricolore ed era un tripudio di bandierine e palloncini bianchi, rossi e verdi. Noi genitori e parenti eravamo come al solito emozionati e armati di macchinette fotografiche, telecamere e flash, che neanche negli studi di Cinecittà Due. Dalla musica salterellante si capiva che l’entrata dei bambini era giunta: eccoli lì i piccoli patrioti, equamente divisi con la maglietta verde (i nostri colori), quella bianca e quella rossa. La maestra Lucia, dopo il benvenuto, ci ha spiegato che in questo saggio i bambini avrebbero cantato tante canzoni dedicate al 150° dell’ Unità d’Italia. Al via quindi con l’immancabile Inno d’Italia (tutti in piedi e mano sul cuore), senza scordare “E’ la bandieraa del tricoloreeee è la più bella” (d’altronde noi, come potremmo?) e passare alle altre ma prima le maestre hanno tentato una cosa temeraria: hanno diviso i maschietti da una parte e le femminucce dall’altra. Temeraria perchè a quel punto sono venute fuori tutte le tipologie di bambini canterini: c’era quello che si muoveva come un rapper, qualsiasi fosse la canzone, quello che irrimediabilmente batteva le mani fuori tempo, quello che faceva tutti i movimenti giusti ma sulla canzone sbagliata e quello che, al massimo, faceva su e giù con la testa. Il più divertente era un bimbo con l’aria sperduta che si guardava attorno come a dire “ma io che ci faccio qui?” mentre tutti cantavano. Il problema dei cori alternati maschi-femmine è che, in queste occasioni, viene fuori l’enorme differenza fra mondo maschile e mondo femminile. Non c’è gara: le femmine erano più intonate, più precise, più tutto insomma. In particolare, c’era un gruppetto di 8 bambine fantastiche, una sorta di “congregazione dello zecchino d’oro”: tutte esattamente coordinate non solo con le maestre ma anche fra di loro. Movimenti perfetti, canzoni a memoria, mani dietro la schiena e su e giù della testa che Mariele Ventre ne sarebbe stata fiera. Erano talmente professionali che neanche sorridevano, sia mai avessero perso la concentrazione. I maschietti ci provavano ed erano anche carini…ma appena le femmine entravano in azione si sentivano i vari parenti dire : “eh..con le femmine non c’è niente da fare” (un pò come dire “non ci sono più le mezze stagioni” e “si stava meglio quando si stava peggio”). Il bello era che si adattavano ad ogni stile: a Romagna mia si muovevano a tempo di mazurca, a funiculì funicolà riuscivano a mimare una tarantella e una di loro ha pure preso il tamburello in mano (ritmo alla Tullio De Piscopo). Nei maschietti c’era un miscuglio di stili e durante Romagna Mia ho visto qualcuno muoversi come Eminem..ma giuro che faceva folclore!
Albertino, dico la verità, era un pò svogliato: strano, perchè lui adora cantare. Ma alla fine della giornata si è giustificato con un ” a mà..e non ne potevo più delle canzoni, sempre prove sempre prove e sempre co sta chitarra” ( parlava in romano solo per entrare meglio nel ruolo del patriottico capitolino). Finite le canzoni delle varie regioni d’Italia è giunto il momento della consegna dei diplomi: prima hanno tutti indossato un bellissimo tocco da diplomato, dello stesso colore della maglietta e poi si sono messi in fila per classe, per ricevere il sospirato “pezzo di carta”, viatico per l’ingresso alle elementari! La chiamata della prima appartenente alla congregazione dello zecchino d’oro è stata memorabile: spinta dalle altre, con aria simile all’attrice che riceve un oscar con l’espressione sorpresa di una che “ma proprio io”???” si è avvicinata alla direttrice e si è fatta fotografare senza fare una piega e con un sorriso alla Julia Rogers. Dopo un pò tutte le bimbe avevano ricevuto il diploma, si congrutulavano fra loro ma ecco che… no…orrore, l’ultima, prima di giungere al suo posto, era rovinosamente caduta a terra. L’ho vista quasi cedere al pianto..ma lei, incoraggiata dalle altre, si è ripresa ed è filata al suo posto, tranquillizzata da quella che, si vedeva, era il capo carismatico (la suonatrice di tamburello). I maschietti certe volte non sapevano neanche dove guardare, figurarsi tornare al posto loro…ma in fondo avevano 5 anni ( si sa..i 5 anni femminili corrispondono almeno ai 10 maschili). Non nascondo la commozione nel vedere il Mio albertino in piedi, col carrelino, tenere il suo diploma! Sì, stava diventando grande. Alla fine del saggio, gli ho chiesto cosa volesse (un piccolo premio se lo meritava). Prima ha citato il giocattolo con l’eroe dei cartoni animati del momento e poi mi fa seriamente: ” e poi mi fai un happy hour?”
Io all’età sua non sapevo cosa fosse un “hour”, figuriamoci un “happy“..ma erano altri tempi. E allora…Happy hour sia! Ho pensato ad un happy hour esotico, per festeggiare in maniera un pò moderno-chic!!!!
RICETTA: DRINK DI MELONE, PAPAJA E LATTE DI COCCO CON SCAMPI
Ingredienti
Procedimento
Frullare il melone giallo, la papaja (la qualità “formosa” è eccezionale) e 300 gr di latte di cocco. Scavare il melone giallo e tenerlo da parte. Bollire due minuti gli scampi. Versare il drink nel melone e decorare con gli scampi. Buon Happy hour!!!