Se c’è una cosa che amo mangiare, sono i biscotti. La pasticceria da tè resta una delle mie preferite (anche quando non ho il tè).
Non lo so, sarà la frolla che si scioglie in bocca, l’eleganza del gusto e della vista, la possibilità di assaggiare più gusti alla volta. Li amo, c’è poco da fare.
Capita anche a voi, dopo aver lavorato duramente tutta la settimana, dopo aver trattenuto il fiato per cinque giorni, di arrivare al weekend e di volersi rilassare facendo almeno una cosa bella in cucina? Sì, lo so, capita anche a me.
La cosa un po’ drammatica è che ormai il sabato e la domenica sono destinati a fare quello che in casa non si fa durante la settimana (questa storia che uno deve andare a lavorare togliendo tempo alla cucina, deve finire). Però il dolce lo faccio lo stesso. Specie se è semplice. Specie se è alla nocciola. Specie se è di Michalak.
Io, quella che ama la Francia, quella che stravede per Parigi, quella che quando vede un qualsiasi pasticcere francese innesta occhi a forma di cuore, quella che ha giurato amore eterno alla pasticceria dei cugini d’oltralpe , ecco, proprio io, non avevo mai assaggiato la tarte tatin. E dire che tutte le mie amiche (specie queste due qui, la Sara e la Pasqualina) continuavo nei loro racconti a favoleggiare di questo dolce. Ma mi era sfuggito anche se, post ne fu testimone, non è che mi sia contenuta, a Parigi.
Una crostata semplice, di quelle da fare senza stare a riflettere troppo, da mangiare la domenica pomeriggio, magari una domenica di autunno, che però sembra estate, ma non importa. In autunno una fetta di crostata e una tazza di tè ci stanno sempre bene.
Natale è lontano: ripetete con me, Natale è lontano. E si vedono i panettoni al supermercato e gli alberi nei negozi.
Ieri ho visto i dolci di Halloween insieme ai torroni. Bé sì, è esagerato. Però mi è venuta voglia di fare, come dire, un dolce natalizio, anzi, il dolce natalizio per eccellenza: il tronchetto. Non proprio quello classico con cioccolato e castagne ma uno alternativo. Lo so, praticamente ieri andavamo in giro in costume, forse vi sembrerà inappropriato ma l’ho fatto lo stesso, anche decorato in rosso, noci caramellate e oro. A Natale non so che farò ma questo ci starebbe tanto bene.
Pensavo all’università. Bel periodo, intenso divertente impegnativo, che forse non ho apprezzato come avrei dovuto. Ora pagherei per tornarci.
Già, ma che farei? Quale facoltà? Ai tempi della scelta, vinse ingegneria su filosofia (che resta il sogno nel cassetto). Però, c’è un però…pensavo alla passione per la pasticceria che ho e a quanta tecnica e studio mi manchi. Allora, che ne sarebbe di me se avessi la possibilità di frequentare una Facoltà della pasticceria? (Sì, lo so che da qualche parte già c’è ma ne voglio una a mio uso e consumo e con i Prof che dico io).
Dopo due ricette salate, avevo bisogno di una pausa dolce. Lo so, sono decisamente incorreggibile ma senza dolci non ci so stare. Poi non è che sia andata su una cosa tanto leggerina: volevo un dolce ricco di cioccolata. E per ricco, voglio dire proprio ricco. Allora mi sono ricordata di una ricetta di Rossana (alla quale ormai dovrei pagare i diritti d’autore, a forza di saccheggiare le sue ricette). Rossana sta in America e qual è uno dei dolci più rappresentativi americani? Quelli che su vari siti, da Martha Stewart in poi, si presentano non in tutte le forme (che quella resta sempre la stessa) ma in tutte le salse?
Prima o poi finirò per provarlo tutto, il Libro di Ottolenghi-Tamini. Ho già postato diverse ricette del loro libro (per esempio qui e qui), Jerusalem; continuo però a sfogliarlo e a trovare cose per le quali il primo pensiero è: accipicchia, devo farla! E il secondo è: nel weekend vado a comprare tutto e provo.
Sono troppo belle, pur con i loro ingredienti non sempre semplici da reperire, pur con la commistione di gusti che per noi non è immediata. Ma poi le mangi e ogni volta ti innamori di più di questo libro splendido.
Girovagavo, al solito, su qualche sito francese di pasticceria. Gira che ti rigira, ad un certo punto mi sono bloccata: era lei. Dovevo averla. Non era difficile, anzi, ma gli ingredienti e la consistenza non potevano che dare luogo ad un dolce che mi avrebbe lasciato in pieno deliquio.
Voi capite: crema di marroni, cioccolato e nocciole. Fatemi morire qui e subito, è stato il mio pensiero.
Domenica a pranzo da mamma, ma pranzo un po’ speciale, causa presenza di suo nipote (mio cugino) con la figlioletta al seguito. Era tanto che non veniva, quindi l’ansia di mia madre, nella preparazione del pranzo, era direttamente proporzionale a quella leggera pressione che le fa mio padre quando ha ospiti, fosse pure un parente, uno di casa insomma.
Presa dalla gioia generale dell’occasione propizia per preparare qualcosa, telefono a mamma e le dico: porto il dolce. Eh, risponde lei, anche io ne faccio uno. papà vuole un pan di spagna con la crema e il cioccolato, un dolce normale insomma.
Un dolce normale.