Da un’idea di Salvatore De Riso, in particolare una foto che ho visto in giro su fb negli scorsi giorni.
Una di quelle cose che ho guardato con velocità ma che si è fatta strada pian piano. E quando sono arrivata al weekend, in cui almeno un dolce dovevo farlo, non c’è stata storia: ha scalato le classifiche e ho scelto lui.
Il mastro gelatiere di Sapri, Enzo Crivella, orgoglio del Cilento, lo conosco fin da bambina e già ne ho raccontato. E a dire il vero si potrebbe parlare all’infinito del suo gelato. Ma non solo di quello. Perché quando ho incontrato Enzo quest’estate, mi ha detto che aveva in mente di fare degli eventi estivi per avvicinare il pubblico al lavoro del pasticciere, perché solo mostrando e raccontando si poteva far comprendere cosa fosse il lavoro artigianale.
Bene, mai come questa volta Enzo ci è riuscito, organizzando una serata speciale con Sabatino Sirica.
Che Sirica, per gli amanti della pasticceria e non solo, sia un punto di riferimento assoluto, non vi è dubbio. Ma io non posso che dire grazie ad Enzo per avermi permesso, con questa sua iniziativa, di conoscere questo eccezionale maestro.
L’ho incontrato più volte e posso garantire che lo spessore della persona si fonde con la bravura professionale. Un vero signore, Sabatino, Sirica, accorto, gentile e entusiasta del suo lavoro. Difficile trovare un entusiasmo così fra molti giovani. E’ l’alfiere della pasticceria tradizionale, quella che ama di più e che valorizza meglio il suo talento. Il re della pastiera napoletana, lo definisce Luciano Pignataro, che quella sera ha gustato un babà con il gelato.
Perché da un pasticcere ed un gelataio, cosa poteva nascere se non l’incontro tra una nuvola di babà e un velluto di gelato?
Enzo Crivella e Sabatino Sirica, sul lungomare di Sapri, in una calda serata estiva, hanno mostrato uno la preparazione in diretta di gelato alla crema e vaniglia, l’altro l’inzuppitura, sempre in diretta, del classico babà napoletano nella bagna al rum, rigorosamente calda sul fornellino, approntato per l’occasione. Se questo non vi sembra sufficiente, c’era anche una confettura di visciole di Cantiano che da allora ha alzato, e di tanto, il livello da attribuire alle visciole buone.
Difficile poter spiegare il silenzio che si è creato quando Sabatino Sirica ha immerso i babà nella bagna e quando, soprattutto, ne ha preso uno con le mani, lo ha strizzato come una spugna e quello è tornato nella sua forma perfetta. E’ scattato l’applauso. C’è bisogno di un esperto del settore che spieghi la morbidezza di quel babà? No, anche una veloce foto rubata durante la preparazione fa intravedere di che stiamo parlando.
Difficile anche poter spiegare l’impazienza del pubblico quando, tagliato a metà il babà, una pallina di gelato appena fatto è stata poggiata sopra da Enzo, completata con un bel cucchiaio di visciole. Una impazienza del tutto giustificata ma altrettanto ripagata da quel magnifico dolce che ne è venuto fuori. L’entusiasmo del pubblico era palpabile e io, ve lo confesso, sono tornata con la voglia di ripeterlo al più presto!
Sabatino Sirica mi ha raccontato della sua felicità nel fare quello che fa. Una cosa che sorprende è la generosità con cui dona i suoi consigli e ricette. Se uno dà una ricetta, dice, deve essere precisa perché se una persona riesce a farla a casa sono il primo a esserne felice.
Tanto è vero che ho la promessa in tasca di andare a vedere come fa la sua famosa crema delle tartellette con le fragoline di bosco. Ha detto che mi aspetta nel suo laboratorio per farmi vedere come la fa. A questo punto, devo solo capire quando capitare dalle parti di San Giorgio a Cremano:).
Pensavo all’università. Bel periodo, intenso divertente impegnativo, che forse non ho apprezzato come avrei dovuto. Ora pagherei per tornarci.
Già, ma che farei? Quale facoltà? Ai tempi della scelta, vinse ingegneria su filosofia (che resta il sogno nel cassetto). Però, c’è un però…pensavo alla passione per la pasticceria che ho e a quanta tecnica e studio mi manchi. Allora, che ne sarebbe di me se avessi la possibilità di frequentare una Facoltà della pasticceria? (Sì, lo so che da qualche parte già c’è ma ne voglio una a mio uso e consumo e con i Prof che dico io).
A San Valentino e dintorni si vedono tante frasi, tanti commenti lanciati e lasciati alla persona amata, specie sui social.
Finisce sempre che:
se c’è un amore, è mio, se ci sono due corpi, c’è un’anima sola, se c’è un dopo, è dopo tanti anni, se ci si ama, è follemente, se c’è un amore, è tutti i giorni e non solo a San Valentino, si ci sono due cuori, c’è una capanna, se c’è una passione, è folle, se ci si ama, è come il primo giorno, se è più di ieri, è meno di domani.
Ed è arrivato. L’ormeggio al porto dell’mtc è stato fatto con maestria ma ha portato lo steso un carico di scombussolamento. Sì, perché il Babà fa questo effetto. Quello di fartelo prima contemplare con rispetto. Quello di farti prima immaginare quanto sarà inzuppato. Quello che ti fa venire voglia di mettere un dito sopra per vedere quanto e come affonda. Quello che poi prendi il babà in mano, non curante del vestito nuovo né tantomeno della probabile goccia di bagna che ci finirà sopra.
Chiedere ad un sommelier qualcosa sul vino rosè è qualcosa da fare con la consapevolezza che si verrà guardati con aria di sufficienza e un pizzico di disapprovazione. Se poi il sommelier è il proprio marito, che sa per certo che una domanda sul vino non è una semplice richiesta di informazione, la probabilità di ricevere una rispostaccia è quasi certezza.
Ed eccoci alla prima giornata della settimana dedicata, da noi Compagni di blogger, al re dei dolci napoletani, ovvero il babà. La settimana sarà ricca di sorprese e proposte sorprendenti e divertenti ma non mancheranno ricette tradizionali, racconti delle origini del dolce e delle tradizioni. Io sono molto felice ed orgogliosa di poter ospitare, come vi avevo detto nel precedente post (link al post), una nuova compagna di avventure: Rossana Iodice. Sono certa che la sua esperienza, preparazione e generosità nelle spiegazioni saranno di aiuto a tutti noi, così come lo sono sempre sul forum di gennarino. In bocca al lupo Rossana…e che il divertimento inizi!!!”
Salve, sono Rossana e prima di tutto vorrei ringraziare tutte le amiche di Compagni di Blogger che mi hanno permesso di partecipare a questo progetto, pur non avendo un mio blog, ma soprattutto la mia amica Caris, che mi ha gentilmente ceduto lo spazio qui, nel suo blog. A cominciare da oggi, Compagni di blogger presentera’ un’assortimento di ricette per onorare sua Maesta’ il baba’ ed io mi permetto di aggiungere una breve nota biografica sul re indiscusso della pasticceria partenopea.
Le origini del babà – sebbene circondate da leggende e racconti più o meno attendibili – sono indubbiamente legate ad un sovrano vero e proprio, Stanislao Leszczyński, re di Polonia per ben due volte (dal 1704 al 1709 e successivamente dal 1733 al 1736) e ad un pasticciere alsaziano di nome Nicholas Stohrer.
Di re Stanislao si dice che oltre ad essere un buongustaio, fosse anche un cuoco dilettante. Ed è forse questo che ha dato vita all’ipotesi che fosse stato lo stesso sovrano ad inventare il dolce che oggi conosciamo come “babà”. Tra i sostenitori di questa teoria, il famoso giornalista culinario Grimod de la Reyniere. A dissentire, invece, sono proprio i proprietari della pasticceria Stohrer di Parigi, la più antica della capitale francese, fondata dallo stesso Nicolas Stohrer nel 1730.
Secondo il loro racconto, fu Nicholas, allora apprendista, a bagnare con vino Malaga una specie di brioche secca polacca, che il re aveva portato indietro da un viaggio in Polonia. Successivamente, Stohrer l’avrebbe anche profumata con lo zafferano e arricchita d’uva di Corinto. Pare che il re, in quel periodo, fosse intento alla lettura delle “Mille e una Notte”, che erano da poco state tradotte in francese da Antoine Galland e che abbia quindi deciso di battezzare questa nuova creazione culinaria dagli aromi reminiscenti l’Oriente, con il nome di Ali Babà, in onore del famoso personaggio di quella raccolta letteraria.
Leggende e racconti a parte, “baba” (o babka) non è altro che il nome polacco di un dolce lievitato comune a molti paesi europei: gugelhopf or kugelhopf in Austria, Svizzera e Germania meridionale; bundtkuchen nel resto della Germania e koughlof in Alsazia. Un dolce d’origini antiche, la cui presentazione è resa maestosa dagli stampi alti con le pareti spesso decorate in cui si suole cuocerlo. Preparare dolci lievitati per celebrare gli eventi importanti della vita – e soprattutto per celebrare la Pasqua – appartiene alla tradizione europea. Considerando la diffusione di questo dolce, si può facilmente presumere che il vero merito di re Stanislao sia stato quello di rendere famosa in Francia, con il nome polacco, la versione elaborata nelle cucine della sua residenza.
Al pasticciere del re, invece, va riconosciuto il merito di aver introdotto il “Babà” dapprima alla corte di Francia – quando nel 1725 si trasferì a Versailles al seguito di Maria Leszczyńska, diventata moglie di Luigi XV – e successivamente ai benestanti frequentatori della pasticceria che aprì nel 1830 in Rue Montorgueil, a Parigi. Il babà rimane tutt’ora il vanto di questa pasticceria.
Il gusto principale del babà di quei tempi era caratterizzato dalla presenza nell’impasto dello zafferano e dell’uva di Corinto, nonché dalla bagna di vino liquoroso (Malaga o Madeira, come risulta da alcune pubblicazioni). Non si sa con assoluta certezza quando il rum abbia preso il posto dei vini liquorosi.
A Napoli il babà arriverà parecchi anni più tardi, grazie a Maria Carolina d’Austria, moglie di Ferdinando IV di Borbone, la quale chiamò al suo servizio cuochi francesi facendo sì che la cucina francese divenisse simbolo di eleganza e sinonimo di ricchezza, e quindi promuovendo l’ingresso della figura dei Monzù ( interpretazione dialettale di Monsieur) – ovvero i cuochi francesi d’origine o quelli che avevano imparato da questi ultimi – presso tutte le case nobiliari del regno.
Questo dolce, una volta prerogativa esclusiva di reali e nobili, oggi è patrimonio della pasticceria tradizionale napoletana.
Passando al dunque, eccovi la mia ricetta: minuscoli baba’ al rum incastonati come perle in una morbida e ricca ganache di cioccolato. Per l’abbinamento col vino, Luciano Pignataro dice: “A questo dolce così robusto, in fondo dominato dal cioccolato, proviamo il Moscato di Trani 2008 di Franco Di Filippo, un vino dolce di grande spessore, fresco, complesso, per dare una spinta nel palato a questo dolce.”
Mi raccomando, dopo aver letto la mia ricetta non perdetevi il Baba’ tradizionale ed i preziosi consigli di Teresa
Ingredienti
Procedimento
*Per la ricetta del baba’, ho scelto di utilizzare quella pubblicata da Rimmel sul forum di gennarino
Una volta qualcuno mi chiese quale fosse la cosa che amavo di più. Io risposi che erano due: il vento e il gelato (e non necessariamente in quest’ordine!). Se c’è una cosa a cui non resisto è una coppa di gelato, morbido, fresco, vellutato! Goloso da morire! Spesso d’estate mangerei solo quello! Non so perché, ma fino ad adesso non lo avevo mai fatto.