Mucche che pascolano vicino alle note rovine romane, una popolana che porta la legna sulle spalle, niente elettricità ma solo la luce delle candele…
No, non sono finita in uno scorcio spazio-temporale di roma antica e nemmeno voi se è per questo. E’ che mi piace andar per mercatini natalizi e girovagare fra bancarelle e paesini, anche se magari non mi compro nulla..ma starei ore a guardare capanne e vetrine natalizie. Cosa c’entra con queste immagini? C’entra, perchè quella non è Roma antica ma il presepe che potete (ancora) trovare nella Cattedrale di San Pietro a Frascati, gioiello dei Castelli romani, dove vado spesso perchè ho la fortuna di abitare non troppo lontano da lì. E’ sempre bello guardare un presepe, e in Italia se ne trovano di tutte le epoche: antico, medievale, rinascimentale, settecentesco.. nei secoli ogni periodo storico ha adattato il presepe e i suoi personaggi al proprio tempo, trasportando la Sacra Famiglia nei propri modi di vivere, nella propria realtà e modi di essere. In questo viaggio attraverso i secoli una cosa rimaneva sempra la stessa: la nascita di Gesù Bambino, il suo essere indifeso ma anche il suo essere luce di speranza. Devo ammettere però che un presepe ambientato nella Roma antica ancora non mi era mai capitato e vale davvero la pena andare a visitarlo. Ne sono rimasta incantata anche perchè è stata una sorpresa! A Frascati c’è (fino al 7 Gennaio) un mercatino natalizio. Impossibile per me resistere quindi, complici qualche ora di tempo libero, siamo andati a visitarlo e mentre guardavano le casette di legno piene di strenne, lo speaker dell’amministrazione ci ha invitato ad andare a visitare il presepe nella Cattedrale…e questo è quello che abbiamo trovato.
E nel mercatino potrete trovare tante cose per riempire le calze della Befana (che credo arriverà di persona insieme a Babbo Natale…parola di speaker!) o tanti oggettini meravigliosamente inutili (Dio solo sa perchè non sono tornata carica di tovaglie che non si stirano e non si macchiano, sciarpe con chiusure gioiello, bouquet di fiori finti, oggetti in legno di tutte le forme e dimensioni, cappelli da elfo e dolciumi di tutti i tipi).
E poi finita l’esplorazione del mercatino, può cominciare quella di Frascati che ogni volta svela piccoli angoli sorprendenti….romani (e non) se siete nei paraggi perchè non approfittate????
Roma è una città incredibile. Sarà che sono di parte, ma ciò che mi colpisce è la presenza di segni artistici di mille epoche e stili diversi. Epoca romana?Città con più segni dell’impero romano nonpotrei trovare. Medioevo? C’è ma si può definire Roma solo una città Medievale? No, perchè mica è solo questo. Il Rinascimento, il Barocco, l”800…potrei continuare…c’è tutto. Secondo me uno dei motivi per cui la chiamano la Città Eterna è che non si finisce mai di scoprirla. Si può andare in giro eternamente appunto e trovare sempre qualcosa di nuovo e purtroppo è vero che proprio i suoi abitanti conoscono poco della loro città. Quando ho letto del contest di Simona, Cib’Arte, il pensiero è stato “se non trovo qualcosa io….”.
Usufruire del servizio postale, in una città come Roma, non è cosa da poco. File interminabili, litigate nonstanti i numeri d’ordine, malumori contro la lentezza del personale e delle persone davanti (d’altronde si sa che quello lento è sempre davanti a noi, è una delle leggi di Murphy più comuni!). Spesso accade che, per tentare di ovviare a tutto questo, vada alla posta del paesino vicino: abitando in estrema periferia, mi posso almeno permettere il lusso di scegliere fra fila in città e fila in paese! In generale, la posta al paese vicino ha un ordine di grandezza di caos nettamente inferiore a quella del mio quartiere e quindi, per spedizioni, raccomandate, bollettini e via dicendo sta diventando la filiale preferita. Siccome però c’è sempre l’eccezione che conferma la regola, quel giorno c’era una bella fila anche lì: dovevo spedire un pacco e avevo a carico La Pasionaria! Una combinazione tremenda, come avrei avuto modo di verificare in seguito! Il tempo passava e sinceramente non sapevo più cosa fare per trattenerla: fortunatamente, ha pensato lei a creare diversivi!
Ha infatti cominciato a parlare di un argomento che ultimamente sta molto a cuore sia a lei che al fratello più grande:
“Mamma, io ho il pisel…” “No!” ho risposto prontamente “sai bene che quella è la parte di Albertino!”
Sono molto fiera di affrontare, con i miei figli, l’educazione sessuale senza eccessivi tabù: cerco di applicare le moderne teorie, per evitare complessi e qualsivolglia turbe o imbarazzi su un fattore naturale e normale, etc. etc.. Da Freud in poi dovremmo pur aver imparato qualcosa (ed è per questo che durante la mia seconda gravidanza Albertino andava in giro a raccontare di “Oguli” e “spermazoi” vari…mai una cicogna e un cavolo hanno varcato le soglie di casa mia..o meglio, il cavolo solo per essere mangiato :) ) Il” piccolo” problema è che come al solito, ai figli tu gli dai un dito e loro si prendono il braccio e pure la gamba! Infatti a questo punto, La pasionaria ha cominciato a spiegare ad alta voce, di quale parti anatomiche fossere dotate lei e il fratello, con precisione quasi scientifica e nessun imbarazzo (tranne quello mio, crescente..). Al che, il pubblico era ormai conquistato. Una signora con aria indulgente ha esordito dicendo “Beata gioventù, sarebbe bello essere così ingenui” e un signore si è addirittura lanciato in una battuta “Eh beh, l’importante è avere le basi fondamentali”, stimolando la comune ilarità, tranne che la mia. Meno male che nel frattempo era giunto il mio turno: dovevo solo spedire il pacco e contavo sulla rapidità. Contavo male, dato che, avendo scaricato dal sito ufficiale delle poste il modulo di invio per posta celere, la gentile impiegata era ovviamente andata in tilt: non sapeva che fare e ha cominciato a rimproverarmi di non aver usato il vecchio modulo a penna. A quel punto era una questione di principio! Non intendevo spedire quel pacco se non col mio modulo e quindi la dipendente ha cominciato a telefonare a tutte le filiali in un intorno di 5 km per farsi spiegare al telefono come fare. Nel frattempo, La Pasionaria continuva a spiegare con dovizia di particolari le differenze anatomiche fra maschi e femmine, tanto che ormai i vari signori mi guardavano con sospetto!. A tutto questo si è aggiunta la sua improvvisa voglia di cantare l’Inno d’Italia (si sa che a casa mia i 150 anni dell’Unità hanno avuto grande rilievo): prima fa una piroetta e poi attacca:
“Frateelli, L’Italia, L’italia s’è dettta, dell’ellmo di cipio s’è INCINTAAA la tettta!”
Ora, io lo so che questo è il suo modo di cantare l’inno e che quelli sono errori non voluti. Certo è che sentire che si è INCINTA la Tetta dopo il discorso di prima, sembrava quantomeno sospetto, ancor più che la manigolda bimba, si è messa a ripetere in continuazione solo questa frase, pur sapendo a memoria tutta la canzone. Io ovviamente stavo litigando con la dipendente ma quando mi sono accorta degli sguardi, ormai di disapprovazione, delle altre persone, ho tagliato corto, ho spedito il pacco e mi sono beccata anche un ” e la prossima volta usi mezzi tradizionali…..”
Personalmente non credo molto nell’ingeniutà dei bimbi piccoli, men che meno in quella dei miei. Appena saliti in macchina, la portarice sana di “ingenuità” scoppia in una risatina e mi fa “hai fatto una figuraccia…”. E lo sapevo che dovevo parlare di cicogne e cavoli…ormai il danno era fatto, quindi mi sono semplicemente diretta, insieme al bagaglio di teoria moderne sul come non creare tabù ai bambini, verso il miglior Norcino della zona: come dire, almeno affoghiamo tutto nel cibo!
Quel norcino lì, una sorta di paese delle meraviglie per appassionati di salumi, maiali & co. vende anche una cosa buonissima: la crema di lardo e guanciale! La vende anche a differenti gusti: basilico, rosmarino, tartufo, olive e chi più ne ha più ne metta. Questa crema, ottima sulle bruschette e sulla pizza bianca, ho deciso di provarla su una semplicissima pasta che facciamo solitamente quando abbiamo fretta. L’ha resa cremosa e saporita! Non dietetica ma adattissima al bel pic nic sul balcone che abbiamo improvvisato al volo, rigorosamente tutto colorato e in plastica! (Questa azienda fa cose molto carine e mi sbizzarrirò un pò con i loro prodotti)
RICETTA: TAGLIATELLE ALL’ABRUZZESE CON CREMA DI LARDO E GUANCIALE AL BASILICO
Ingredienti:
Procedimento
In una padella con i bordi alti, mettere un pò di olio evo e lascia soffriggere la cipolla rossa tagliata sottile. Aggiungere la pancetta e far rosalare per bene (ma senza seccarla). Nel frattempo, cuocere la pasta nell’acqua bollente, scolarla e versarla nella teglia. Aggiungere una bella manciata di pecorino e un cucchiaio di crema di guanciale (se non l’avete potete fare anche senza..è solo un cremoso tocco in più). Aggiungere il basilico fresco (e a chi piace anche la salvia) e rigirare sul fuoco per un minuto o due, fino a far amalgamare tutti gli ingredienti. Servire ben caldo.
P.S.: perchè all’Abruzzese? non lo so, l’abbiamo sempre chiamata così!!!!
Da quando mio marito ed io abbiamo conosciuto queste persone, la nostra vita è cambiata tantissimo. Dopo che qualcuno ci ha mostrato il mondo del buon cibo e del buon vino…nulla è stato più lo stesso. A cominciare dal fatto che mio marito, col tempo, è diventato sommelier e che fa parte del gruppo della Delegazione dell’AIS dei castelli romani, guidata dal bravissimo Fabrizio Gulini, che organizza, fra le altre cose, degustazioni, incontri ed eventi. Il mondo del vino è decisamente pericoloso. Perchè? Perchè una volta entrati, si viene catturati da un fascino irresistibile e irreversibile, da cui difficilmente ci si può staccare. Personalmente sono molto orgogliosa del fatto che mio marito sia sommelier, anche se ammetto che difficilmente lo seguo, dato che non bevo (ebbene sì!). In compenso mi piace moltissimo sentire tutti i profumi e gli odori del vino, quindi non è raro trovarmi a roteare maldestramente il bicchiere cercando di captare quegli straordinari segnali che i sommelier sanno interpretare con tanta maestria. Quando, qualche tempo fa, mio marito mi disse che la Domenica successiva avrebbe avuto un evento a Velletri, ho risposto con il solito, “va bene”, dando per scontato di rimanere a casa, se non che aggiunse, con molta tranquillità, “la giornata sarà dedicata al carciofo alla matticella”.
Non mi è parso vero: avevo sempre sentito parlare del carciofo cotto in questo modo particolare, ma non ne sapevo un granchè! Quando ho capito che c’era la possibilità di assaggiare vari piatti a basi di carciofo e soprattutto, vedere come veniva cotto, nella migliore tradizione degli imbucati ho chiesto di poter partecipare. Ho fatto non bene, benissimo: è stata una giornata splendida, interessante, golosa e ricca di informazioni.
Premetto che questa non è pubblicità nel senso convenzionale del terminale: non è il mio lavoro e non ho la competenza per farlo. Posso però parlarvi delle persone che ho incontrato, delle cose che ho visto e di quello che ho imparato, della passione della gente per un prodotto e della bontà di alcuni piatti. Allora sì, in questo senso faccio pubblicità. Posso raccontarvi che, nelle campagne di Velletri, c’è un posto che non ti aspetti, un’azienda produttrice di vino che si chiama La Luna Del Casale. La proprietaria mi ha spiegato che il nome è dovuto al fatto che si vede una Luna meravigliosa che condiziona ogni fase della loro esistenza. Sono partiti dall’acquisto di un casale diroccato e una piccola vigna e ora hanno una azienda giovane, avviata e una elegante location. Non posso dirvi molto sulla qualità del loro vino perchè non l’ho assaggiato. Ma scommetto sull’amore e sulla cura che ci metteno nel produrlo, dato che hanno dato il nome dei loro figli, Alessandro e Sara, a due dei loro vini..e il terzo vino, Sebastiano, è in arrivo. Con delle premesse così, un’azienda può solo crescere bene. Posso anche raccontarvi della bellissima visita alla vigna fatta con l’enologo (che è anche il proprietario). Ho imparato molte cose, nel giro di poco tempo. Difficile spiegarle tutte..vi consiglio di visitare una vigna! Però posso dirvi, con grandissima soddisfazione, che ho capito il motivo scientifico per cui i sommelier dicono che in un vino sentono l’aroma di lampone, di amarena, piuttosto che di gomma o di pane! Pensavo fosse un codice massonico..e invece c’è la spiegazione! Deve essere bravo l’enologo se poco ci è mancato che mollassi tutto per dedicarmi a coltivare la vite :)
Posso ancora raccontarvi di due persone speciali, Daniela e suo padre, Franco Salvatori. La prima, gentile e disponibile è anche un ottima cioccolataia (” in te vedo una grossa cioccolata” le ha detto una cliente appena l’ha incontrata). A Franco devo dire grazie per la pazienza con cui mi ha raccontato del carciofo alla matticella, della sua storia e per avermi mostrato come si cuoce. Abbiamo parlato per più di un’ora. Nei tempi passati, era usanza piantare una pianta di carciofo (qualità romanesco, ovviamente) alla fine di ogni filare di vite e i contadini, al termine della mattina di lavoro facevano colazione cuocendo i carciofi su una brace fatta dai legni dell’anno precedente, le matticelle appunto. Questo si ripete ogni anno, a Velletri, e spero che la tradizione non vada mai perduta. Il carciofo si condisce semplicemente con olio, aglio e mentuccia e, quando la brace è pronta, si inserisce per 2/3 circa nella brace fumante. Quando il fumo diminuisce in maniera evidente, vuol dire che l’olio del condimento ha bagnato troppo il punto in cui si trovano i carciofi ed è giunto il momento di spostarli: uno a uno e rigorosamente a mani nude. ” Cuocere il carciofo alla matticella è semplice e come tutte le cose semplici è difficile”: così mi ha detto Franco. Dopo un’ora circa il carciofo è pronto. Pensate che sia sufficiente? No, perchè bisogna anche saperlo mangiare. Normalmente va messo su una fetta di pane, dove deve cadere quel pò di olio rimasto. Si tolgono le foglie esterne più dure e bruciate, poi, man mano che si sfoglia, si comincia a mangiare la parte del carciofo vicino all’attaccatura, finchè si giunge a poter mangiare il carciofo totalmente morbido. E’ un sapore difficile da scrivere. Forse perchè si viene anche caricati da un’attesa spasmodica: il profumo del carciofo cotto sulla matticella comincia presto a spandersi e voi siete lì, ipnotizzati a guardarlo cuocere e a chiedervi quando sarà pronto. Vale la pena aspettare. Oltre ad aver assaggiato il mio primo carciofo alla matticella, ho gustato i vari piatti preparati dallo staff, fra cui, udite udite, il gelato al carciofo e mentuccia! Ebbene sì, ci hanno fatto anche il gelato, ed era davvero fresco e buono. In generale il carciofo è considerato inabbinabile, una sorta di croce per tutti i sommelier ma evidentemente qualcosa si può fare.
E quando si ha la fortuna di poter gustare il vino sotto il consiglio di un sommelier, conviene sempre farlo, perchè dietro quei gesti eleganti, il modo particolare di versare il vino, di farlo roteare, di sentire bene i profumi, non c’è la voglia di impressionare ma c’è tutta una cultura e una spiegazione che rende il bere il vino una esperienza per il palato. Mandare giù un bicchiere dietro l’altro non ci rende dei buoni bevitori ma solo delle persone distratte che, forse, maltrattano un pò il gran lavoro che c’è dietro la sua produzione.
Ho conosciuto poi Anita, giovane wedding planner con grande entusiasmo: mi sono innamorata subito dei suoi tulipani! Ditemi voi se non arricchiscono la tavola e la rendono speciale!
Vi confermo che ho trascorso una splendida giornata perchè sono tornata a casa sorridendo..anche se, forse il mio sorriso era in parte dovuto , complici quei ragazzacci dell’AIS, al dolcissimo Pedro Ximenez che mi hanno fatto assaggiare e più di una volta (e vi posso giurare che dentro ci ho sentito un odore intenso di fichi!!!)