Il problema serio è che la Flavia mi ha fatto venire in mente tante idee su come usare la benedetta brisée di roux, sfida di questo mese dell’mtc. Torta salata o quiche, con le differenze del caso. Ma in mente ho almeno altre tre versioni. Non ho idea se riuscirò a farle tutte (ma la Flavia può tranquillamente cominciare a preoccuparsi per il proliferare di post da sorbirsi). Il progetto però c’è e le intenzioni anche!
“Senti sorè, ma una bella cheesecake, come quelle che fanno a New York, non la potresti fare per me e i miei amici, che la mangiamo a capodanno?”
No, non è che mio fratello si voglia portare avanti con le richieste, in leggero anticipo sui tempi. In realtà, questa è stata la richiesta di circa un anno fa (per il 31 Dicembre 2013, per la precisione).
Di cheesecake se ne vedono e se vedevano tante, però il “come fanno a New York” mi mise in crisi. La caratteristica era precisa.
Questo mese l’Mtc è difficile. Per la ricetta? Quella, dipende. I muffin sono praticamente i dolci più fatti e rifatti, quelli che tutti conoscono. Farli bene non è così scontato, perché il problema serio è che rischiano di essere troppo secchi, se non controllati in cottura, ma Francesca ci ha dato ottime versione, tanti consigli e la scelta fra dolce e salato. Alessandra, come se questo non fosse sufficiente, ha chiesto di abbinarli a un testo letteraio. Nelle discussioni su Fb, ha specificato “qualcosa che vi rappresenti”.
Se parlate male di me, esagerate.
Il principio è sempre valido. Sul cibo poi, non ne parliamo. Lì avete una porta non aperta, spalancata.
Ok, sono a dieta. Me lo merito, verdure grigliate, pesce scondito, due cucchiaini d’olio e tutto il mondo fuori.
Passione Brasile, in questa casa, da un po’ di tempo a questa parte.
I mondiali di calcio hanno colpito ancora, direte voi. No, sì, forse. Ma non solo.
In questa casa, da quando è uscito Rio 2, non si vive più. Blu e Joyel sono diventati gli amici inseparabili di Albertino e della Pasionaria. La cosa peggiore è stata che il supermercato vicino casa ha messo, come premi agognati, i peluche dei pappagalli più amati della storia. Quindi mi costringono a una fastidiosissima caccia al bollino, fosse altro per avere il maggio numero di personaggi possibili. Ci dormono insieme, ci fanno colazione e se li portano a passeggio. Ormai il sogno conclamato di tutti, è quello di andare a Rio De Janeiro e perdersi nella foresta amazzonica. Per parte mia, ci sto seriamente pensando. Magari mi perdo in solitaria.
Ditemi quel volete ma stare a dieta non è bello. Lo devo fare, lo faccio ma non sono contenta. E il mio fisico lo sa. Fosse per me mangerei ben altro e per altro, di questo periodo, intendo casatiello, torta ai carciofi, cioccolato e pastiera (perché io, ad un alimentazione leggera, ci tengo).
Il problema sta anche in quello che ti dice la gente e io, a questa entità strana che si chiama Laggente, prima o poi gliene dico quattro.
Girovagare in rete nei blog e nei siti di altri paesi può essere cosa davvero interessante, specialmente se si tratta di culture lontane con cui più difficilmente si viene in contatto. Per carità, in epoca di globalizzazione, si va a Londra in poco tempo, a Parigi a fare la scampagnata del weekend e anche Madrid tutto sommato è accessibilissimo (sempre per gli altri … io l’ultima volta che mi sono mossa da Roma sono andata …. Hummm quand’è che mi sono mossa da Roma?????). In generale però, mi dicono che la gente normale viaggia.
Ci provo, incessantemente e con tenacia…ma, a parte la schiacciante superiorità numerica di due figli contro una mamma, devo riconoscere che loro sono indubbiamente dotati di forze superiori alle mie. Me la fanno sempre. Ammettiamolo: Mimì e Cocò sono due ribaldi e furfantelli che, in un modo o nell’altro, non solo si fanno perdonare tutto ma mi mettono in quello stato di grazia, chiamiamolo pure di giuggiolamento materno per cui la punizione/ comportamento severo/disciplina ferrea spesso vanno beatamente a farsi friggere.
In questi giorni si sta consumando una piccola battaglia della serie: “vadiamo quanto ci mettiamo per far esurire mamma” e si stanno comportando egregiamente: le fila sono serrate, i due fanno comunella per litigare il più possibile sulle peggiori stupidaggini che un adulto possa immaginare (solo un adulto però…. per i bambini litigare su chi debba sedersi più vicino ad un plasma di 52 pollici è essenziale, sia mai che si dovesse vedere poco). Ll’adulto medio si imbestialisce a sentirsi chiamare con una frequenza di 3 volte al minuto (per ciascun figlio, per un totale di 6 volte a minuto) e per di più, quando gli viene in mente di guardarli in cagnesco, uno dei due se ne esce con la frase: “che sei arrabbiata con me? lo vedo da come metti la bocca!”. Il senso di colpa che mi assale è vergognoso.
Io sinceramente resisto. Insomma, è mio dovere cercare di educarli e siccome vengo accusata dal parentado di essere o troppo remissiva o troppo severa a seconda dell’argomento educativo, cerco almeno di salvare la faccia con loro e, nella migliore tradizione, quando la situazione diventa ingestibile, urlo la frase che ogni buona mamma impara essere quella giusta, netta e definitiva :” adesso chiamo papà”. Per ora funziona. In futuro chissà. Ma la vera domanda è: ai bambini fanno un corso specifico? come fanno a imparare queste cose?
L’altra sera avevamo previsto la solita fuga domenicale dal caldo afoso della città e la meta era altrettanto solita: noi andiamo a Frascati! Cittadina deliziosa, allegra e fresca..iresistibilmente fresca. Si trova nel cuore dei Castelli Romani e la sera è una salvezza..anche se è presa d’assalto da tutti i romani..ma fa niente! Adoro lo “struscio” vacanziero anche se non sono in vacanza! Poi per frascati ho un debole, quindi ci vado sempre volentierissimo! A differenza del solito però ci ero arrivata piuttosto nervosa perchè Albertino e la Pasionaria avevano dato il meglio di loro durante un litigio quindi non stavo un granchè quanto a disposizione d’animo e avevo deciso che non si meritavano gelati/ricordini sulle bancarelle, giostre o robe varie. Niente di niente, dovevano assumersi le loro responsabilità. Poi arrivati lì, mentre scendiamo dalla macchina Albertino mi guarda, mia abbraccia e mi dice: “tu sei più bella di tutte le mamme”. Hummm…ho cominciato a sentirmi un cane ma dovevo resistere, mica potevo cedere così. Avevo detto niente e niente sarebbe stato. Poi, mentre guardavamo le bancarelle ho deciso che almeno potevo chiacchiarare con i miei pargoli, e così Albertino, dalla sua carrozzina-ufo (quella sera era troppo stanco per il carrellino) si è messo a leggere tutte le insegne dei negozi che vedeva. Faceva un ottimo spelling, da esserne proprio fieri per i suoi 5 anni. Ari-hummmmmm..magari una cosetta piccola gliela potevo pure comprare….no, e altrimenti che senso ha una punizione? Poi, ingenua come sono, gli ho fatto la solita domanda scema (e pericolosa) che un genitore fa con frequenza regolare ” a chi vuoi più bene tu?”
Lui ci pensa 10 secondi e mi fa “Fra tutte le mamme voglio più bene a te. Fra tutti i papà voglio più bene a papà. Fra tutti i nonni voglio più bene a..(e qui non avrete mai la sua risposta per mia pace: lo sappiano da subito i nonni che leggono). Fra tutti gli zii voglio più bene a (..stesso discorso, niente risposta..resterà un mio segreto! :P)” E non ancora soddisfatta ho domandato ” e fra tutti questi qui?” “fra tutti questi qui vinci sempre tu“
Ho deciso di comprare a lui e Cocò (per par condicio) un animale di legno: una balena e un micio. Insomma, con che cuore potevo riportare a casa quei due senza nulla? In fondo è scientificamente dimostrato che l’eccessiva severità non fa ottenere i migliori risultati. Poi si vedeva lontano un miglio che quel bimbo aveva un’intellegenza notevole (o, quantomeno, un’ottimo gusto in fatto di mamme).. sì sì. Però il gelato no…non potevo mica esagerare. Il punto su qualcosa dovevo tenerlo. Peccato che io e mio marito abbiamo fatto cambio bimbi: io mi sono presa per mano la Pasionaria e lui andava in giro con Albertino, tanto le bancarelle l’avevamo superate e stavamo passeggiando per la via centrale. A un certo punto mi accorgo che lei si era fermata. Era in mezzo alla gente, col visetto completamente reclinato verso l’alto e la bocca un pò aperta e sorridente. “Che fai?” le ho chiesto (questo maledetto vizio di fare domande me lo devo togliere!). Lei tira su piano piano il suo ditino e lo punta verso l’alto, spostando il piccolo braccio (un pò alla E.T.-telefono casa ma senza nessuno con cui congiungere il dito). Senza spostare il viso di una virgola ride e mi dice “io guardo il cielo”. Era deliziosa. Una bimbetta biondina e riccioluta che camminava a testa in su fra un mare di persone guardando il cielo con un sorriso..e nel cielo non c’era nemmeno una stella. La mia “guardatrice di cielo” era felice di guardarlo , purtroppo, e io questa cosa la facevo spessissimo da piccola (e non solo da piccola) quindi capico molto bene come si sentisse.
Coppetta alla nocciola per lui, coppetta al cioccolato e stracciatella per lei, cono cocco-cioccolato e panna per mio marito e fragole per me. La disfatta. Appunto. Ma come si fa?
La ricetta di oggi nasce da due cose: la prima è che mentre tornavamo alla macchina Albertino si è messo a gridare di gioia nel vedere le palme altissime che ci sono a Frascati e dire tutto felice ” mamma, mi sembrano gli alberi dell’estate” (alias palme con i relativi frutti: gli ananas) e dal fatto che dovevo terminare la scorta di latte di cocco (dopo la terza ricetta col cocco e affini giuro che poi non ne uso più per un pò)
RICETTA: MAIALE AL LATTE DI COCCO, ZENZERO E ANANAS
Ingredienti
Procedimento
Versare il burro chiarificato in un tegame. Infarinare leggermente i pezzi di maiale e versarli nella pentola. Far rosolare per un paio di minuti e rigirare bene ogni pezzo. Versare il latte di cocco e far cuocere a fiamma bassa. Dopo una decina minuti e quando si è pressocchè asciugato il latte di cocco, aggiungere i pezzi di anas, lo zenzero e il sale. Lasciar cuocere per altri 5 minuti. Servire caldo o tipiedo.
Di cose in rete se ne trovano tante, poi nel settore culinario-gastronomico ancor di più! Cose indubbiamente particolari, innovative eccentriche, etc etc… questa però, confesso l’ignoranza, non l’avevo mai sentita: il burro di cocco! Voi direte..ehhhhh figurati lo sanno tutti! Io no e quindi quando l’ho visto da lei, sono rimasta un pò interdetta….e con la voglia irresistibile di provarlo! Neanche a farlo apposta, mia madre mi ha regalato un pò di farina di cocco da smaltire, vi pare che potevo deludere le aspettative di smaltimento??? :) E che burro sia! Effettivamente ne viene poco nonostante abbia usato una certa quantità di cocco…ma mi sono divertita troppo! E così mi sono ritrovata ben 40 gr, dico 40, di burro di cocco da utilizzare!
Non contenta, avevo della panna fresca che mi chiedeva insistemente di che morte dovesse morire! Pensando ad una mousse, l’ho messa nella mia planetaria a farla montare ben bene..se non fosse che faceva un gran caldo. E allora? e allora, siccome è praticamente matematico che mentre cucini ricevi la telefonata che aspetti da due giorni e che non ti fanno, il telefono ha squillato proprio mentre montavo la panna. Ho incautamente risposto e girato l’angolo…e alla fine della telefonata mi sono ritrovata non la panna montata..ma un bel pò di burro fatto in casa (come spiegava Paoletta). Beh, adatto per la mousse non era… e dato che l’occasione fa l’uomo ladro e la donna pasticcera :)…ho pensato bene di fare una torta con il burro homemade: quello di cocco più quello vaccino! Dovevamo andare a trovare dei nostri cugini che volevano farci vedere la loro nuova casa…e quindi andarci senza una tortina , anche se preparata in fretta e furia, mi sembrava bruttissimo!!!! Loro sono quelli che già si sono goduti un’intera cena con la mia tendina-da-campeggio light box montata sul tavolo della sala da pranzo, per fotografare i vari piatti! Che avranno pensato quando ho preso la torta e ho chiesto al padrone di casa le travi, le foglie di ulivo e i tronchi che stava utilizzando per sistemare il giardino..a puro fine fotografico???? Secondo me non ci invitano più! Ma il legno mi piace troppo..lo confesso! E così approfitto e faccio loro tanti auguri per la nuova bellissima casa (con un giardino pieno di angoli da fotografare..stay tuned!!!)
RICETTA: CROSTATA CON BURRO DI COCCO, PESCHE SATURNINE, LATTE DI COCCO E MARMELLATA DI FRUTTI DI BOSCO
Ingredienti
Per la frolla
40 gr di burro di cocco fatto in casa
160 gr di burro di latte vaccino fatto in casa
200 gr di farina 00
50 gr di farina di cocco
1 uovo
100 gr di zucchero
scorza di limone grattugiata
Per il ripieno
4 pesche saturnine (dette anche tabacchiere) grandi
80 gr di latte di cocco
120 gr di marmellata di frutti di bosco
3 uova
100 gr di farina 00
50 gr di farina di cocco
Procedimento
Prepariamo la frolla nel solito modo e, dopo il riposo in frigo, rivestiamo uno stampo da crostata da 24cm. Diamo una quindicina di minuti di cottura in bianco.
Mescoliamo tutti gli ingredienti, tagliamo a pezzi e le pesche. Sistemiamo i pezzi di pesche sulla base e versiamo nel guscio di frolla ed inforniamo a 180° per ca. 30’ (prova stecchino). Viene una cremina slegata molto morbida e delicata! Lasciamo raffreddare, poi sformiamo e decoriamo a piacere con zucchero a velo (nel mio caso non l’ho messo)
Quel momento arriva, prima o poi, per tutti i genitori e coinvolge, col suo carico emotivo, nonni, zii, cugini e nipoti: il saggio di fine anno. Il saggio di fine anno è una di quelle tappe della vita di un genitore che non si dimentica, un pò come la prima volta che il proprio figlio va a una festa di compleanno di un amichetto e cose simili.
Quest’anno per Albertino non era certo il primo saggio..ma era un saggio speciale, un pò perchè era l’ultimo della scuola materna (pardon, scuola dell’infanzia), il che voleva dire varco di quella grande autostrada che è la scuola materna, un pò perchè il saggio raccoglieva non solo le cose imparate durante l’anno ma tutto ciò che era stato fatto per il 150° dell’Unità d’Italia. In realtà, il tema l’ho scoperto proprio durante il saggio, ma avrei dovuto capirlo da alcuni piccoli indizi dei mesi precedenti. Infatti da qualche tempo, mentre eravamo in macchina (mi accorgo solo ora di quante volta io racconti dei nostri viaggi in auto: difficile prescendire da questo in una città come Roma :) ), Mimì esordiva con canzoni un pò spiazzanti. Di solito lo si sente canticchiare “…Eh già, io sono ancora qua”, “Nella cittàààààà c’è il cuore di un’istrice” per finire con “il meglio deve ancora venireeeee”. Ero rimasta quindi un pò sorpresa nel sentirlo cantare perfettamente :” Funiccolì funiccolàààà jamme jamme jà funiccolì funiccolààà”. L’avevo interpretato come il solito influsso di mia madre (affezionatissima a tutte le canzoni napoletane). Certo è, che mi era parso un pò strano sentirlo intonare “Romagna mia Romagna in fiore, tu sei la stella tu sei l’amore” e il massimo quando a squarcia gola si esibiva in “oi vita, oi vita mia, oi core e chist’ core”. Ma ai miei tentavi di indagare..rispondeva ” è un segreto”.
Poi è arrivato il giorno del saggio e ho capito: la palestra era addobbata con un grandissimo tricolore ed era un tripudio di bandierine e palloncini bianchi, rossi e verdi. Noi genitori e parenti eravamo come al solito emozionati e armati di macchinette fotografiche, telecamere e flash, che neanche negli studi di Cinecittà Due. Dalla musica salterellante si capiva che l’entrata dei bambini era giunta: eccoli lì i piccoli patrioti, equamente divisi con la maglietta verde (i nostri colori), quella bianca e quella rossa. La maestra Lucia, dopo il benvenuto, ci ha spiegato che in questo saggio i bambini avrebbero cantato tante canzoni dedicate al 150° dell’ Unità d’Italia. Al via quindi con l’immancabile Inno d’Italia (tutti in piedi e mano sul cuore), senza scordare “E’ la bandieraa del tricoloreeee è la più bella” (d’altronde noi, come potremmo?) e passare alle altre ma prima le maestre hanno tentato una cosa temeraria: hanno diviso i maschietti da una parte e le femminucce dall’altra. Temeraria perchè a quel punto sono venute fuori tutte le tipologie di bambini canterini: c’era quello che si muoveva come un rapper, qualsiasi fosse la canzone, quello che irrimediabilmente batteva le mani fuori tempo, quello che faceva tutti i movimenti giusti ma sulla canzone sbagliata e quello che, al massimo, faceva su e giù con la testa. Il più divertente era un bimbo con l’aria sperduta che si guardava attorno come a dire “ma io che ci faccio qui?” mentre tutti cantavano. Il problema dei cori alternati maschi-femmine è che, in queste occasioni, viene fuori l’enorme differenza fra mondo maschile e mondo femminile. Non c’è gara: le femmine erano più intonate, più precise, più tutto insomma. In particolare, c’era un gruppetto di 8 bambine fantastiche, una sorta di “congregazione dello zecchino d’oro”: tutte esattamente coordinate non solo con le maestre ma anche fra di loro. Movimenti perfetti, canzoni a memoria, mani dietro la schiena e su e giù della testa che Mariele Ventre ne sarebbe stata fiera. Erano talmente professionali che neanche sorridevano, sia mai avessero perso la concentrazione. I maschietti ci provavano ed erano anche carini…ma appena le femmine entravano in azione si sentivano i vari parenti dire : “eh..con le femmine non c’è niente da fare” (un pò come dire “non ci sono più le mezze stagioni” e “si stava meglio quando si stava peggio”). Il bello era che si adattavano ad ogni stile: a Romagna mia si muovevano a tempo di mazurca, a funiculì funicolà riuscivano a mimare una tarantella e una di loro ha pure preso il tamburello in mano (ritmo alla Tullio De Piscopo). Nei maschietti c’era un miscuglio di stili e durante Romagna Mia ho visto qualcuno muoversi come Eminem..ma giuro che faceva folclore!
Albertino, dico la verità, era un pò svogliato: strano, perchè lui adora cantare. Ma alla fine della giornata si è giustificato con un ” a mà..e non ne potevo più delle canzoni, sempre prove sempre prove e sempre co sta chitarra” ( parlava in romano solo per entrare meglio nel ruolo del patriottico capitolino). Finite le canzoni delle varie regioni d’Italia è giunto il momento della consegna dei diplomi: prima hanno tutti indossato un bellissimo tocco da diplomato, dello stesso colore della maglietta e poi si sono messi in fila per classe, per ricevere il sospirato “pezzo di carta”, viatico per l’ingresso alle elementari! La chiamata della prima appartenente alla congregazione dello zecchino d’oro è stata memorabile: spinta dalle altre, con aria simile all’attrice che riceve un oscar con l’espressione sorpresa di una che “ma proprio io”???” si è avvicinata alla direttrice e si è fatta fotografare senza fare una piega e con un sorriso alla Julia Rogers. Dopo un pò tutte le bimbe avevano ricevuto il diploma, si congrutulavano fra loro ma ecco che… no…orrore, l’ultima, prima di giungere al suo posto, era rovinosamente caduta a terra. L’ho vista quasi cedere al pianto..ma lei, incoraggiata dalle altre, si è ripresa ed è filata al suo posto, tranquillizzata da quella che, si vedeva, era il capo carismatico (la suonatrice di tamburello). I maschietti certe volte non sapevano neanche dove guardare, figurarsi tornare al posto loro…ma in fondo avevano 5 anni ( si sa..i 5 anni femminili corrispondono almeno ai 10 maschili). Non nascondo la commozione nel vedere il Mio albertino in piedi, col carrelino, tenere il suo diploma! Sì, stava diventando grande. Alla fine del saggio, gli ho chiesto cosa volesse (un piccolo premio se lo meritava). Prima ha citato il giocattolo con l’eroe dei cartoni animati del momento e poi mi fa seriamente: ” e poi mi fai un happy hour?”
Io all’età sua non sapevo cosa fosse un “hour”, figuriamoci un “happy“..ma erano altri tempi. E allora…Happy hour sia! Ho pensato ad un happy hour esotico, per festeggiare in maniera un pò moderno-chic!!!!
RICETTA: DRINK DI MELONE, PAPAJA E LATTE DI COCCO CON SCAMPI
Ingredienti
Procedimento
Frullare il melone giallo, la papaja (la qualità “formosa” è eccezionale) e 300 gr di latte di cocco. Scavare il melone giallo e tenerlo da parte. Bollire due minuti gli scampi. Versare il drink nel melone e decorare con gli scampi. Buon Happy hour!!!