Ed eccoci alla prima giornata della settimana dedicata, da noi Compagni di blogger, al re dei dolci napoletani, ovvero il babà. La settimana sarà ricca di sorprese e proposte sorprendenti e divertenti ma non mancheranno ricette tradizionali, racconti delle origini del dolce e delle tradizioni. Io sono molto felice ed orgogliosa di poter ospitare, come vi avevo detto nel precedente post (link al post), una nuova compagna di avventure: Rossana Iodice. Sono certa che la sua esperienza, preparazione e generosità nelle spiegazioni saranno di aiuto a tutti noi, così come lo sono sempre sul forum di gennarino. In bocca al lupo Rossana…e che il divertimento inizi!!!”
Salve, sono Rossana e prima di tutto vorrei ringraziare tutte le amiche di Compagni di Blogger che mi hanno permesso di partecipare a questo progetto, pur non avendo un mio blog, ma soprattutto la mia amica Caris, che mi ha gentilmente ceduto lo spazio qui, nel suo blog. A cominciare da oggi, Compagni di blogger presentera’ un’assortimento di ricette per onorare sua Maesta’ il baba’ ed io mi permetto di aggiungere una breve nota biografica sul re indiscusso della pasticceria partenopea.
Le origini del babà – sebbene circondate da leggende e racconti più o meno attendibili – sono indubbiamente legate ad un sovrano vero e proprio, Stanislao Leszczyński, re di Polonia per ben due volte (dal 1704 al 1709 e successivamente dal 1733 al 1736) e ad un pasticciere alsaziano di nome Nicholas Stohrer.
Di re Stanislao si dice che oltre ad essere un buongustaio, fosse anche un cuoco dilettante. Ed è forse questo che ha dato vita all’ipotesi che fosse stato lo stesso sovrano ad inventare il dolce che oggi conosciamo come “babà”. Tra i sostenitori di questa teoria, il famoso giornalista culinario Grimod de la Reyniere. A dissentire, invece, sono proprio i proprietari della pasticceria Stohrer di Parigi, la più antica della capitale francese, fondata dallo stesso Nicolas Stohrer nel 1730.
Secondo il loro racconto, fu Nicholas, allora apprendista, a bagnare con vino Malaga una specie di brioche secca polacca, che il re aveva portato indietro da un viaggio in Polonia. Successivamente, Stohrer l’avrebbe anche profumata con lo zafferano e arricchita d’uva di Corinto. Pare che il re, in quel periodo, fosse intento alla lettura delle “Mille e una Notte”, che erano da poco state tradotte in francese da Antoine Galland e che abbia quindi deciso di battezzare questa nuova creazione culinaria dagli aromi reminiscenti l’Oriente, con il nome di Ali Babà, in onore del famoso personaggio di quella raccolta letteraria.
Leggende e racconti a parte, “baba” (o babka) non è altro che il nome polacco di un dolce lievitato comune a molti paesi europei: gugelhopf or kugelhopf in Austria, Svizzera e Germania meridionale; bundtkuchen nel resto della Germania e koughlof in Alsazia. Un dolce d’origini antiche, la cui presentazione è resa maestosa dagli stampi alti con le pareti spesso decorate in cui si suole cuocerlo. Preparare dolci lievitati per celebrare gli eventi importanti della vita – e soprattutto per celebrare la Pasqua – appartiene alla tradizione europea. Considerando la diffusione di questo dolce, si può facilmente presumere che il vero merito di re Stanislao sia stato quello di rendere famosa in Francia, con il nome polacco, la versione elaborata nelle cucine della sua residenza.
Al pasticciere del re, invece, va riconosciuto il merito di aver introdotto il “Babà” dapprima alla corte di Francia – quando nel 1725 si trasferì a Versailles al seguito di Maria Leszczyńska, diventata moglie di Luigi XV – e successivamente ai benestanti frequentatori della pasticceria che aprì nel 1830 in Rue Montorgueil, a Parigi. Il babà rimane tutt’ora il vanto di questa pasticceria.
Il gusto principale del babà di quei tempi era caratterizzato dalla presenza nell’impasto dello zafferano e dell’uva di Corinto, nonché dalla bagna di vino liquoroso (Malaga o Madeira, come risulta da alcune pubblicazioni). Non si sa con assoluta certezza quando il rum abbia preso il posto dei vini liquorosi.
A Napoli il babà arriverà parecchi anni più tardi, grazie a Maria Carolina d’Austria, moglie di Ferdinando IV di Borbone, la quale chiamò al suo servizio cuochi francesi facendo sì che la cucina francese divenisse simbolo di eleganza e sinonimo di ricchezza, e quindi promuovendo l’ingresso della figura dei Monzù ( interpretazione dialettale di Monsieur) – ovvero i cuochi francesi d’origine o quelli che avevano imparato da questi ultimi – presso tutte le case nobiliari del regno.
Questo dolce, una volta prerogativa esclusiva di reali e nobili, oggi è patrimonio della pasticceria tradizionale napoletana.
Passando al dunque, eccovi la mia ricetta: minuscoli baba’ al rum incastonati come perle in una morbida e ricca ganache di cioccolato. Per l’abbinamento col vino, Luciano Pignataro dice: “A questo dolce così robusto, in fondo dominato dal cioccolato, proviamo il Moscato di Trani 2008 di Franco Di Filippo, un vino dolce di grande spessore, fresco, complesso, per dare una spinta nel palato a questo dolce.”
Mi raccomando, dopo aver letto la mia ricetta non perdetevi il Baba’ tradizionale ed i preziosi consigli di Teresa
Ingredienti
Procedimento
*Per la ricetta del baba’, ho scelto di utilizzare quella pubblicata da Rimmel sul forum di gennarino